OMELIE

Domenica delle Palme

Omelia di Mons. Ferretti del 24-03-2024

Omelia di S. Ecc. Mons. Giorgio Ferretti  in occasione della Domenica delle Palme

Cattedrale di Foggia, 24 marzo 2024

 

Con questa domenica si apre la Settimana Santa. È questo un tempo unico nell’anno, il tempo della salvezza. Gli anni della nostra vita si contano partendo dalla Pasqua, mistero di amore e di vita. In questi giorni, infatti, Gesù ci mostra fino a che punto ci ama.

Sapeva ormai di essere minacciato di morte. I discepoli gli avevano sconsigliato di andare a Gerusalemme, perché lì lo avrebbero preso e poi ucciso. Gesù poteva fuggire, poteva restare in Galilea.

Ma Gesù era venuto per salvare il suo popolo non sé stesso. Va quindi a Gerusalemme anche se questo gli sarebbe costato la vita. Ed entra nella città santa come mai aveva fatto prima. Si fece portare un puledro ed entrò come un re, come il vero pastore del suo popolo. La gente lo intuì e gli fece una grande festa. È quello che anche noi abbiamo fatto.

Gesù entra da re, ma il suo volto non è quello di un uomo potente che incute terrore o di un uomo forte che suscita timore; non è un potente di questo mondo, che spaventa, si fa temere, e premia con denaro o favori chi si prostra servilmente di fronte a lui. Non ha armi Gesù, non ha una organizzazione armata che lo sostiene.

Quello del Signore Gesù è invece il volto di un uomo mite ed umile di cuore. È il volto di uno che non è venuto per salvare sé stesso o per imporsi sugli altri, ma per aiutare chiunque si trova nel bisogno.

Gesù entra anche oggi dentro le nostre città, dentro questa nostra città. E vi entra perché anche noi abbiamo bisogno di essere liberati dal male. Il male continua a percorrere le nostre strade, ma anche il cuore di ciascuno di noi. Ciascuno di noi ne fa l’esperienza.

E il dolore si abbatte soprattutto sui più deboli. Lo sappiamo, lo vediamo, nell’incontro con i poveri abbandonati, nel giudizio che tutti hanno verso chi vive per strada, o in una baracca. Nel disprezzo e nello sfruttamento degli immigrati.

C’è tanta sofferenza e tanto dolore anche qui, e noi lo sappiamo bene. Ma se allarghiamo il nostro sguardo, vediamo quanto sia grande il dolore in questo mondo. Pensiamo alle vittime in Ucraina, in Terra Santa, ai rapiti, alle vittime delle stragi terroristiche.

Ebbene Gesù è entrato nuovamente in mezzo a noi perché vuole liberarci dal male, vuole aiutarci a combatterlo e a vincerlo. Egli solo, infatti, può darci la forza di uscire dalla violenza che schiaccia la vita degli uomini. Egli solo può aiutare il mondo a vivere meglio. Può dare la Pace.

In questa Liturgia abbiamo letto due Vangeli, il primo quello dell’ingresso a Gerusalemme e il secondo quello della Passione.

Passano pochi giorni da quell’entrata trionfale e quel volto mite e umile ci appare crocifisso, vinto. È il paradosso di questa domenica delle Palme che ci fa vivere assieme il trionfo di Gesù e la sua passione e morte. Prima l’Osanna e subito dopo il Crucifige.

Care sorelle e cari fratelli, come possiamo vedere, è facile passare dall’accoglienza di Gesù alla sua condanna. Basta poco per tradirlo. Lo tradirono tutti, i discepoli e la folla. E lo tradiamo anche noi, quando pensiamo solo a noi stessi, quando non viviamo i suoi sentimenti, la sua pace.

Ma se è facile per noi tradire Gesù, lui non ci tradisce. Continua a restare l’uomo mite e misericordioso che si carica la croce sulle spalle: è la nostra croce, non la sua. E la porta sino sul Golgota, sino a morire. E quella croce che ai più sembra una sconfitta, in verità è la vittoria del bene sul male, o meglio dell’amore per gli altri sull’amore per sé. È l’amore che Signore ha vissuto e che ci dona oggi. È l’amore, unica fonte di vera felicità.

Si, in questa settimana siamo chiamati ad accogliere almeno qualche goccia di questo amore di Gesù. È l’unica forza che cambia il nostro cuore e la vita degli uomini.

Questa Settimana Santa è come un lievito di amore che vogliamo immettere nella vita di questa nostra città, nella vita del mondo, nel cuore di ciascuno di noi. Nei giorni che verranno, vogliamo stargli vicino, non abbandoniamolo come fecero quei tre amici nell’orto degli ulivi.

Non addormentiamoci nei nostri affari. Il ramo di ulivo benedetto è il primo dono che Gesù ci fa in questa settimana. Portiamolo a casa: ci ricorda di accogliere con gioia Gesù anche a casa nostra e nei nostri cuori.

Gesù è la nostra pace, la pace nelle nostre case, la pace delle nostre famiglie, la pace nella nostra città. Questa settimana per ciascuno di noi deve essere diversa dalle altre: fermiamoci, accompagniamo il Signore. Lui ci vuole vicini la sera del Giovedì Santo per la Santa Cena, ci vuole sotto la croce il venerdì e ci aspetta la notte di Pasqua nella sua Resurrezione.

Lasciamoci invitare e accompagnare in questo dall’amorevole amicizia della Chiesa e dalla liturgia, lasciamoci toccare il cuore dalla storia di Gesù. Fermiamoci ed accompagniamo il Signore lungo questa settimana santa. Stiamo accanto, in preghiera sotto la croce. In genere è lui che ci sta accanto. Questa volta, invece, ci chiede: “restate qui e vegliate con me”. Non fuggiamo come i discepoli. Non fuggiamo come spesso facciamo, presi da noi, dai nostri affari, dalle cose che chiamano, ma vegliamo insieme, come una famiglia sotto la croce. Perché solo se sapremo fermarci, accompagnare il Signore, vegliare con lui potremo gioire della Resurrezione, della speranza e della pace che irrompe nella storia per la salvezza del mondo.

 

+ Giorgio

Arcivescovo