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La Parola della Domenica - V Domenica Tempo Ordinario

Riflessioni bibliche sulle letture della liturgia domenicale a cura di padre Valter Arrigoni, monaco diocesano

(pubblicato il 06-02-2011)
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Domenica scorsa siamo stati portati con Gesù, il nuovo Mosè, sul monte per ricevere  le nuove tavole della legge che caratterizzano il nuovo popolo di Dio. Le beatitudini sono le caratteristiche di ogni singolo figlio di Dio, discepolo di Gesù Cristo. Nelle beatitudini troviamo il cammino personale della santità, le condizioni per ereditare il regno dei cieli, per avere la terra, per avere Dio stesso. Nelle beatitudini abbiamo imparato quello che Dio vuole da noi, il suo progetto esistenziale. Questa domenica, la quinta del tempo ordinario, ci viene detto quello che il Signore chiede alla sua chiesa. Passiamo cioè dal piano personale al piano comunitario. Si potrebbe sintetizzare provocatoriamente che la domanda che la liturgia di questa domenica ci pone come credenti che ascoltano con rispetto la Parola di Dio: perché esiste la Chiesa, qual è il  suo compito. La prima lettura viene dal profeta Isaia, precisamente dal capitolo 58, cioè da quella parte che viene definita del Tritoisaia, del terzi Isaia. Il libro che ci viene consegnato sotto il nome del profeta Isaia infatti copre una storia di circa duecento anni il che significa che non può essere stato scritto da un solo uomo. Partendo dai contenuti possiamo dividere il libro in tre parti scritte in tre momenti storici successivi. Il primo, quello scritto dal profeta Isaia, alto funzionario alla corte del re Acaz, è scritto durante la caduta del Regno del Nord e l’assedio di Gerusalemme. In questa parte del libro è contenuta la profezia della vergine che concepisce e partorisce un figlio cha sarà chiamato, e lo è veramente Emmanuele cioè Dio con noi. ci viene ridetto che Dio non ci lascia mai soli ma è con noi e non abbianmo nulla da temere. La seconda parte del libro viene dal tempo della deportazione in Babilonia ed ha come contenuto l’annuncio di speranza della liberazione, del ritorno, attraverso il deserto fiorito, del popolo alla terra di Israele. Nel secondo libro si trovano i carmi del servo sofferente, profezia della passione di Cristo, affermazione che YHWH soffre come schiavo vicino al suo popolo, con i suoi fedeli perseguitati ed oppressi. Nella terza parte, quella che questa domenica ci interessa, si parla della delusione di Dio verso il popolo liberato dalla schiavitù e tornato a Gerusalemme. Dopo la condivisione della schiavitù, del tempo della prova in Babilonia si pensava ad una società di uguali, giusta, senza sfruttamento dei ricchi sui poveri. Invece appena riacquistata la libertà, appena ritornati nella città santa ecco che subito ricominciano le ingiustizie, le ruberie dei ricchi a danno dei poveri, la netta separazione fra le classi sociali. Inizia un culto che non è quello che Dio vuole. “Il digiuno che io voglio” sono le parole con le quali inizia questa profezia. Il digiuno significa il culto, la devozione, la fede che YHWH chiede a coloro che credono in lui, al suo popolo allora ed alla sua chiesa oggi, a noi come corpo di Cristo. L’elenco della richieste ricorda quello delle opere di misericordia che anche nel Vangelo di Matteo al capitolo 25 saranno le condizioni del giudizio finale. “Dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo. Togliere in mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito ed il parlare empio, aprire il cuore all’affamato e saziare l’afflitto di cuore”. Se faremo queste cose “brillerà fra le tenebre la tua luce”. Questa conseguenza è ciò che lega strettamente la pagina del Vangelo alla prima lettura. Anche Gesù infatti parla di luce nel mondo, della nostra luce che risplende nel mondo. Nel Vangelo troviamo spesso la contrapposizione fra la notte del mondo, le tenebre, il buio e la luce di Cristo, di colui che crede in lui. Le stesse tappe della vita di Gesù avvengono nella notte: il Natale e la Risurrezione.  Dio conosce perfettamente le tenebre che avvolgono il mondo e che sono presenti nel nostro cuore. Alle nostre risponde personalmente lui stesso con la grazia ed a quelle del mono risponde attraverso la sua Chiesa. Il senso della esistenza della Chiesa ci viene indicato proprio in questa domenica con due affermazioni, con due immagini: sale e luce. Il sale nell’antichità è un bene prezioso. Vale tantissimo. Serve a conservare il cibo, a dargli sapore. Si pensa che purifichi e che sia un potente mezzo contro il maligno. Chiedendoci di essere sale Gesù ci chiede di svolgere queste funzioni inoltre di essere la sapienza del mondo. Se non  svolgiamo questo compito le conseguenze sono terribili: “a niente altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Pensiamo alla luce di questa Parola al rifiuto della Chiesa oggi da parte di alcuni. Forse in alcune situazioni non siamo come comunità presenti come luce e sale? Nella seconda lettura Paolo racconta ai Corinzi la sua situazione esistenziale quando arrivò nella città. Era un fallito! La sua sola sapienza, la sua ricchezza era la Croce di Cristo. Anche noi oggi come comunità ecclesiale siamo ricchi della debolezza di Cristo, della sua croce. Al mondo non possiamo offrire come risposta, come luce, la nostra forza, sapienza, nobiltà ma la croce di Cristo. Le beatitudini sono la ricchezza della Chiesa. Compito delle nostre comunità è  riconoscere le tenebre del mondo e portare lì la luce. Riconoscere l’insipienza del potere e proporre l’alternativa della saggezza, della sapienza, del sapore di Dio.



 



Proposte per la liturgia



 



Atto penitenziale



Signore Gesù tu ci chiedi di vivere la misericordia verso poveri, affamati, stranieri, afflitti, nudi ma il nostro cuore è chiuso nell’egoismo-



Cristo Gesù tu ci chiedi di essere il sale della terra ma noi ci siamo lasciati sedurre dalla vuota inconsistenza della cultura del mondo ed affascinare dalle cose del mondo-



Signore Gesù tu vuoi che siamo la lice del mondo ma noi siamo troppo spesso nelle tenebre della disperazione, della solitudine e non abbiamo il coraggio di essere profeti.



 



Per sottolineare la dimensione comunitaria della Parola di questa domenica si potrebbe riproporre l’atto i fede della veglia pasquale come affermazione della fede comune che ci fonda come chiesa.



 



Preghiera universale



Perche la tua Chiesa sia sale del mondo e luce per coloro che sono nelle tenebre della disperazione e del peccato.



Perché siamo attenti alle situazioni di povertà che ci circondano e diamo le risposte della carità.



Perché in mezzo alla nostra società che ci propone  modelli ed ideali lontani da Dio e dall’uomo abbiamo il coraggio di essere profeti.



 



Offertorio



Portare all’altare anche una luce accesa (lume, cero, candela …) e del sale spiegando il significato dei segni.



 



Padre Valter Arrigoni



Monaco diocesano