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Riflessioni sullo stato dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

Intervento dell'Arcivescovo al Convegno di inizio anno pastorale - Seminario diocesano "Sacro Cuore" - Foggia

(pubblicato il 20-10-2023)
Immagine di Riflessioni sullo stato  dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

Pastorale familiare in conversione (2014-2017)



La Chiesa di Foggia-Bovino è un luogo di vita, in cui coesistono generosità pastorale, lavoro paziente e lungimirante. In questo contesto risulta importante l’invito ad una mobilitazione delle famiglie, al risveglio della nuova soggettività familiare in vista di una strategia socialmente costruttiva.



Nel dicembre del 2014, con l’inizio del ministero in Diocesi, indicai tre urgenze propedeutiche ad ogni progetto operativo: la verifica delle strutture visibili di comunione e di corresponsabilità ministeriale; i rapporti di comunione del Vescovo con il presbiterio e con tutte le altre componenti della comunità ecclesiale diocesana; il grave e fondamentale tema della famiglia e dei giovani sul quale incentrare ogni strategia apostolica.



Come dimostra l’esperienza, la famiglia costruisce ogni giorno una rete di rapporti interpersonali ed educa a vivere nella società in un clima di rispetto, giustizia e vero dialogo. Oltre ai valori economici e funzionali ci sono beni umani, culturali, morali e sociali che sono certamente superiori.



La famiglia ha un modo specifico di evangelizzare, fatto non di grandi discorsi o lezioni teoriche, ma di un amore quotidiano, di semplicità, concretezza e testimonianza. Mediante questo metodo la fede penetra come in maniera impercettibile, ma così reale da trasformare la famiglia in cellula generativa di accoglienza e misericordia.



La famiglia resta la via della Chiesa locale, la prima e più importante, unica e irripetibile, dalla quale l’essere umano non può distaccarsi. In effetti, egli viene al mondo normalmente all’interno di una famiglia, per cui si può dire che deve ad essa il fatto stesso di esistere come persona. Quando manca la famiglia, viene a crearsi nella persona che entra nel mondo una preoccupante e dolorosa carenza che potrebbe avvertirsi nel corso della vita.



Il che esige anche l’elaborazione di percorsi che mettano in comunicazione e in reciproco riferimento le diverse fasce di età (dagli adolescenti agli adulti), perché nel passaggio tra un’età e un’altra sia più facile una chiara possibilità di inserimento. Sembra allora improcrastinabile un vero catecumenato dei futuri sposi, che includa tutte le tappe del cammino sacramentale: i tempi della preparazione, della celebrazione e degli anni successivi alle nozze, così da comprendere il matrimonio non come un fatto sociale ma un vero sacramento della fede.



Nella comunità ecclesiale di Foggia-Bovino famiglia, giovani e parrocchia camminano insieme. Infatti la Parrocchia è il luogo nel quale i giovani, dopo aver ricevuto la prima iniziazione cristiana, sperimentano i gradi della loro maturazione in un contesto più vasto e più variegato rispetto alla famiglia, ma verificano i grandi valori che la famiglia ha trasmesso ed anche le lacune che devono contribuire a riempire, facendo da veicolo di scambio tra la famiglia di origine e la grande famiglia parrocchiale ed apprendendo, al tempo stesso, i criteri per la formazione futura di una propria famiglia o per guidare, con il carisma di una consacrazione speciale, una comunità di famiglie.



In questa visione progettuale è necessario e urgente che la cura di una pastorale familiare e giovanile passa anche per la scuola, in cui i messaggi e le proposte culturali si sovrappongono, non sempre riuscendo a fornire ai giovani chiavi di lettura sufficienti per la scelta di un sistema di valori. Ma la scuola non deve essere considerata come un’isola separata dal resto della società ed autonoma rispetto alla famiglia. Insegnanti, alunni, genitori devono farsi promotori di iniziative e proposte intorno ai valori della vita e al futuro della società, utilizzando le risorse e le dinamiche proprie della scuola (lezioni, organi collegiali, attività extrascolastiche, momenti formativi particolari).



Di qui l’appello ad impegnarsi tutti e insieme. Nei Convegni diocesani, particolarmente in quello vissuto nel 2017 (cfr. Atti del Convegno) si è andata consolidando la convinzione che il problema pastorale della famiglia e dei giovani non si risolve con semplici, per quanto necessarie, enunciazioni di principi, né in breve periodo. Aver proiettato il percorso diocesano non solo sul recupero della famiglia e dei giovani come oggetto privilegiato dell'azione pastorale, ma anche di promozione della famiglia e dei giovani come indispensabile soggetto pastorale, è stato segno di saggezza progettuale e grande concretezza.



 



 



Visita Pastorale (2018-2020)



La Visita pastorale è stata un evento di grazia riflesso in qualche modo dell'immagine di quella singolarissima e del tutto meravigliosa visita per mezzo della quale il Vescovo delle anime, Gesù Cristo, ha visitato e redento il suo popolo.



