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La Parola della Domenica - III Domenica del Tempo Ordinario

Riflessione sulle letture domenicali a cura di padre Valter Arrigoni, monaco diocesano

(pubblicato il 23-01-2011)
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Lasciamo la figura di san Giovanni il Battista sulla rive del fiume Giordano dove ha battezzato Gesù Cristo nella grandiosa visione della Trinità che ci è stata raccontata dal Vangelo di Matteo. Ritroveremo Giovanni fra qualche domenica e ci verrà raccontata la sua morte, il suo martirio come testimonianza alla verità, alla sequela radicale di Dio senza mezze  misure. Giovanni è l’ultimo dei profeti che attende l’avvento del Messia e l’unico profeta che lo ha indicato presente, che lo ha visto, incontrato, riconosciuto. Abbiamo ripreso domenica scorsa il tempo ordinario. Parola quasi brutta che indica la quotidianità banale e scontata, le cose normali, il tran tran del lavoro senza eventi eccezionali, senza grandi feste. Eppure, è proprio in questo tempo, in questi giorni che si susseguono, che siamo chiamati a diventare santi, ad essere testimoni, apostoli, martiri di Gesù. Il Vangelo di questa domenica, e che ci accompagnerà per questo anno del ciclo festivo A, è quello di Matteo. La sua bellezza e la sua originalità sta nel vedere realizzate in Gesù le attese, le profezie, le domande dell’Antico Testamento. In Gesù l’attesa trova la pace del riposo, del vedere realizzate le aspettative. Le profezie sono confermate dalla fedeltà di YHWH alla sua Parola. Le domande dell’uomo, di ogni uomo trovano la risposta. Gesù è la risposta infinitamente più grande di quella che i profeti e il popolo di Israele si aspettavano. Loro si aspettavano un grande uomo, il Messia, sacerdote, re e profeta, e viene in mezzo a noi Dio stesso nella persona del Figlio. Il Padre ci consegna il Figlio, lo tradisce al suo popolo. Pietro lo ricorda nel suo discorso la mattina di Pentecoste quando dice: ”Dio ha consegnato a voi (in greco “paredoke”, in latino “tradidit”,tradì, cioè consegnò e si ritirò fino alla Pasqua di Risurrezione, non intervenne neppure per salvarlo dalla passione e dalla morte) e voi lo avete tradito perché fosse ucciso”. La risposta di Dio è Dio stesso. La prima lettura tratta dal profeta Isaia ci parla della notte, delle tenebre. L’uomo teme il buio della notte ed attende l’alba. Sempre nel profeta Isaia troviamo la domanda che l’abitante di Gerusalemme pone alla sentinella: “Sentinella, quanto resta della notte?” e la sentinella risponde “viene il mattino e poi anche la notte, se volete domandare domandate, convertitevi, venite”. Siamo in un momento drammatico della storia d’Israele, quando tutto sembrava nelle tenebre, proprio allora si leva la voce del profeta per annunciare l’aurora di un nuovo giorno. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”. Non era accaduto nulla. Gli Assiri continuavano a tiranneggiare sulle terre conquistate, il giogo pesava sulle spalle ed il bastone dell’aguzzino a percuotere, eppure il profeta parla come se la tenebra del male si fosse dissolta. La sua fede nella promessa di YHWH è così certa della fedeltà di Dio che la considera già realizzata. Così è la fede di colui che crede veramente! Isaia parla della Galilea ed è proprio in Galilea che Gesù inizia la sua vita pubblica e la svolge quasi interamente. Galilea viene dalla unione di due parole “Galil” che significa regione, e “aggojim” che significa “delle genti”. Era la regione situata al Nord di Israele, ricca di acque e con un clima mite dove si erano stanziati diversi popoli e dove abitava il procuratore romano (anche Pilato) con la sua guarnigione. Per questa presenza di molti pagani, passavano anche le carovane per la via del mare che collegava l’Asia all’Africa, non era molto apprezzata dagli ebrei osservanti che vedevano nei galilei dei corrotti. In Galilea c’è la cittadina di Cafarnao, altra parola che nasce dall’unione di due termini “kefar” che significa villaggio e Nahum che può essere un nome proprio come quello del profeta, ma che significa anche compassione. Gesù da Nazareth scende a Cafarnao che si trova circa trecento metri sotto il livello del mare. Viene sulle rive del lago di Tiberiade, o di Galilea, o di Genezaret che è il centro commerciale, religioso, politico della regione. A Cafarnao ha sede l’esattore delle tasse, lo stesso Levi che viene chiamato da Gesù, che lascia tutto, lo segue e prende il nome di Matteo, il discepolo, l’evangelista. Di Cafarnao sono anche Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni la cui vocazione viene raccontata proprio oggi. Mi piace pensare che Gesù inizia la sua missione a Cafarnao, il paese della misericordia, della compassione. La luce del Padre risplende nell’Amore del Figlio. “Se voi sapeste cosa significa: misericordia io voglio e non sacrifici”. Anche domenica scorsa il salmo responsoriale ci presentava la frase che secondo la lettera agli ebrei Cristo dice venendo nel mondo: “Per il peccato non hai voluto né sacrificio né offerta”. La lettera ai Corinzi continua anche questa domenica con l’invito all’unità. Il signore del mondo, il diavolo, colui che divide, entra anche nella comunità di coloro che sono santificati da Gesù Cristo (così era detto nel saluto domenica) e la divide, la spacca in fazioni, in partiti che si odiano fra di loro, si fanno la guerra, non si riconoscono un corpo unico. La tentazione della divisione, le tenebre della guerra non sono inevitabili ma dipendono anche dalle nostre scelte. Dio non dà la risposta al problema del male, ma a ciascuno rivolge una domanda concreta e stimolante: le scelte che tu fai accrescono il male o contribuiscono a vincerlo? Sei luce nelle tenebre del mondo o anche tu sei notte e tenebre? Riconosci in Gesù la risposta alle tue domande, il senso della tua vita, la luce dei tuoi giorni?



 



Padre Valter Arrigoni



Monaco diocesano