OMELIE

La paternità fiamma della storia

Omelia di Mons. Ferretti del 12-01-2019

Ordinazione diaconale di Raffaele De Meo e Michele De Gregorio 

La paternità fiamma della storia
Carissimi,
da sempre Gesù sapeva che il Padre lo amava. Egli stesso dall’eterno respirava in quella indescrivibile comunione del Padre e del Figlio, nello Spirito Santo. Da sempre lo sapeva e da quando, nella pienezza dei tempi, è diventato uomo tra gli uomini, nulla era cambiato di quell’amore senza limiti, tranne che doveva imparare a riconoscerlo nella propria umanità, nel suo corpo e nel suo cuore di uomo.
Gesù viene da Nazareth e si fa battezzare nel Giordano. È uno che lascia il luogo dove abitava per cominciare un cammino nuovo, mettendosi in fila con i peccatori, con coloro che chiedono perdono.
Il cielo si apre, una Colomba scende su di Lui e una voce si fa sentire: Tu sei il Figlio mio, l’Amato. Una parola che riguarda ciascuno di noi sino alla fine dei giorni. Opportunamente commenta san Massimo di Torino: «La festa del Battesimo, deve chiamarsi anch’essa Natale. Nel giorno che diciamo Natale, Gesù nacque tra gli uomini, oggi è rinato nella manifestazione divina. Nascendo alla maniera degli uomini, viene stretto al seno da Maria; ora, generato secondo il mistero, è avvolto dalla voce del Padre. La Madre accarezza dolcemente il piccolo sul suo grembo, il Padre offre al Figlio un’amorosa testimonianza; la Madre lo presenta ai Magi perché l’adorino, il Padre lo rivela ai popoli perché gli rendano onore» (Discorso sull’Epifania, 100,1,3).
Tu sei il Figlio, l’Amato. Non è l’unico, quel Figlio. È il primo, il prediletto, ma ve ne sono molti altri, c’è l’umanità. In quella voce appare l’umanità dell’uomo, amato per sempre. Lo ripeterà lo stesso Gesù nella preghiera dell’addio: «Tutti sappiano, Padre, che tu li hai amati come hai amato me» (Gv 17,23). Dice Figlio…allora capisco che la fede non è una convenzione, ma l’incontro di un bambino abbracciato dal padre. Lo ricordava la prima lettura: Come il pastore porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri, io, il Signore, vi guiderò.
Il testo di Isaia sottolinea bene che il battesimo – quello di Gesù e il nostro – proietta verso una missione di consolazione per tutto il popolo, affermando che noi esistiamo in quanto figli e la nostra vita appartiene al Signore.
Se con il battesimo siamo del Signore, perché il diaconato? Quale rapporto vige tra la grazia battesimale e l’ordinazione diaconale? Il battesimo è vocazione, chiamata, elezione di Dio; l’ordinazione è la risposta che noi diamo, una condizione che rende la grazia comunicabile ai fratelli. Il battesimo è gratuito e unilaterale, è Dio che ci prende per mano; l’ordinazione è bilaterale, è un sì concordato con il Signore.
Carissimi Michele e Raffaele, in questo momento fate una scelta totalizzante per la vostra vita: l’anima è completamente presa da questo avvenimento decisivo, che riassume un progetto particolare di Dio su di voi. Da oggi non potete contrattare con Dio, ma offrirvi al Signore riconoscendo che Dio ha tutti i diritti e noi abbiamo solo doveri.
Il diaconato non dà diritto ad essere superiori agli altri; il diritto di oscurare la fiducia ricevuta; il diritto di privilegiare la propria famiglia di sangue, venendo meno alla verità che libera; il diritto di pretendere dalla comunità ecclesiale un lavoro; il diritto di privilegiare questo o quel gruppo ecclesiale a discapito della comunione; il diritto di un riscatto sociale; il diritto di esigere il primo posto nelle assemblee liturgiche o l’ultima parola negli organismi collegiali.
Dio è il Signore, noi siamo i suoi servi. Ogni nostra scelta contiene il dono di sé, l’esaltazione della grandezza del Signore, l’impegno a diventare sacrificio gradito a Lui. Appartenere al Signore, come afferma San Paolo VI, vuol dire essere bruciati dalla sua presenza incandescente, inceneriti dal suo splendore, assorbiti dalla totalità del suo essere: anche la nostra pochezza deve riconoscersi nulla perché ogni vita sia culto accetto a Dio.
Cristo Gesù, il cammino quotidiano si presenta spesso tortuoso e incerto. Vieni a inserirti nelle nostre relazioni, a dare entusiasmo alle nostre vite per risvegliare la memoria della nostra figliolanza e lasciare che la paternità divina infiammi la storia.
Facci capire che aderendo alla comunità dei discepoli non dobbiamo inquietarci della tua assenza e che, aderendo alla comunità degli uomini, siamo noi stessi responsabili della tua presenza (Chenu).
Con l’intercessione della Vergine Madre e dei Santi Arcangeli, l’amore unificante sia la vostra misura; l’amore durevole la vostra sfida, l’amore che si dona la vostra missione. Amen.