La Chiesa che siamo non può più aspettare! Anno dopo anno, sembra indebolirsi un legame costruttivo e continuativo di giovani e adulti credenti che abbandonano la testimonianza di fede e la propria appartenenza ecclesiale. Siamo, forse, ancora adagiati nelle nostre sacrestie in attesa che le chiese si riempiano, che gli incontri per i giovani suscitino entusiasmo, che la Parola di Dio illumini le scelte degli adulti, che la domenica e la vita sacramentale si ravvivino, che i seminari e i noviziati si popolino, che l’amministrazione della pastorale sia più condivisa e partecipata, che i valori e le relazioni interpersonali non vengano condizionati dal narcisismo, dal potere e dal danaro.



Ripiegati sulle piccole appartenenze e su preoccupazioni di sopravvivenza economica, in affanno per le cose da fare, non ascoltiamo il grido di aiuto delle persone. Il fenomeno dell’individualismo, come isolamento, male di vivere, frammentazione, deve interpellarci in vista di un risveglio della coscienza di essere popolo di Dio.



Al contrario, la fraternità e la comunione evitano chiusure, protagonismi e rivalità. Diamo priorità alla sinodalità, a un cammino comune per proporre come obiettivo fondamentale della nostra fede la via dell’unità, rafforzando la comunicazione e annullando il disinteresse verso iniziative diocesane, zonali o parrocchiali. La comunione è un compito e un dono.



Ma ad essa siamo chiamati. L’aspetto da sottolineare è l’invito a non arrenderci, ma a risvegliare la fiducia nella diffusa volontà a creare comunione. Non possiamo fidarci solo di noi stessi e delle nostre tattiche o aspirazioni. Di qui il risveglio e l’attenzione, in Diocesi, alla ministerialità.



Non bisogna dimenticare che i carismi, che lo Spirito costantemente suscita nella Chiesa, vanno fatti emergere e portati a consapevolezza, attraverso un’adeguata pastorale vocazionale, vanno purificati - se necessario - da eventuali incrostazioni che ne offuscano la luminosità, vanno riconosciuti e aiutati a crescere e ad esprimersi, tenendo conto del bene della comunità.



Da questa coscienza ecclesiale, che dovremo in tutti i modi formare e promuovere, lo Spirito santo potrà avere una maggiore prontezza di corrispondenza alle sue indubbie chiamate e ai suoi doni, per il servizio nella Chiesa a vantaggio della salvezza.



 



Il clero



I sacerdoti diocesani incardinati sono 68, a cui si aggiungono 30 sacerdoti religiosi. In linea generale i presbiteri hanno stima della propria identità sacerdotale. L’ascolto delle confessioni e la direzione spirituale non sempre hanno preminenza nella vita delle parrocchie, eccetto alcune lodevoli situazioni. Il tenore di vita sacerdotale è alquanto dignitoso. Alcuni presbiteri abitano nella “Casa del clero”, altri nelle case canoniche. Di solito accolgono tranquillamente il mandato loro affidato e manifestano disponibilità e desiderio di comunione. Attualmente c’è un sacerdote fidei donum. La distribuzione del clero è determinata dalle esigenze presenti sul territorio. In ogni parrocchia vi è almeno un sacerdote, che assicura il ministero a beneficio dei fedeli.



La formazione spirituale è assicurata da ritiri mensili e dal corso di esercizi spirituali annuali, oltre alle iniziative nei tempi forti e in alcune solennità.



I diaconi permanenti incardinati in Diocesi sono 15, di cui due celibi. Normalmente sono incoraggiati dai sacerdoti e vivono in spirito di collaborazione.



Il numero delle vocazioni sacerdotali non è elevato, ma costante. In questo ultimo quinquennio sono stati ordinati 6 sacerdoti. Alcuni seminaristi provengono da esperienze di “vocazioni adulte”.



Molto vivace l’animazione vocazionale del Seminario minore, dove sono accompagnati 15 adolescenti di scuola media inferiore e superiore.



Certamente il Seminario Minore o comunità vocazionale è un’istituzione che necessita di cambiamenti. Ma sono proprio tempi come questi che permettono allo Spirito di suggerire strade nuove. In un certo senso potremmo dire che abbiamo l’opportunità di essere pionieri di cose inedite. Del resto non possiamo né dobbiamo abdicare al compito di educare i piccoli non solo alla fede, ma anche al discernimento. È per noi un fatto di fede. Crediamo fermamente che solo in Dio e nell’adempimento della sua volontà l’uomo trova pieno compimento. È parte integrante e doverosa dell’educazione alla fede quella di rendere consapevoli i piccoli e i giovani che “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo” (EG 273).



Nel 2019 con decreto arcivescovile, sempre su invito di Papa Francesco alla luce del motu proprio “Vos est lux mundi” del 07/05/2019, è stato costituito in Diocesi l’Ufficio per la Tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, a norma del can. 145 §2 del C.J.C, ufficio affidato ad un referente diocesano. Per il momento visto il delicato argomento, si è ancora nella fase di costituzione di un gruppo da formare per gestire le segnalazioni e i protocolli esecutivi all’interno della Chiesa locale e di possibile intesa con le pubbliche Istituzioni. Dalla costituzione dell’Ufficio ad oggi non si registrano segnalazioni.



