OMELIE

Seguimi

Omelia di Mons. Ferretti del 18-04-2023

50° Anniversario di Ordinazione Presbiterale 

Basilica Cattedrale Foggia, 18 aprile 2023

 

Carissimi,

il racconto evangelico di Giovanni è costituito dalle tre domande di Gesù a Pietro, a cui si accompagna nuovamente l’invito a seguire il Maestro.         
Alla terza domanda, l’apostolo reagisce con dolore: Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse «Mi vuoi bene?». Si tratta di un dolore particolare che si avverte quando ci si rende conto di non essere capaci di corrispondere a quell’amore unico e forte da cui ci si sente raggiunti. Un dolore che anche io avverto stasera: “Signore tu mi conosci, sai tutto di me, della mia storia sacerdotale, della mia persona. Io non so amarti come mi chiedi, non ne sono all’altezza, anche se ti adatti al mio limite, alla povertà del mio cuore”.

Questo dialogo di nuova consapevolezza, come una ferita aperta e sanguinante, chiede di non restare imprigionato nella paura delle mie imperfezioni.

In questo pomeriggio di grazia, avverto di ripartire da uno sguardo nuovo e riconciliato. Per essere discepoli, l’unica cosa che conta, l’unico aspetto su cui Gesù chiede di verificarmi è il mio amore per lui. È l’amore per lui che rimette nelle sue mani il desiderio di santità e le possibili fragilità, riconsegnandogli tutto di me. L’essere troppo sicuro della fedeltà o troppo ripiegato sulla debolezza non mi può impedire di rinnovare la decisione di rispondere alla chiamata con l’amore di cui sono capace, solo per grazia e mai per merito. Con gli anni si invecchia e come a Pietro il destino del consacrato sarà segnato da qualcosa di diverso da ciò che ci si aspetterebbe: Quando sarai vecchio un altro ti porterà dove tu non vuoi. Questa sottolineatura biblica indica non semplicemente la condizione di dipendenza dell’anziano, ma l’occasione di una esistenza finalmente e totalmente affidata, di una conclusione della vita capace di rendere lode a Dio.            

A riguardo, mi piace ricordare un piccolo rito, penetrato profondamente nell’anima, durante l’ordinazione sacerdotale. In passato, dopo l’unzione,           le mani venivano legate, una all’altra, come espressione dell’impotenza, della rinuncia al potere. Le mani legate dicono che non mi appartengo più, perché appartengo a Cristo e, in Lui, agli altri. La sequela sacerdotale è disponibilità a un legame definitivo, perché tale è il legame di Gesù con noi. Le mani legate sono in realtà mani aperte, mani tese, che raccontano il sì totale e definitivo a Cristo.          

Con il passare degli anni, il rischio di una certa usura dell’ideale perseguito e dello sforzo fatto per realizzarlo potrebbe portarci a una mediocrità nella santità. A nessuno sfugge la tentazione di un compromesso fra le esigenze soprannaturali dell’amore del Signore e quelle della nostra personalità di uomini adulti. Noi sacerdoti siamo chiamati alla spoliazione interiore, al distacco da noi, per ambire al cuore di Cristo. Ricordiamo che l’impegno di formare altri alla maturazione cristiana non è, perciò stesso, garanzia di crescita personale, tantomeno garanzia di libertà da errori nel proprio cammino di credenti.

Di qui, il rinnovato invito rivoltomi dal Signore si trasforma in comando: Seguimi. Finalmente, dopo cinquant’anni, hai capito che non sei in grado di seguirmi, che l’essere mio discepolo non è frutto dei tuoi sforzi, perché non è mai un’impresa personale ma solamente un dono divino. Se finalmente hai capito che non puoi seguirmi, allora sei pronto per seguirmi. Ancora una volta scocca per me l’ora della sequela, in cui è posta la decisione. Essa è ancora più importante di ciò che mi sono immaginato o anche di ciò che di per sé è assolutamente ragionevole. Le ragioni di Gesù e la sua chiamata vengono prima e dicono a me e a tutti: seguimi come sei capace, seguimi come sei, seguimi consapevole delle tue contraddizioni, perché solo così potrai seguirmi con un sì più consapevole, più sofferto e forse più vero.

E ora mi piace pensare a te Maria; anche la tua debolezza sostenne la tua forza, sapesti accettare di attraversare tante incertezze, facendo aderire il tuo cuore a una fiducia che non si vedeva. Donami di contemplare quella capacità di ringraziare e abbraccia quello che porto a termine e quello che lascerò incompiuto; quello che dipende o non dipende da me.

Mi piace, Maria, sapere che trovasti la volontà di Dio infinitamente superiore a te e che ti sentisti piccola, sola e non all’altezza, come tante volte mi sento io. Anche per questo sperimento che tutto comprendi e continuerai ad accompagnarmi.