OMELIE

Il cimitero, grembo di umanità

Omelia di Mons. Ferretti del 02-11-2018

Commemorazione dei Fedeli Defunti - Cimitero di Foggia

Carissimi,
nel credo si ricorda che Gesù “morì e fu sepolto”. Rincresce che noi cristiani abbiamo accettato con tanta superficialità, per ragioni di spazio (che manca, si dice) ed economiche (costa meno), la cremazione del corpo e che spesso pratichiamo la dispersione delle ceneri del defunto in fiumi, mari e boschi, come anche la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti.
La Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene la negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi.
Tuttavia, si continua a preferire la sepoltura dei corpi poiché con essa si mostra una maggiore stima verso i defunti (Istruzione Ad resurgendum cum Christo, nn. 4;7).
La Sacra Scrittura ricorda: “il tuo amore, Signore, si estenda ad ogni vivente, ma anche al morto non negare il tuo amore” (Sir 7,33). Il seppellimento e la tomba sono espressione della fede nella risurrezione della carne, dei corpi dei credenti. Accompagnare il morto alla tomba è deporlo laddove ascolterà la voce del Signore che lo richiamerà alla vita eterna (cf. Gv 5,25-29) e lo farà rivivere non come terra ritornata ad essere cenere, ma come corpo animato dalla vita dello Spirito Santo, vita eterna donata da Dio agli uomini, da Lui creati e voluti quali figli.
Sin dall’inizio i cristiani hanno desiderato che i loro defunti fossero oggetto delle preghiere e del ricordo della comunità. Le loro tombe divenivano luoghi di preghiera, memoria e riflessione.
Di fronte all’evento della separazione, vogliamo affermare la forza della comunione vissuta e, sfidando la morte, osiamo sperare che tale comunione sarà ritrovata, perché non può andare perduta.
Come suggerisce un significativo articolo di fratel Enzo Bianchi sull’Osservatore Romano, ciò che dà valore alla vita è l’amore. Se l’amore fosse perduto per sempre, che senso avrebbe la vita? Ecco ciò che ispira l’azione del seppellire i morti. Nel piccolo spazio della tomba c’è una persona che ha vissuto tra noi e quel luogo ce la ricorda e diventa un tramite per continuare a dire ai nostri cari la presenza di un legame che non finisce mai.
Eppure, dopo la morte, sembra quasi infastidire il seppellimento. Forse preferiamo rimuovere e negare la morte, evitando di rivestire il corpo del defunto perché risplenda la sua dignità, in una postura che gli dia onore e lo renda ancora eloquente come in vita.
Purtroppo molte morti oggi sono anonime; i familiari non vogliono più fare il lutto, né affrontare ciò che è necessario per seppellire i loro cari. Tutto è demandato alle imprese di pompe funebri (predisporre camere ardenti e musiche, organizzare riti con parole di parenti e amici, secondo un copione mutuato da film), affinché dispongano ciò che noi non vogliamo fare, privandoci di esperienze che sarebbero utili e fonte di insegnamento, come pure di relazioni sociali.
Così anche i nostri morti non sono più il nostro prossimo e il rapporto con loro è lasciato nelle mani di altri.
La perdita di figli, genitori, amici, di chi si è ammalato non cancellano il valore e l’intensità di ciò che si è costruito insieme nell’amore. Può sparire l’identità personale fisica ma rimane la concretezza del bene condiviso.
Che la morte sia benedetta, continui a parlare alla vita, anche se è così dolorosa. La morte resta una opportunità, una nuova possibilità per annunciare il coraggio della speranza, che dispone ad aiutare gli altri come mai era accaduto prima, nella bellezza dell’essenziale.
In realtà, dal modo di seppellire i morti si misura il livello di umanizzazione di una società e anche la qualità della fede nella risurrezione della carne. È quando così non avviene, ecco le fosse comuni delle stragi, le tombe violate dal fanatismo razzista, i corpi abbandonati…poiché non c’è più umanità.
Carissimi, in questo giorno in cui visitiamo i cimiteri, non dimentichiamo che seppellire i morti porta: a riflettere sul mistero della morte, a misurare il nostro limite umano scegliendo ciò che è essenziale alla vita, a considerare su cosa sono gli altri per noi; a ripensare se il nostro amore dura finché l’altro ci è utile oppure se resta anche quando l’altro non c’è più.
Padre, non cessi mai di risuonare questa invocazione nel nostro cuore e sulle nostre labbra. Sia respiro della nostra vita come di coloro che sono nella morte. Possano essi ascoltare la tua risposta che richiama alla beatitudine del Paradiso: venite a me e prendete il posto che ho preparato per voi sin dall’eternità.