 



Il laicato



Il laicato non è una parte della Chiesa, non è da considerarsi come categoria. Lo sforzo maggiore è di riconoscersi tutti come Popolo di Dio in cammino. Può sembrare banale, ma uno dei problemi più delicati della Chiesa, e che compromette la gioia dell’evangelizzazione, deriva dal fatto che gli operatori pastorali (vicini alle cose di Dio e al mondo ecclesiastico) dimenticano di dover essere cristiani credibili in forza del dono del battesimo.



Una delle tentazioni più brutte della nostra Chiesa è dimenticare il battesimo che ci ha resi una sola famiglia. Nessuno è battezzato prete, vescovo o diacono ma tutti siamo Popolo di Dio.



Superiamo, perciò, una visione clericale del laico. Il discorso sul laico non è questione di concessione o delega clericale per fare qualcosa in ambito ecclesiastico.



Pur consapevole che il Signore è presente nella sua storia, che non è abbandonata a se stessa, il laico deve farsi carico delle attese, dei cambiamenti e dei drammatici problemi della città, affrontare senza paure le ingiustizie vicine e lontane, sentirsi interpellati da persone che bussano alla nostra porta, alla porta delle nostre chiese.



I gruppi laicali hanno i loro linguaggi e le loro metodologie, i loro riti e i loro programmi ma possono perdere di vista la centralità della Chiesa locale. Proprio perché molto impegnati, possono non avvertire il bisogno di creare relazioni con altri gruppi o fedeli nella diocesi. L’identificazione forte con il gruppo di appartenenza può far correre il rischio di scambiare il mezzo con il fine, di pensare maggiormente alla riproduzione del proprio movimento piuttosto che alla più ampia missione della Chiesa.



 



 



 



Famiglia, giovani e vocazioni



Nell’incarnare il Vangelo con novità e creatività nelle famiglie e tra i giovani si sono avviati in Diocesi dei laboratori ispirati alle virtù teologali.



Un laboratorio di fede. La meta da raggiungere è l’adesione personale al Signore Gesù, a partire dal Vangelo che ci narra di Gesù e del suo mistero, ma anche da una lettura d’ogni persona e d’ogni situazione, d’ogni fatto e d’ogni progetto, per scorgervi l’amore di Dio che ci interpella. Tutto diventa luogo di ricerca, in cui sia possibile porre le domande più difficili e più vere, forse anche più dolorose e combattute, senza paure; di confronto non solo teorico tra la vita di ogni giorno con i suoi innumerevoli problemi e la rivelazione di Dio-amore; di scoperta e di adesione vitale, anche se graduale, a Cristo, parola comprensibile dell’amore di Dio. È chiaro poi che si deve arrivare all’incontro decisivo con la parola di Dio, da cui nasce l’appello alla fede.



Un laboratorio di speranza, dell’incontro con i testimoni, cioè con famiglie e giovani dalla fede motivata e dalla vita realizzata, pur con i loro limiti e le loro lacune; questo laboratorio introduce alla possibilità di sperare contro ogni speranza (cf. Rm 4,18), alimentando la certezza delle cose che saranno. I testimoni possono mostrare per quante strade Dio ci conduce e come poco a poco fa rifulgere il suo progetto e ci attira a sé, lasciandoci nel cuore la gioia d’aver trovato la nostra strada, quella che consente la nostra umana e cristiana realizzazione.



Un laboratorio di carità, configurabile nel volontariato gratuito. Entrare in contatto, anche solo per fare conoscenza diretta, con le tante situazioni di bisogno che esistono nelle nostre città o nei paesi segnati dal sottosviluppo, dalla miseria, dalle diverse calamità, è una grande opportunità educativa.



Un laboratorio derivato dai precedenti è quello della carità politica, la quale «può essere affrontata con migliore consapevolezza solo quando la fede ha plasmato la coscienza e la vita. Altrimenti si corre il rischio di fare cortocircuiti ideologici che potranno avvalersi della tensione religiosa per legittimare integralismi, fanatismi, fondamentalismi, mitizzazioni “varie”. I grandi temi del dibattito politico inteso nel suo più ampio significato non possono essere né ignorati né elusi nella formazione cristiana dei nostri giovani; e la comunità cristiana è chiamata a collaborare attraverso quel “discernimento comunitario” che offre elementi di giudizio ed esempi di impegno, ma non condizioni né impone soluzioni concrete e immediate.



Un ulteriore laboratorio derivato è quello della carità culturale. Con esso s’intende realizzare un progetto educativo di umanesimo cristiano integrale di affrontare il grande tema della “verità” nei processi educativi, nella ricerca scolastica e scientifica, nel vasto mondo della comunicazione. E il settore ove più opera la manipolazione delle coscienze e si determinano i connotati di quell’opinione pubblica che condiziona i comportamenti collettivi e attutisce libertà e responsabilità. Occorre che le famiglie e i giovani recepiscano il Vangelo come orizzonte di significato per la vita personale e sociale.



A famiglie e giovani servono esempi concreti. Enunciare principi e valori astratti, enfatizzare obiettivi etici da raggiungere serve a poco, se non si propongono esperienze coinvolgenti capaci di creare stili di vita. Gli insegnamenti educativi offerti a parole risultano quasi sempre vani perché mancano mediazioni. Lo stesso messaggio evangelico, per incarnarsi, ha bisogno di espressioni culturali, di rappresentazioni simboliche, e soprattutto di esperienze capaci di renderlo comprensibile e visibile. Di qui il percorso significativo della Caritas diocesana.



