NEWS

La Parola della Domenica - III Domenica di Quaresima

Riflessioni sulle letture proposte dalla liturgia domenicale a cura di padre Valter Arrigoni, monaco diocesano

(pubblicato il 27-03-2011)
Immagine di La Parola della Domenica - III Domenica di Quaresima




Il cammino della Quaresima continua. Nella prima domenica ci siamo fermati nel deserto con Gesù e nel paradiso terrestre con Eva ed abbiamo  subito la tentazione della diffidenza. All’inizio del tempo della conversione è come se ci fossimo guardati allo specchio per capire quale è la nostra malattia, la malattia del’anima, la causa del nostro peccato. Ci siamo riconosciuti nella nostra progenitrice, Eva, che si è lasciata sedurre dal serpente e portare alla diffidenza, alla sfiducia in Dio. ha pensato che Dio fosse geloso della propria divinità ed invidioso della possibile felicità degli uomini. Si staccata da Dio, ha rotto l’armonia con Lui. come conseguenza del peccato originale sono entrati nel mondo dolore e morte. Ma è iniziata nel momento del peccato, della rottura, dell’allontanamento, la storia della salvezza. Dio è sceso nell’Eden per cercare l’uomo- lo ha trovato. Ha incontrato il suo peccato. Seriamente lo ha punito ma teneramente gli ha promesso la salvezza. Nella stesso momento  della separazione c’è il primo vangelo, il primo annuncio della salvezza nella promessa della donna che schiaccerà la testa del serpente, del diavolo. Lo stesso Gesù ha subito la tentazione della diffidenza, della sfiducia in Dio padre. La domanda, il dubbio del diavolo “se tu sei il figlio di Dio” infatti non riguarda lui ma il Padre. E’ come dire “se Dio è veramente tuo padre interverrà nella tua vita. Trasformerà le pietre in pani e non permetterà che ti faccia male cadendo”. A queste tentazioni Gesù risponde affermando la sua fiducia nel Padre, riaffermando la sua totale obbedienza. E’ l’atteggiamento col quale entra nel mondo, secondo la lettera agli Ebrei: “entrando nel mondo Gesù dice “ecco io vengo per fare la tua volontà”. Siamo chiamati a riconoscere di non avere sempre un vera fede in Dio, di non fidarci di Lui, di n on affidarci a Lui. La seconda domenica abbiamo invece trovato il racconto della vera fede di Abramo, “nostro padre nella fede”, il quale è chiamato a lasciare tutto per andare dove la divinità vuole. Lasciare tutto significa perdere ogni sicurezza umana. Deve lasciare la terra che sta per la sua ricchezza, la parentela che sono i suoi affetti e la casa del padre che significa il suo ruolo sociale. “Ed Abram subito partì”. La fede è un abbandono fiducioso nella braccia di Dio”. Anche i discepoli lasciarono tutto: lavoro, famiglia, paese per andare dietro a Gesù. Anche loro “subito lasciarono le reti ed il padre e lo seguirono”. Salirono con lui sulla santa montagna e videro la Trasfigurazione, fu per loro chiaro che l’uomo che avevano seguito era >Dio stesso. Solo se facciamo un serio cammino di conversione arriveremo alla Pasqua del Signore, lo vedremo così come egli è, lasceremo entrare nella nostra vita quotidiana la luce di Dio. Solo se lo seguiamo faremo l’esperienza della gioia cristiana. Nella liturgia quaresimale della Chiesa d’oriente c’è una antifona che dice: “mettiamoci in cammino con la peccatrice, il pubblicano, la prostituta per incontrare il Signore che è venuto a salvarci”. La salvezza viene dall’incontro fra Gesù che mi cerca ed io che sono uscito da me stesso per mendicare. Sono il povero che grida al Signore: “Gesù, figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore”. Solo l’umile riconoscimento della propria miseria, del proprio peccato, apre il cuore di Dio e lo rende disponibile verso di noi. non solo Dio non si scandalizza della nostra fragile peccaminosità come dice un salmo “Egli sa di cosa siamo plasmati, ricorda che siamo polvere”. Dal giorno del peccato originale è iniziata la storia della salvezza non solo dell’umanità in generale ma di ogni persona, di me stesso. Il cardinal Martini in una sua riflessione sul racconto della disobbedienza scrive: “nella parole di Dio “uomo dove sei” ognuno di noi ha il diritto di sentire il proprio nome”. Dio mi cerca. Lo stesso accade nel Vangelo della samaritana. Nella lettura liturgica di domenica purtroppo è saltato il versetto quattro, si comincia subito dopo. Eppure in questo versetto viene data la spiegazione di quello che accade. Troviamo lì la frase “doveva passare dalla Samaria”. Il verbo “doveva” è la chiave del racconto. Un pio israelita, un osservante non solo non “doveva” passare ma doveva fare il giro largo per non entrare in Samaria, non essere contagiato dalla lebbra del peccato dell’idolatra dei samaritani, accusati dagli ebrei di essere politeisti, di avere lasciato il vero ed unico Dio per le divinità (cinque!) dei popoli occupanti dal 721 a.C., sarebbe il significato del numero dei mariti della samaritana: cinque mariti ed il sesto (YHWH) che non è il vero marito, non può essere trattato come una divinità qualunque accanto alle altre. Gesù quindi non doveva passare secondo le regole farisaiche ma “doveva” per compiere la volontà del Padre. La volontà di portare la salvezza anche alla donna samaritana ed attraverso di lei a tutti i peccatori ed a tutti i samaritani. Per incontrarsi con la donna al pozzo di Giacobbe Gesù rompe una serie di regole, commette una serie di peccati, di scandali. Pur di salvarci Dio infrange delle regole. Anzitutto, come abbiamo sottolineato, entra in Samaria. Parla in un luogo pubblico con una  donna, gli stessi discepoli “rimasero stupiti che parlasse con una donna”. E’ grave, per la mentalità ebraica che un rabbi, un maestro, un uomo di Dio si intrattenga in pubblico a parlare con una donna. Per di più è una donna peccatrice. Il fatto stesso che vada al pozzo a prendere l’acqua a mezzogiorno è strano. Nel paesi caldi, dove il sole picchia, si esce dal villaggio per andare al pozzo o di prima mattina o alla sera, quando cioè è più fresco. La donna che incontra Gesù vi si reca a mezzogiorno per non incontrarsi cono nessuno, per non rischiare l’umiliazione la condanna, il maltrattamento. Con questa donna, che Gesù sa perfettamente che è una peccatrice, Gesù tratta di argomenti profondi di fede che sono riservati agli uomini. Gesù, Dio, cerca ogni uomo peccatore, trova ognuno di noi sulle strade della vita ordinaria, quotidiana, ci tratta con dignità, rispetto, vuole solo salvarci. Il brano, che meriterebbe una riflessione ben più lunga e che si approfondissero anche molti altri aspetti, finisce con l’affermazione degli abitanti del villaggio di Sicar che dicono “perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo (i verbi della catechesi e della fede) che questi è veramente il salvatore del mondo”. La donna di Samaria cioè è stata missionaria, testimone, strumento della fede, della salvezza per quegli stessi abitanti del villaggio che prima sfuggiva, che la emarginavano. La grandezza di Dio non è solo nel perdono ma anche nel ridarci la dignità, nell’usarci per il suo piano di salvezza per il mondo.



 



Padre Valter Arrigoni



Monaco diocesano