INTERVENTI

Lavoro e casa: le due braccia della famiglia

Messaggio al termine della Processione del Venerdì Santo

(pubblicato il 14-04-2017)
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Il prossimo Convegno diocesano che celebreremo dal 20 al 22 aprile rifletterà sulla realtà della famiglia, protagonista del cambiamento oggi necessario nella nostra Città. Avrà un futuro la famiglia a Foggia se affronteremo assieme con determinazione e coraggio due emergenze: il lavoro e la casa. Quanti drammi e disagio sperimentano adulti e giovani, con le loro famiglie, in cerca di occupazione. Quanti cercano un lavoro e non lo trovano e subiscono una intollerabile perdita di identità personale e familiare. La mancanza di lavoro uccide. Quote rilevanti di giovani e meno giovani non hanno mai provato né il sapore né il sudore di un lavoro regolare, stabile e garantito. Si è, così, costretti a iniziare una vita senza prospettive, nella vana ricerca di un la­voro, non di rado esposti alla tentazione di disorientamento mora­le, o, peggio, di aggregazione alla delinquenza organizzata, che promette immediati e forti guadagni. Dietro le infinite storie di esclusione sociale del territorio si nascondono problemi legati al lavoro. Disoccupazione, lavoro nero e irregolare, lavoro minorile, sfruttamento delle donne e degli uo­mini sono quasi sempre l’altra faccia dei problemi di povertà ma­teriale, di evasione scolastica, di droga, di criminalità minorile. Si impongono, perciò, impegni mirati e convergenti per promuovere l’occupazione nella nostra Città, senza accontentarsi di alcuni interventi-tampone per fronteggiare la disoccupazione mentre mancano del tutto concrete e organiche politiche di sviluppo per il lavoro. Con profonda amarezza dobbiamo con­statare che, al di là di sterili manifestazioni di impegno verbale, la tematica del lavoro- continua a rimanere sullo sfondo del dibattito politico e degli impegni istituzionali, senza ottenere quel rango di priorità che sarebbe lecito attendersi. L’altro aspetto centrale nella vita della famiglia è la carenza di disponibilità abitativa, ingiustizia rilevante che impedisce a molti di realizzare la vita matrimoniale e familiare. È un problema morale perché l’indisponibilità di abitazioni non sempre è carenza di abitazioni. Spesso l’indisponibilità deriva dalla mentalità speculativa ed egoistica di chi, possedendo case, gioca al rialzo e preferisce tenerle disabitate in attesa di ottenerne un reddito tanto elevato da risultare impossibile specie per le giovani coppie sposarsi. E quelle che si sposano spesso sono costrette alla convivenza con le famiglie di origine in abitazioni che non consentono di realizzare il sogno di coppia. Le conseguenze sono facilmente intuibili. Certo vi è anche un problema socio-politico. La indisponibilità di abitazioni è anche effettiva carenza derivante dalla mancanza o dalla grave insufficienza di una seria politica della casa. Questa latitanza dei pubblici poteri, che fa seguito alla scelta di un modello di sviluppo, che non ha privilegiato la risposta ai bisogni primari e ha favorito una egoistica imprenditorialità, si riflette inevitabilmente sulla politica familiare, costruita non sulla qualità della vita familiare, bensì sulle perverse limitazioni cui essa è costretta. Urge risvegliare, perciò, il compito sociale delle famiglie, che devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. In tal senso le famiglie crescono nella consapevolezza di essere protagoniste della politica familiare ed assumersi la responsabilità di trasformare la società; diversamente saranno le prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza. Per vincere la sfida della disoccupazione e della mancanza di casa, occorre un sussulto di impegno e di responsabilità da parte delle forze politiche, di qualsiasi colore, come pure delle forze sociali, culturali e di tante energie vive del nostro territorio. La politica per prima deve ritrovare un’anima: le dispute di potere, quelle dettate da problemi di visibilità o da interessi di schieramento devono cedere il passo ad una attenzione quotidiana per le vere emergenze. Ridurre nel dibattito politico lo spazio del chiacchiericcio inconsistente, della polemica fine a se stessa, delle dichiarazioni roboanti quanto vacue, dando invece priorità ai problemi reali, con una costruttiva e responsabile capacità di dialogo, è la vera svolta di cui c’è assolutamente bisogno. Troppe volte i progetti annunciati sembrano lontani dalle esigenze quotidiane della gente. Si passi dalle parole ai fatti e si risolvano emergenze primarie legate ai pilastri della qualità della vita. La Città ha bisogno di cittadini che non si preoccupano solo dei loro interessi. Il mondo va in rovina se ciascuno pensa solo a sé. Dinanzi alla crescente crisi economica, a tutti è chiesto più sobrietà e solidarietà, per venire in aiuto specialmente alle persone e alle famiglie in serie difficoltà. In concreto, non si può combattere la miseria se non si cerca di fare uguaglianza, riducendo il dislivello tra chi spreca il superfluo e chi manca persino del necessario. Ciò comporta scelte di giustizia obbligate dall’esigenza di amministrare saggiamente le limitate risorse della terra. Tante persone contraggono debiti per beni secondari, compromettendo così la possibilità di corrispondere adeguatamente ad esigenze basilari. Educhiamoci alla sobrietà anche a rischio di risultare impopolari, impegnando i pochi soldi per ciò che davvero importante, distinguendo saggiamente gli investimenti per i beni fondamentali (cibo, casa, spese per la salute, istruzione), da ciò che è solo voluttuario. Ognuno, nel proprio ambito, è responsabile dell’avvenire della Città. Questo richiederà coraggio e audacia; qualità che non sono mai mancate, ma che invocano l’impegno di tutti. In realtà le vere soluzioni ai problemi verranno dall’impegno di tutti, dal “fare insieme”, coinvolgendo soprattutto le categorie più deboli e marginalizzate. In altri termini fare insieme per valorizzare i doni di tutti senza trascurare l’unicità irripetibile di ciascuno. Il grande nemico di una Città e di una Chiesa aperta è la voglia di autopreservarsi, immaginando di dare risposta a domande che mai nessuno ci ha rivolte e investendo energie in direzioni sbagliate. La nostra vita è viva se coltiva tesori di speranze; vive se custodisce l’ossigeno di persone amate e un capitale di sogni, per i quali trepidare e festeggiare.

† VINCENZO PELVI