 



Caritas



La Caritas gestisce due case di accoglienza, una mensa, un servizio di distribuzione indumenti, un centro di ascolto diocesano, servizi rivolti a persone in situazioni di vita difficili.



Attualmente assiste una vasta tipologia di persone quali senza fissa dimora, disoccupate, malate, indebitate, vittime di violenza domestica o di tratta, papà separati, famiglie con figli disabili o malati psichiatrici o in lutto. Quelle che si affacciano al centro di ascolto ogni settimana, aperto tre volte alla settimana, sono persone molto spesso sole, affaticate da una vita di arranchi o di stenti, a causa della perdita del lavoro o di un contratto inesistente con cui poter affittare una casa,  donne e uomini che soffrono di dipendenze persone che hanno bisogno di un pasto caldo o più semplicemente persone sole che cercano conforto in una telefonata, come avveniva durante il periodo del Covid oppure in una chiacchierata con un operatore volontario del centro di ascolto. Tanti sono anche i profughi e persone con storie di migrazione alle spalle, che cercano accoglienza, protezione ed infine lavoro nel territorio della capitanata, non ultimi i prossimi che saranno ospitati presso le nostre case di accoglienza. Nei servizi della Caritas, come la mensa, è possibile ora incontrare nuove tipologie di poveri, persone pensionate, italiane, che non riescono a mantenersi con la pensione sociale e quindi costrette a rivolgersi all’esterno delle proprie abitazioni per recuperare un pasto completo, persone con disagi emotivi o sofferenze psicologiche, aumentati nella stessa misura in cui è cresciuto il disagio economico al quale spesso sono collegati. C’è anche da osservare però, soprattutto in seguito al Covid, come molte persone invece, hanno persino aumentato il proprio livello di benessere, ampliando così il divario tra ricchi e poveri e alimentando sentimenti di esclusione fra le persone che si sentono lasciate sole nell’affrontare le proprie difficoltà.



Ecco perché, attraverso i servizi offerti e dai progetti realizzati dalla Caritas di Foggia – Bovino, è possibile dare un contributo necessario al miglioramento della società locale in cui viviamo.



Infatti la Caritas Foggia-Bovino non si limita all’assistenzialismo fine a sé stesso, ma indirizza gli aiuti al miglioramento dello stile di vita della famiglia che si rivolge al centro di ascolto, individuando gli aiuti necessari che porteranno la famiglia a una vita più dignitosa e a non avere più bisogno di rivolgersi alla Caritas.



Da gennaio a luglio 2023, grazie ai fondi 8xMille ricevuti dalla CEI e distribuiti dall’Arcidiocesi di Foggia – Bovino, è stato possibile effettuare già 1.418 interventi di aiuto, assistendo dal 2022 ad oggi, oltre 939 famiglie. Gli interventi eseguiti sono stati tra i più svariati, dall’ assistenza abitativa (pagamento affitti di casa, utenze, B&B e alberghi solidali), assistenza alimentare (erogazione pacchi viveri con generi di prima necessità , buoni spesa alimenti, alimenti e prodotti per neonati); erogazione di bombole del gas e stufe a pellet durante l’emergenza freddo, vestiario, prodotti per l’igiene personale; farmaci, erogazione di apparecchi e materiale sanitario (occhiali da vista, busti ortopedici, acquisto stampelle, apparecchi per misurazione della glicemia e pressione, acquisto di apparecchi per aereosol terapia soprattutto durante il periodo Covid-19; pagamento analisi ed esami chimici, cure dentistiche, doposcuola e sostegno scolastico, acquisto materiale didattico, erogazione di tirocini formativi (retribuiti), consulenze burocratiche e legali.



Per il 2023, i progetti realizzati ed attualmente in corso, dalla Caritas di Foggia – Bovino, grazie ai fondi CEI8xMille stanziati da Caritas Italiana, sono:



Il progetto “E’ per te” – 5° anno, nel corso del 2022 ha assistito n.11 beneficiari, di cui 5 donne straniere con figli minori a carico.



Altro progetto realizzato è “Ad Personam”, per il sostegno agli studenti indigenti.  Da gennaio a luglio sono stati sostenuti n.81 beneficiari di cui n.37 minori (fascia di età dai 3 – 17 anni) con difficoltà economiche e famigliari alle spalle. Al momento i ragazzi universitari iscritti ad una facoltà e coadiuvati sono n.9 (fascia di età dai 18 ai 30 anni).



Novità importante di questa edizione è stato un progetto sperimentale per bambini con disturbo dello spettro autistico e difficoltà evolutive, nella bellissima cornice della Cooperativa sociale e Fattoria bio-didattica Emmaus, avvalendosi degli operatori, Psicologo e Coadiutori dei cavalli della Associazione Centauro odv, specializzati negli Interventi Assistiti con gli animali. I beneficiari sono stati n.6 bambini (fascia di età dai 5 agli 8 anni), di cui n.4 stranieri e due italiani, tutti provenienti da famiglie indigenti, selezionati grazie al coinvolgimento di due scuole elementari con un numero elevato di bambini affetti da autismo.



