OMELIE

In memoria di Mario Matrella

Omelia di Mons. Ferretti del 29-01-2017

Volontario del Soccorso alpino morto tragicamente
Le beatitudini sono il cuore del Vangelo. In esse, Gesù ci racconta la sua vita: ha vissuto da povero, mite, pacifico, con occhi tanto liberi da vedere germi di bontà in ogni persona. Beati quelli che sono nel pianto. Dio è dalla parte di chi piange, non dalla parte del dolore. Eppure la morte del nostro carissimo Mario comporta grande rabbia e indescrivibile dolore. Davanti a questa tragedia non ci sono parole di consolazione, capaci di lenire una ferita che non può e non vuole essere rimarginata. E nel silenzio, delicato e rispettoso, ci apriamo alla convinzione che l’amore è più forte della morte, l’alba del sole più forte dell’oscurità della notte. Le nostre lacrime raccontano una storia. Quando piangiamo, infatti, anche se lo facciamo nella più stretta solitudine, ci rivolgiamo a qualcuno. Noi piangiamo perché un altro veda. Nel riflesso delle lacrime c’è il Signore, forza della nostra forza. Il Dio a cui oggi ci affidiamo era con Mario quando ha aiutato i terremotati, quando nella notte di burrasca scrutava e cercava l’alpinista in difficoltà. Come Mario, c’è una moltitudine che nessuno può contare, come le stelle del cielo, che preparano un futuro migliore per tutti. Chi rende il mondo meraviglioso non sarà chi accumula potere e denaro, escludendo, emarginando, scartando, alzando mura e barricate. Nella nostra città, come nell’intero Paese, respira un esercito silenzioso e sconosciuto tesse solidarietà nel lavoro, nelle case, delle istituzioni, dando prezioso e qualificato aiuto, offrendo onestà nelle relazioni interpersonali. Beati i soccorritori e i volontari che in questi mesi hanno dimostrato che il coraggio e la generosità sono più determinanti della distruzione. Sì, perché la volontà di rinascere è superiore alla morte innocente. Il terremoto, la neve, le alluvioni non hanno distrutto e non possono distruggere l’amore di un Dio che opera in noi, al di là della nostra precaria condizione umana. Non lasciamoci rubare la speranza. Su, in piedi, voi che piangete; avanti, in cammino per ricominciare, Dio è con noi, fascia il cuore, apre sentieri. Ma l’avvenire passa anche dalla consapevolezza che il nostro passaggio sulla Terra non è una sorta di turismo, può essere solo un prendersi cura, perché abbia un senso e ci sia gioia nell’alzarsi ogni mattina. Prendersi cura dell’altro, perché gusti ed eserciti la pienezza del suo essere uomo o donna. Voliamo alto per il bene della natura. Restituiamo la dignità agli esclusi e nello stesso tempo curiamo la natura: mi sembra la fiaccola che Mario ci consegna. L’ambiente “nostra casa comune” ci è dato in custodia, ma non è nostro. Occorre dunque un uomo nuovo, che non sia un prodotto o solo un consumatore, ma amministratore responsabile. Un uomo, disegnato dal Vangelo delle beatitudini, che investe quotidianamente in fraternità e relazioni, così che la casa comune (la creazione) sia sempre più famiglia e degna dimora di tutti. Beati quelli che testimoniano la gratitudine e la gratuità; beati coloro che non sono frastornati dal consumismo; beato chi è sobrio senza ansia; beato chi supera l’idea di poter dominare tutto senza alcun limite; beato chi si ferma dinanzi al mistero dell’universo, convinto che una promessa di felicità è certa e già in atto. 
Essere tristi è segno di te, o Signore, un segno che tu ci manchi.
La mancanza di serenità, la pigrizia nel prenderci cura dell’altro è segno della tua assenza.
Dio, guida i nostri passi sulla tua via, perché possiamo un giorno giungere dove Mario ci attende e assieme cantare solo inni di benedizione.