COMUNICATI STAMPA
Morire di Speranza
Veglia di preghiera presieduta da mons, Giorgio Ferretti a Borgo Mezzanone
(pubblicato il 03-10-2024)
"Non ti importa che siamo perduti?" Quanta disperazione in queste parole. È la solitudine, la
mancanza di una parola buona, di vicinanza, la sensazione dell’assenza anche di Dio al proprio fianco.
1.745 persone, nel 2024, hanno perso la vita nel Mediterraneo e lungo le vie di terra, cercando
di raggiungere l’Europa alla ricerca di un futuro migliore. In tutto il mondo le stime indicano in
almeno 8.565 persone, quelle morte nei viaggi della speranza nel 2023. È il dato più alto in assoluto
dal 2016. Sono 1.886 quanti hanno perso la vita nel deserto del Sahara, quelli che si sanno, e sulla
rotta marittima verso le Canarie. Scappavano dall’inferno e la vita è diventata un inferno. Essi non
sono una statistica. Erano uomini, donne, avevano un nome, una storia, una famiglia che piange la
loro morte.
Il tentativo di raggiungere l’Europa è il legittimo desiderio di una vita migliore. Perché questo
desiderio umano diviene tragedia? Non è facile trovare una spiegazione logica, se non la si ricerca
purtroppo nel male che gli uomini sanno fare ai loro fratelli.
Morire di speranza è drammatico, ingiusto, inumano. Davvero gli uomini sanno fare molto
male. Le mafie, il caporalato, gli scafisti; dietro a queste definizioni ci sono uomini devoti al male e al
denaro, in nome del quale tutto è possibile.
E poi ci siamo noi: dove eravamo? Distratti, impauriti, presi dai piccoli drammi di un mondo
ricco. Ma la Parola di Dio ci sveglia. Ci richiama al fatto che siamo parte della stessa umanità. Ci
ispira scelte buone e coraggiose. Da questi drammi sono nati i corridoi umanitari: una via legale per
salvare chi vulnerabile sarebbe finito nelle mani dei trafficanti di essere umani. Dal pianto per questi
nostri fratelli in umanità sono nate scelte di salvezza. Ringrazio la Comunità di Sant’Egidio e i fratelli
evangelici per questa via legale e sicura che unisce accoglienza e integrazione.
La Chiesa come una madre ci raduna per fare memoria.
Memoria è dire: “a me importa”; “I care”; “a noi importa!” Questa sera siamo convenuti qui
per piangere e pregare per uomini e donne gettati come scarto.
La Chiesa non dimentica, fa memoria e piange per i figli dell’umanità che non sono più. La
Chiesa, proprio perché è madre, ha diritto di piangere e ammonire.
La Chiesa è una madre che accoglie, e per questo è libera di dire che l’inaccoglienza è
connivenza col male.
La Chiesa, come scrive papa Francesco nella “Fratelli tutti”, ha il dovere di ricordare che "una
parte della umanità vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata, calpestata, i suoi diritti
fondamentali ignorati o violati."
"Non t'importa che siamo perduti?". Noi vogliamo rispondere a quella domanda. Come il
maestro Gesù, anche noi importa e molto. Ci importa degli immigrati, degli sfruttati, dei profughi, dei
deboli. Ci importa delle tante vittime di una società ingiusta: per questo siamo qui! Ringrazio le
istituzioni presenti; coloro che combattono la criminalità organizzata e il caporalato; coloro che
organizzano corridoi umanitari e coloro che accolgono i profughi, i bambini. A noi tutti importa e
molto che nessuno vada perduto.
Le nostre Caritas e la Comunità di Sant’Egidio, qui presenti, sono la punta più bella di un
movimento di vita, di fraternità. I tanti uomini e donne di buona volontà che accolgono, sono una
parte bella della nostra Europa.
E finalmente: Dio dov’è quando siamo perduti? Gli importa? Scrive Elie Wiesel (La Notte) di
fronte ad un condannato a morte nel campo di sterminio: “Dio è lì su quel patibolo”. Sì, Dio soffre
con chi è rigettato, è al fianco dei disperati e dei soli. Dio è porto sicuro per i naufraghi, è famiglia per
chi è lontano da casa, è padre per gli orfani: tutti!
È lui che dice alla tempesta: “Taci, calmati!”. A lui ci rivolgiamo questa sera, perché cessi
tutto questo male e ci sia nella nostra terra accoglienza, fraternità e pace.
A lui affidiamo i nomi dei fratelli e delle sorelle morti nel tentativo di vivere umanamente,
con dignità. Che è il suo amore accolga tutti nella sua