Inoltre, si è sostenuto il progetto dal titolo “Gioco e Imparo”. Il progetto che terminerà il prossimo 28 luglio, prevede la realizzazione di un campo estivo per n.20 beneficiari minori, dagli 8 ai 13 anni, che potranno svolgere da lunedì al venerdì giochi presso il Centro Universitario Sportivo di Foggia (C.U.S.), con animatori e istruttori esperti e laureati.



Nel 2022, sempre per il sostegno allo studio è stato realizzato il progetto “Ndnjienn – resta a Foggia”, (Ndnjienn temine foggiano che significa non te ne andare) finanziato con i fondi erogati da Banca Cassa Centrale in collaborazione con Caritas Italiana, per la durata di 6 mesi di attività; n.20 destinatari da raggiungere con il progetto, di cui n.5 minori tra i 16 e 18 anni; n.15 giovani tra i 18 e 29 anni.



Il progetto “A.PR.I agli Ucraini – fase I” (2022) alla quale la Caritas Diocesana di Foggia – Bovino ha aderito, ha preso avvio intorno alla prima metà di giugno, con l’inizio delle attività ludico – ricreative dei bambini ucraini inseriti nei giochi estivi. I beneficiari, sono stati minori ucraini dai 5 ai 12 anni di età, ospitati presso famiglie foggiane, parrocchia di San Michele Arcangelo, casa di accoglienza “Mons. Farina”.



Il progetto “Apri Ucraina – fase II” (2022), invece, è ripreso dal 1 al 26 Ottobre 2022, data in cui i sette profughi ucraini hanno lasciato la casa di accoglienza Mons. Farina, per entrare a far parte di un progetto S.A.I., con capofila Monteleone di Puglia (FG), a cui però aderivano anche altri comuni della provincia di Foggia (Accadia – Deliceto – Sant’Agata di Puglia). In questi 26 giorni di permanenza, sono comunque continuate le attività di accoglienza ma soprattutto di integrazione. La possibilità dell’accoglienza in un progetto S.A.I. è stata offerta loro perché, oltre ai livelli di assistenza di routine, i profughi avrebbero potuto ricevere anche un pocket money giornaliero e l’inserimento in laboratori formativi e lavorativi per gli adulti. Il trasferimento dei profughi, presso la struttura di accoglienza “La Casina” di Deliceto, è stato accolto con piacere e serenità dagli ospiti ucraini, che sono stati poi trasportati con un pulmino noleggiato dalla Caritas di Foggia – Bovino e da un operatore della Fondazione Fasano – Potenza Onlus.



 



 



Il Cammino Sinodale (2021-2023)



Il primo anno di ascolto ha visto coinvolte le diverse comunità parrocchiali, i gruppi, i movimenti e le associazioni, ma anche alcune realtà quali: la vita religiosa femminile, il consiglio ecumenico delle diverse chiese cristiane presenti sul territorio, gli operatori sanitari del locale Policlinico, i ragazzi nelle scuole tramite il supporto di docenti e degli insegnati di religione, ma anche giovani dell’Università degli Studi di Foggia che hanno scelto di partecipare ai laboratori sinodali.



Il secondo anno è stato caratterizzato dall’attivazione di quattro “cantieri”. Si è scelto di lavorare con i giovani sul linguaggio con cui la Chiesa dovrebbe formulare il suo annuncio; le parrocchie e i diversi settori della pastorale d’ambiente, invece, hanno sviluppato il “cantiere dell’ospitalità e della casa”, impegnandosi a plasmare comunità più accoglienti che esprimano maggiormente la loro identità di “famiglia di famiglie”. Inoltre, in diocesi, è stato scelto di valorizzare in questo anno gli organismi di partecipazione per aiutare a maturare una maggiore corresponsabilità e vivere quel discernimento comunitario teso a far emergere una Chiesa in cui tutti avvertano la responsabilità di diffondere nel mondo la gioia del Vangelo. Infine, a Foggia si è messo in campo a livello cittadino il cantiere della “giustizia e legalità”, che ha coinvolto i cittadini di qualsiasi età ed estrazione sociale.



 



Esperienze della fase narrativa 



L’ascolto di questi due anni e particolarmente l’esperienza scaturita in quest’ultimo anno da “I cantieri di Betania” ha fatto emergere alcune urgenze per la nostra Chiesa locale e il territorio, attorno alle quali si sono avviati percorsi “di piccoli passi” riconosciuti come “luoghi strategici” in cui lo Spirito chiede alla nostra comunità ecclesiale un convinto coinvolgimento. Se ne indicano tre.



