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La Parola della Domenica

Solennità dell'Ascensione

(pubblicato il 16-05-2010)
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Solennità dell’Ascensione di N.S.G.C Anno C. 16.5.2010



Atti 1,1-11; Ebrei 9,24-28;10,19-23; Luca 24,46-53.



“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Il racconto dell’ascensione di Gesù al cielo, a quaranta giorni dalla sua resurrezione, che troviamo negli Atti, è lo stesso del III Vangelo, con l’aggiunta dell’apparizione dei due personaggi celesti, che invitano gli apostoli a non attardarsi a guardare il cielo, sottintendendo di affrettarsi a ritornare a Gerusalemme, e lì attendere, come Gesù stesso aveva raccomandato, la discesa dello Spirito Santo, che avrebbe dato loro forza, rendendoli atti ad essere suoi testimoni sino ai confini della terra. Nel testo citato troviamo la parola “cielo” tre volte. Ma nel racconto degli Atti è detto che Gesù, mentre parlava coi suoi, “fu elevato in alto”(v.10). “In alto”, spiegherà Paolo,“al di sopra di ogni principato, potestà, virtù e dominazione e di ogni nome che possa essere nominato non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro” (cfr Efesini 1,20-21). In cielo, quindi, possiamo intendere al di sopra dei cieli, “alla destra di Dio. “Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose” (cfr Efesini 4,8-10).



Non è nel cielo “fisico” che bisogna, dunque, cercare il Signore, augurandosi che si diradino le nubi, ma nell’ “Oltre” di Dio, che è dappertutto, e che è, in modo unico, nel più intimo dell’intimo dell’uomo. In interiorem hominem, direbbe Agostino, perché lì è Dio con tutta la sua verità di Dio-Amore, Dio Trinità. E non solo perché l’uomo, ogni uomo, è immagine vivente di Dio, ma perché Dio vuole dimorare col Figlio per mezzo del suo Spirito in ogni uomo come in un tempio. L’osservanza della sua Parola permette al Risorto di venire a noi e dimorare presso di noi col Padre e con lo Spirito. E l’osservanza della sua Parola abilita ad essere suoi testimoni nella misura in cui noi ci lasciamo da essa abitare e trasformare in lui e renderci totalmente disponibili ad essere, come lui, presso il Padre dappertutto, in modo che, mandati nel mondo, rimaniamo con Cristo presso Dio. Ed ogni parola che autoritativamente pronunciamo nell’annuncio del vangelo della Salvezza non è nostra ma di Cristo e lo Spirito la “ricorda” a noi e ce ne offre una comprensione più piena, perché noi l’annunciamo agli altri, a tutti, nella gioia (cfr I Giovanni, 1, 1-3).



Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo annota nella sua “Storia di un’anima”: “Ho trovato il mio cielo nella Santa Trinità, che mi alberga nel cuore, prigioniera d’amore. Là, contemplando il mio Dio, gli ripeto sicura che voglio amarlo e servirlo sempre, senza scampo. Il mio cielo è di sorridere a questo Dio che adoro quando si nasconde per provare la mia fede: sorridere nell’aspettare che mi riguardi ancora, ecco il cielo che è mio” (cfr Poesia: Il Cielo è mio). Il cielo di Teresa è costituito da questa certezza: sia che lo senta sia che non lo senta nell’intimità del suo cuore, Dio dimora in lei come nel proprio cielo, perché a suo cielo Egli l’ha eletta per sempre, facendosi di lei prigioniero d’amore. Se Dio “scherza” con lei, nascondendosi al suo interiore sguardo, è perché aumenti in lei il desiderio di lui, e di lui sia tutta imprigionata. Al fondo di questo reciproco imprigionamento c’è la fiducia sconfinata, l’abbandono all’amore trinitario di Teresa, che pare voglia gareggiare, pur nella sua piccolezza, audacemente, con la larghezza,l’altezza e la profondità della sconfinata bontà di Dio.



Il Risorto, asceso al cielo e che siede alla destra del Padre al di sopra dei cieli, è lo stesso che mi dice: “Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui, cenerò con lui ed egli con me”(Apocalisse 3,20). Lo stare presso di Dio non solo non gli impedisce di stare presso di noi, anzi è stando con Dio e in Dio che gli permette di stare con noi e in noi. E’ presso Dio, con la sua umanità risorta,, con la realtà del suo corpo, della sua vita offerta per noi, con la sua storia di Figlio di Dio fattosi uomo per noi, un uomo, il figlio di Maria. E’ presso di noi così come è presso Dio, con la sua umanità che è la pienezza della sua divinità. L’Asceso al di sopra dei cieli è presso di noi, in noi, se lo facciamo entrare: nella nostra intimità, nella nostra esistenza di ogni giorno, nella storia umana di ogni uomo, impegnandoci con tutti ad aprire le porte a Cristo, a farci inabitare dal suo Spirito di verità e giustizia, perché la storia degli uomini entri a far parte della sua storia di salvezza e assecondi ogni progetto di Dio che riguarda il nostro presente di figli di Dio e il nostro futuro di eredi del Regno.



mons. Donato Coco