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La Parola della Domenica - XII Domenica del Tempo Ordinario

Zaccaria 12,10-11.13,1; Galati 3,26-29; Luca 9,18-24.

(pubblicato il 20-06-2010)
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“E voi chi dite che io sia?”. Voi che siete stati scelti per stare con me e per essere inviati da me ad annunciare che il Regno di Dio è vicino e che tutti ne possono far parte come voi ne fate parte, voi, chi dite che io sia? Voi, potete dire che vi sentite parte del Regno di Dio e fino a che punto la consapevolezza della vostra appartenenza al Regno comporti per voi che vi edifichiate come Regno di Dio? La risposta di Pietro: Tu sei il Cristo di Dio”, è una risposta condivisa da tutti voi che avete aderito all’annuncio pasquale di Pietro e a far parte della comunità dei discepoli del Signore? Che significa per voi oggi che Gesù di Nazaret è il Cristo di Dio? Sono domande che oggi dobbiamo sentire come rivolte a noi, come cristiani, cioè “di” Cristo, nella chiesa e con la chiesa, e che esigono una risposta personale. Forse, dopo duemila secoli di fede cristiana, oggi più che agli inizi, noi più di Pietro, possiamo comprendere il senso della sua “ispirata” risposta di fede.



 



L’ascolto “perseverante” della predicazione apostolica, sollecitato e confortato dallo Spirito del Risorto, che, secondo la sua Promessa avrebbe condotto a tutta intera la comprensione e quindi all’adesione della sua verità di Messia-Figlio di Dio, ci permette una risposta di cui possiamo dare ragioni più convinte e più convincenti dei primissimi cristiani e che ci obblighi all’improrogabilità dell’Annuncio. Certo, la fede della Chiesa è la fede di Pietro. Ma è la fede della Chiesa che porta a compimento la fede di Pietro per quel che riguarda la sua predicazione e testimonianza. Le opere “maggiori” di quelle di Cristo da parte di coloro che crederanno nel suo Nome sono anche le opere “maggiori” che la chiesa si attende dai figli rispetto ai padri, di generazione in generazione. La storia cristiana ci dice che  quanto più il singolo cristiano si addentra con passo deciso e fermo nella sequela Christi, tanto è  tutta la chiesa che diventa più di Cristo.



 



Concretamente la sequela Christi comporta il prendere la propria croce ogni giorno e portare a compimento nella propria carne ciò che manca alla passione di Cristo. E quel che manca alla offerta salvifica di Cristo che, morendo, ha dato se stesso per me, è proprio la concreta risposta nell’accogliere nella mia vita la sua vita data per me e da essa farmela tutta afferrare e cristificare. E’ una risposta che diventa più vera quanto più il mio interesse supremo, la mia preoccupazione costante, il mio desiderio unico è che Gesù Cristo, il suo sentire e il suo vivere filiale diventi il mio. E’ una risposta che mi impegna in una lotta continua su un duplice fronte: quello del mio egoismo, così persistente e duro a morire (il nostro io, diceva s. Teresa del Bambino Gesù, muore un quarto d’ora dopo di noi!), così invasivo ed eversivo, da attendare alle aspirazioni dello Spirito in noi e volgerle alle nostre mira carnali; quello del camuffare la mia fede, non dichiararla apertamente, per vergogna, per timore di fastidio ed incomodo che me ne può venire.



 



E devo augurarmi, impegnandomi con tutte le mie forze che si avveri, ché la mia chiesa appaia e sia una comunità di Cristo, che ha posto la propria fiducia in Dio e non nella furbizia umana, nella rivendicazione di privilegi che assicurino l’attuazione di progetti che mirano all’affermazione di sé più che al bene comune e all’onore e alla gloria di Dio. Che non debba esaurirsi nelle sue energie migliori a difendere se stessa in scelte che finiscano per metterla in dissidio con la gente, per questioni la cui soluzione può prevedersi diversa da quella da essa proposta e forse più vantaggiosa per il bene comune e più ragionevole.     



 



Dopo la risposta di Pietro, Gesù ordina ai suoi “severamente di non riferirlo a nessuno”. Essi potranno riferirlo e a loro crederanno quando avranno accettato il suo essere “Cristo di Dio”, quale si rivelerà nella sua morte e nella sua morte di croce. Per Pietro, nella casa del sommo sacerdote, il proclamato Cristo di Dio diventerà “un uomo che non conosco”. Non in base a umani ragionamenti e costruiti sillogismi, ma solo per grazia, per rivelazione dall’Alto, per l’effusione dello Spirito Santo, ìl giorno della Pentecoste, Pietro e gli altri apostoli potranno affermare con forza che non c’è salvezza per l’uomo se non nel nome di nostro Signore Gesù Cristo crocifisso e risorto (cfr Atti 4,12).Nell’obbedienza della fede che, riconoscendo Gesù di Nazaret come “mio Signore e mio Dio”, obbliga a deporre a favore del Crocifisso con la testimonianza di tutta una vita al servizio della riconciliazione e dell’affermazione del diritto di Dio e della sua giustizia.



 



mons. Donato Coco