Un primo “luogo strategico” individuato e su cui ci si è soffermati particolarmente grazie alla messa in atto del secondo cantiere “dell’ospitalità e della casa” è il bisogno prioritario di una mentalità di ascolto e di condivisione. Solo favorendo una maggiore comunicazione e vicinanza tra parrocchie, gruppi e movimenti, tra preti e laici, tra le diverse realtà ecclesiali è possibile far emergere il volto di Chiesa accogliente e familiare. L’obiettivo, infatti, è di plasmare sempre più la nostra Chiesa locale sul modello familiare, in cui il noi prevale sull’io, in cui si mettono insieme doni e carismi tenendo ben chiaro che nonostante la varietà di ministeri nella Chiesa vi è unità di missione (cfr. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 2). Questa esigenza sta facendo maturare in diocesi passi concreti, alcuni dei quali si stanno già percorrendo, altri sono in programma per il prossimo anno pastorale.



Innanzitutto si è individuata e scelta la struttura della Vicaria come anello di congiunzione tra la diocesi, le unità pastorali e le singole parrocchie. Si vuole, poi, favorire una maggiore intesa programmatica tra le parrocchie viciniori e garantire proposte pastorali unitarie maggiormente qualificate e continuative. Si tratta di avviare una riflessione in vista della maturazione di unità pastorali lì dove le condizioni, le conformazioni del territorio e le urgenze lo impongono. Infine si avverte la necessità di risvegliare e condividere i diversi carismi dei singoli gruppi, movimenti e associazioni perché si mettano a servizio gli uni degli altri e siano maggiormente amalgamati alle iniziative della diocesi, in modo da sconfiggere il virus dell’autoreferenzialità.



Un secondo “luogo strategico” è quello della formazione umana, teologica e spirituale dei presbiteri e dei laici. Una scelta vincente durante quest’anno è stata la valorizzazione degli organismi di partecipazione, come suggerito dal cantiere “dell’ospitalità e della casa”, con il rinnovo dei membri dei consigli pastorali parrocchiali. La compartecipazione nei processi decisionali risulta indispensabile in vista di una adeguata articolazione tra la dimensione consultiva e deliberativa (così come sta emergendo dal Sinodo universale) negli organismi di partecipazione. Si tratta ora di continuare quest’opera di valorizzazione rendendo i consigli pastorali sia parrocchiali che vicariali “cellula sinodale permanente”. Si fa presente, poi, che in questi primo biennio, gli animatori sinodali costituiti nella maggior parte delle parrocchie, hanno facilitato il cammino del sinodo. Queste figure all’interno degli stessi consigli pastorali ispireranno una mentalità di comunione come conseguenza di sensibilità sinodale. Per questo si è avvertita la necessità di prevedere un rilancio della Scuola Diocesana per Operatori Pastorali come centro propulsore di una formazione unitaria sia iniziale che permanente. La Scuola dovrà occuparsi non solo di una rinnovata preparazione di coloro che sono chiamati ad accedere ai ministeri, ma anche di coloro che saranno impegnati negli organismi di partecipazione e in altri servizi ecclesiali, perché tutti siano più consapevoli della loro vocazione battesimale. Infine è emersa la necessità che la pastorale parrocchiale inserisca nel proprio calendario settimanale in maniera più risoluta ed esplicita tempi di formazione spirituale perché, come insegna l’icona biblica di Marta e Maria (cfr. Lc 10,42), un autentico servizio nasce dall’ascolto di Dio e dei fratelli.



Un terzo “luogo strategico” scaturito da quanto emerso in questi due anni e in relazione al “cantiere della strada e del villaggio” è quello dei giovani. La maggior parte delle comunità parrocchiali ha sottolineato quanto sia importante continuare a valorizzare gli oratori come luoghi di prossimità e di aggregazione. Quando sono ben strutturati, infatti, diventano una cerniera insostituibile con il territorio, avviando la disponibilità di nuovi spazi fisici, accanto alle parrocchie, di ascolto e integrazione. Dalla consultazione è emerso come siano davvero pochi, in percentuale, i ragazzi e i giovani che passano per le parrocchie, per questo si sta valorizzando maggiormente la possibilità di entrare in contatto con la frequentazione e la presenza nei loro ambienti di vita quotidiana. Uno di questi, per eccellenza, rimane la scuola. Attraverso la collaborazione degli stessi enti locali si stanno realizzando diversi progetti e preziosi legami di collaborazione che hanno bisogno di essere maggiormente sviluppati e realizzati. In questo ambito si inserisce “il quarto cantiere della giustizia e legalità”, nato anche dall’ascolto delle istituzioni locali, particolarmente la Prefettura territoriale. Questo progetto teso a sviluppare e sensibilizzare maggiormente i giovani in un contesto sociale caratterizzato da una forte attività criminale e dalla mafia è stato portato avanti principalmente sul territorio, insistendo particolarmente sulla collaborazione degli insegnati di religione e dei gruppi, movimenti e associazioni laicali.



Il frutto dell’ascolto di questo “quarto cantiere” è stato raccolto anche in alcune iniziative interregionali (Campania e Sicilia) presentate come “3P x Foggia” e ispirate alla figura del Beato Padre Pino Puglisi. “C’impegniamo”, “Seminatori di legalità”, “Con cuore di padre e madre” sono altre tre dimensioni di un percorso formativo per giovani e adulti scaturite da questo cantiere.



Significativi, a riguardo, sono stati alcuni convegni, proposti dall’Università e dalla CDAL, riguardanti la figura di Rosario Livatino.



