OMELIE

Servi senza pretese

Omelia di Mons. Ferretti del 02-10-2016

Ingresso di d. Claudio Manfredi come nuovo parroco dell'Annunciazione del Signore

Nel Vangelo ora ascoltato si parla di fede e di servizio, due volti della identità di coloro che vogliono seguire Gesù. «Signore aumenta la nostra fede…siamo servi inutili»: Signore accresci in noi la fede. È bello che i discepoli non chiedano favori, miracoli e privilegi, ma solo di vivere in relazione con il Signore.
Ad Abacuc, il profeta, che implora Dio trovandosi in una situazione di violenza e oppressione, il Signore risponde che il giusto vivrà per la sua fede. È Gesù che suscita la fede, invita a credere, richiede la fede, perché si realizzi profondamente il nostro legame con Lui.
Mi chiedo, come è possibile vivere senza fidarsi di qualcuno? A maggior ragione, come dirci cristiani senza affidarci, fidare e confidare nell’amore di Cristo?
Sapete…di fede non ne occorre tanta come si pensa, ma basta un granellino, proprio poco, purché sia autentica.
Non è un fatto di quantità ma di qualità. La fede è misurare tutto sulle possibilità di Dio, non sulle nostre. Essa non è mai frutto di un ragionamento, né la conclusione di un dibattito, né una emozione, bensì l’esperienza di un incontro che cambia la vita, un innamoramento che non vacilla neppure davanti ad una morte tragica e improvvisa. 
Credere nella notte del dolore, sperare contro ogni speranza, amare senza vedere: è la follia di un amore nel quale ci abbandoniamo con umile perseveranza.
L’altro tratto del discepolo, espresso dal Vangelo odierno è il servizio. «Quando avrete fatto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che dovevamo fare». Dinanzi al Signore saremo umili servi e non creditori. A Lui dobbiamo tutto. Evitiamo, perciò, di aspettarci ricompense, premi e onori. Nessuno è indispensabile. Dio potrebbe fare a meno di noi. Non si entra al servizio della Chiesa con lo spirito del salariato, del dare per avere. Non ci sono contratti di lavoro, né attività commerciali quando serviamo il Vangelo. Non accampiamo più diritti, anche noi sacerdoti, io vescovo. Saremo servi inutili. «Inutile» è spesso interpretato come di colui che è incapace e non serve a nulla, ma nel Vangelo è sinonimo di gratuità…cioè inutile è chi non si aspetta un utile, un vantaggio.
Se ad ogni battezzato, Gesù chiede fede e servizio disinteressato, quanto più a noi che abbiamo consacrato la vita per il Vangelo e per la Chiesa!
Come Gesù, un parroco è un servo che ricorda bene che la forza che fa germogliare, giorno per giorno, il seme del bene, non è la sua intelligenza o le sue capacità manageriali, ma la Parola che libera e salva.
Cari fedeli, la parrocchia non è la comunità dove ci sono padroni e schiavi, ma dove i fratelli diventano servi dell’unico Signore. Un prete non è più grande di chi lo ha inviato e la sua autorevolezza riposa intimamente nell’umiltà, senza far risalire a sé nulla del suo ministero. Non siate, cari amici, parrocchiani  bambini che servono la comunità per avere il premio o per non essere penalizzati; non siate timorosi ma limpidi e coraggiosi nel portare Gesù nella vostra parrocchia; non badate all’immagine o all’efficienza, ma a quanto amore mettete nelle cose che fate. Fate spazio a chi è – o si sente –  estraneo alla comunità parrocchiale e quindi alla stessa Chiesa. Ci sono migliaia di persone che siamo soliti dire “lontani”, ma che non sono mai del tutto assenti. Forse aspettano un solo contatto, in cui poter esprimere il disagio e la fatica della propria ricerca. Sforziamoci, perciò, di creare relazioni sincere e affidabili.
Con lo stile dell’accoglienza, la parrocchia mostrerà concretamente che la chiamata alla fede è per tutti. Chi incontra la parrocchia deve poter dire di aver incontrato Cristo. Andiamo oltre un certo “successo” sociale che non deve illuderci, od oltre certe forme di esperienza comunitaria in cui si scivola dalla spiritualità al sostegno psicologico, al prete personaggio. Siate comunità senza voglia di autopreservarvi e coltivate l’ascolto di Dio e della sua Parola. Solo i discepoli della Parola sanno far spazio nella loro vita all’accoglienza, al coraggio della ricerca, alla consapevolezza della verità. Solo con la Parola meditata, pregata e vissuta, la parrocchia diventerà missionaria perché lascerà al Signore la direzione del suo cammino. Sognate una parrocchia non solo di giovani, ma giovane capace di essere madre che abbia vita, rispetti la vita, e offra speranza di vita. Una madre che si prende cura dei bambini, che ascolta le persone bisognose e sole, che insegna ai giovani l’aria pulita dell’onestà, la bellezza della cultura e di una esistenza libera dal consumismo; una parrocchia dove il matrimonio sacramentale è una gioia grandissima, non un peso da evitare; dove le famiglie siano attente alle nascite non all’aumento egoistico dei beni e non dimentichino gli anziani, ridotti, ahimè, a oggetti improduttivi di scarto.
Signore, accresci in noi la fede,
siamo servi inutili. In te la nostra pace.