 



Camminare insieme



Due aspetti possono dirsi acquisiti in relazione al camminare insieme. Innanzitutto quanto sia importante imparare a discernere cosa lo Spirito chiede alla nostra Chiesa, e a leggere comunitariamente i segni della sua presenza, i reali bisogni delle nostre comunità, del nostro territorio e della nostra gente. Per dirla con le parole di Papa Francesco grazie a questi due anni di cammino si è potuto apprendere che «la realtà è più importante dell’idea» (cfr. Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, 231-233). Forse proprio il mancato riferirsi alla realtà ha fatto sì che venisse ostinatamente portata avanti una pastorale non adeguata alle esigenze del tempo storico, del luogo, della società nella quale era inserita mossi semplicemente dal “si è sempre fatto così” o dalla paura di veder crollate le proprie certezze. Mettersi in ascolto della realtà, cioè delle persone che abitano le nostre comunità, del territorio, dei cambiamenti sociali ha permesso di ossigenarsi con un maggiore realismo, di scoprire che tanti problemi sono comuni a molti, andando al di là dei propri recinti. Questo ha favorito un maggiore avvicinamento alle persone e l’inizio di una conversione pastorale che permetta scelte maggiormente rispondente ai bisogni dell’oggi.



Il secondo aspetto acquisito è connesso con quanto emerso anche dalla consultazione: non basta fare il sinodo, ma è necessario formarsi alla sinodalità, solo così sarà possibile passare dalla pastorale del sinodo, che può apparire come lo straordinario che interrompe la vita quotidiana delle parrocchie, al sinodo come pastorale ordinaria. Si tratta non soltanto di fornire competenze teologiche, spirituali, umane, ma fare in modo che il “camminare insieme” diventi parte essenziale del nostro essere Chiesa, abbattendo le tentazioni dell’individualismo, dell’autoreferenzialità, dell’intimismo che serpeggiano molto spesso tra il clero e i laici. Si è riscontrato perciò quanto sia importante favorire un cambio di mentalità, iniziare a vivere la comunione tra i vari carismi e ministeri ricordando l’appartenenza all’unico corpo ecclesiale, avvertire il bisogno della corresponsabilità, educarsi all’ascolto e al discernimento comunitario imparando tante volte a mettere da parte le proprie idee o i propri progetti per un servizio evangelico suggerito dallo Spirito Santo.



 



 



Sulle sfide del futuro



Che tipo di sfida rappresenta questa situazione per la nostra Chiesa? Essa certamente non deve rimanere in un certo isolamento dalla città, ma abbattere i propri confini e portare aiuto laddove le persone sono fisicamente, mentalmente, socialmente e spiritualmente in difficoltà.



Vorrei cominciare a riflettere sulle nostre parrocchie vuote, come se fossero un segno e una sfida provenienti da Dio. Comprendere il linguaggio di Dio negli eventi del nostro tempo richiede l’arte del discernimento spirituale, che esige un distacco dalle nostre emozioni e dai nostri pregiudizi, oltre che dalle proiezioni delle nostre paure e desideri.



L’attuale rifiuto o lontananza dalle attività della parrocchia e dai servizi religiosi proposti, va considerato come l’opportunità per fermarsi e impegnarsi in una approfondita riflessione davanti a Dio, su come continuare un cammino di riforma, senza rimpiangere un mondo che non esiste più e neanche ad affidarsi solo a riforme strutturali esteriori. Forse questo stato di emergenza è un indicatore del nuovo volto della Chiesa, dove Cristo bussa da dentro e vuole uscire.



Dove possiamo incontrare il Signore risorto? Certamente tra gli indifferenti, persone a cui delle questioni religiose o della risposta tradizionale ad esse non importa nulla. È necessario cercare Cristo tra le persone emarginate all’interno delle nostre parrocchie, fra coloro che non ci seguono. Se vogliamo porci in rapporto con loro, come discepoli di Gesù, bisogna abbandonare parecchie idee, toccando soprattutto quelle ferite del mondo e della Chiesa che il crocifisso ha assunto su di sé.



Dobbiamo abbandonare i nostri obiettivi di proselitismo, valorizzare tanti aspetti nuovi e vecchi per un dialogo fraterno con tutti, nel quale possiamo e dobbiamo imparare gli uni dagli altri. Il Signore bussa da dentro, è uscito ed è presente tra noi e dobbiamo cercarlo e seguirlo, senza paura.



È giunto il tempo per una fraternità universale, per una più audace ricerca di Dio, tutto in tutti.



Diventa, così, opportuno, in un mondo che cambia, prendere il largo con tenacia e coraggio, senza lasciarci afferrare da quella incauta sicurezza espressa dal “si è fatto sempre così”.



Essenziale ripensare il nostro modo di essere presente ed esistere come comunità cristiana sul territorio. Dobbiamo, infatti, prendere consapevolezza in modo lucido che mantenere semplicemente il modello attuale significa condannarci a non essere più una presenza capace di trasmettere la ricchezza inesauribile e coinvolgente del Vangelo alle donne e agli uomini di oggi, tanti dei quali hanno una sete immensa di vita, di senso, di amore e di relazioni calde, in una parola, di Dio.



Accanto alle parrocchie, comunità vive di prossimità, da custodire (mantenere aperta la chiesa, pregare insieme al mattino e alla sera, disporre di un ufficio o di uno sportello in cui raccogliere le esigenze di diverso tipo, conservare qualche proposta catechistica, svolgere un’attività caritativa proporzionata alle forze disponibili e comunque raccogliere le esigenze che ci sono, incontrare gli anziani e prendersi cura dei malati), urge entrare sempre più in sintonia anche con i luoghi di vita dei cristiani e di quelli ai quali vogliamo rivolgerci: penso ai complessi scolastici frequentati dai ragazzi e dai giovani; ai luoghi di lavoro in cui convergono gli adulti; ai centri sanitari e ad altri servizi a cui si fa riferimento nella vita di ogni giorno.



Necessita una verifica delle strutture, legata all’esigenza di rimettere al centro della Diocesi l’annuncio e la missione, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione, più che per l’autopreservazione.



Si tratta di processi che esigono un accompagnamento che implica la corresponsabilità, dei vicari, dei parroci, dei diaconi, di altri ministri e delle comunità.



In particolare, in questo processo di rinnovamento, potrà essere molto feconda la presenza di comunità religiose che aiutino tutti a ricordare e a mostrare l’assoluto di Dio nella vita concreta delle nostre comunità cristiane.



Nella fase narrativa del Sinodo è risuonata costantemente la necessità che la comunità cristiana ponga una particolare attenzione verso la formazione integrale della persona, la formazione alla vita cristiana, la formazione specifica di coloro che svolgono un ministero. La capacità della Diocesi di annunciare il Vangelo è sempre collegata con la cura che essa esercita verso la crescita delle persone nella sequela del Signore. Certamente tutti noi siamo chiamati a crescere come evangelizzatori.



Al tempo stesso adoperiamoci per una migliore formazione, un approfondimento del nostro amore e una più chiara testimonianza del Vangelo. In questo senso, dobbiamo lasciare che gli altri ci evangelizzino costantemente; questo però non significa che dobbiamo rinunciare alla missione evangelizzatrice, ma piuttosto trovare il modo di comunicare Gesù che corrisponda alla situazione in cui ci troviamo.



«Il cuore sa che la vita non è la stessa senza di Lui, dunque quello che hai scoperto, quello che ti aiuta a vivere e che ti dà speranza, quello è ciò che devi comunicare agli altri. La nostra imperfezione non dev’essere una scusa; al contrario, la missione è uno stimolo costante per non adagiarsi nella mediocrità e per continuare a crescere» (Evangelii Gaudium, n. 121).



 



 



Conclusione



Forse ci siamo chiusi in noi stessi e nel nostro mondo parrocchiale perché abbiamo in realtà trascurato o non fatto seriamente i conti con la vita delle persone che ci erano state affidate (quelle del nostro territorio, dei nostri ambienti di vita quotidiana), mentre il Signore sempre si manifesta incarnandosi qui e ora, cioè anche e precisamente in questo tempo così difficile da interpretare, in questo contesto così complesso e apparentemente lontano da Lui.



Ci siamo accontentati, forse, di quello che avevamo: dell’io che non riesce a diventare persona e che crede che il rapporto con gli altri non gli sia necessario; delle nostre programmazioni, cioè dei nostri gruppi, delle nostre piccole appartenenze, che si sono rivelate alla fine autoreferenziali, non aperte alla vita intera. Ci siamo ripiegati su preoccupazioni di ordinaria amministrazione, di sopravvivenza.



Questa situazione fa desiderare un cambiamento. Abbiamo bisogno della chiamata di Dio e della presenza/compagnia del nostro prossimo. Occorre ascoltare senza timore la nostra sete di Dio e il grido che sale dalla nostra gente. Quante situazioni, tra quelle emerse dalle verifiche sinodali, esprimono, in realtà, proprio quel grido. L’invocazione che Dio si mostri e ci tragga fuori dall’impressione che la nostra vita sia inutile, come espropriata dalla frenesia delle cose da fare.



Il Signore ci chiama perché “andiamo e portiamo frutto” (cfr. Gv 15,16). Lo potremo fare soltanto sapendo dove stiamo andando, perché e con Chi.



 



 



 



 



 



Testi di riferimento per il percorso pastorale vissuto



 



Bollettino semestrale dell’Arcidiocesi:



Vita Ecclesiale



 



Lettere pastorali:



Il matrimonio, sacramento per la vita del mondo (2016)



Senza la famiglia non possiamo vivere (2016)



Gesù a casa tua (2016)



La gioia cuore della famiglia (2017)



Sotto lo stesso tetto (2017)



Busso alla porta del tuo cuore (2017)



Famiglia e giovani per la missione (2018)



Giovani, seminatori di legalità (2018)



Sulla santità quotidiana (2018)



Vieni da noi e aiutaci (2018)



Seduti ai suoi piedi (2019)



Non temere, soltanto abbi fede (2019)



Sulla via della croce (2019)



Hai fatto bene a venire (2019-2021)



Cuore a cuore (2020)



 



Lettere, omelie e interventi:



Sulla barca con Gesù (2014-2019)



Dov’è la vostra fede (2020-2022)