INTERVENTI

Sull’altare del mondo

Messaggio al termine della processione del Corpus Domini

(pubblicato il 18-06-2017)
Immagine di Sull’altare del mondo

Pronao chiesa di s. Francesco Saverio - Piazza XX settembre, Foggia

18/06/2017



Benedetto sei tu, Dio dell’universo, dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi pane di vita eterna. Nell’Eucaristia il creato trova la sua maggiore elevazione. La grazia raggiunge una espressione meravigliosa quando Dio stesso, fatto uomo, diventa cibo della sua creatura. C’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nel volto di un povero e soprattutto in un pugno di farina e in qualche goccia di vino. Le anime eucaristiche, per grazia avvertono i movimenti e i suoni di questo mondo. Arrivano a captare quello che dicono il vento che soffia, gli alberi che flettono, l’acqua che scorre, le mosche che ronzano, il canto degli uccelli, il suono dei flauti, il sospiro dei malati, il gemito degli afflitti (cf. LS, 233). L’avventura eucaristica è già nella creazione. «Il Signore Dio piantò un giardino in Eden e vi collocò l’uomo che aveva plasmato» (Gen 2,8). La Bibbia racconta di un Dio giardinie­re, che ha un rapporto diretto con la terra (adamà), la madre terra, per lavorarla, farla morbida nutrice di semi. L’azione creatrice di Dio è piantare alberi, fiori, giardini. E legami: l’uomo è dentro, in relazione, coinquilino. Spesso diciamo che la terra è fragile e che perciò bisogna prendersene cura. Ma non è così. La terra non è un animaletto fragile: è forte e fertile. Non ha bisogno di noi per mantenere i suoi cicli vitali. Non è la terra in sé a essere bisognosa di cure, ma la terra considerata come ambiente vitale per l’uomo, come casa da abitare. La­sciata a sé stessa, la terra diventa un ambiente inospitale. La natura non ha bisogno di noi, ma noi abbiamo bisogno della natura. L’uomo deve custodi­re e coltivare la terra per trasformarla in casa: luo­go dove trovare nutri­mento, sicurezza, pace, bellezza; dove far fiorire l’umano. Noi apparteniamo alla ter­ra, che Dio ci ha dato in prestito, ma la terra non appartiene a noi. Promuovendo la vita della terra, l’uo­mo promuove la propria vita. Facen­do fiorire la terra, fa fiorire se stesso. Custodire il creato e coltivare l’umano non sono due questioni diverse, ma due aspetti della stessa. Ha scritto papa Francesco che «me­diante la nostra realtà corporea, Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che la de­sertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno, e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione» (Evan­gelii Gaudium, 215). Noi siamo natura. Sia­mo attraversati ogni giorno dall’aria, dall’acqua, dal cibo, che hanno com­piuto lunghe migrazioni prima di giungère a noi. Invece che pensarci separatamente come esseri umani e natura, è più adeguato pensarci come una sola comunità di viventi. Pren­dere atto di questa interconnessione non è una mortificazione, può dare invece un senso di benessere di pace e comunione. Esistere è coesistere. Siamo abitanti insieme a tutti i viventi, tutti nella stessa casa comune, e non ce n’è una di riserva. O ci salveremo insieme o affonderemo insieme. Lo ricorda quotidianamente l’Eucaristia. «Cristo risorto ha assunto in sé questo mon­do materiale e ora, risorto, dimora nell’intimo di ogni essere, circon­dandolo con il suo affetto e illumi­nandolo con la sua luce» (LS, 221). L’universo intero può essere compreso pienamente solo alla luce della sua morte e resurrezione del Signore, cioè del darsi per trovarsi, dell’offrirsi per essere pienamente. Tutto è stato creato allo scopo di darsi. Un fiore si dà per suscitare nell’uomo il sen­so della bellezza; un panorama in montagna si dà per suscitare stupo­re; la catena alimentare è fatta per­ché uno si dia all’altro in cibo; un uomo è pienamente tale quando si dà all’altro. La natura intera non può sottrarsi alla vocazione di essere trasformata. Nell’Eucaristia è il centro vitale dell’universo, il centro traboccante di amore e di vita inesauribile. Nel sacramento dell’altare tutto il cosmo rende grazie a Dio. In effetti, l’Eucaristia è un atto di amore cosmico, perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, è sempre celebrata, in un certo senso, sull’altare del mondo. L’Eucaristia unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato. Il mondo uscito dalle mani di Dio ritorna a Lui in gioiosa e piena adorazione: nel pane eucaristico la creazione cammina verso al divinizzazione, verso l’unificazione con lo stesso Creatore (cf. LS, 236).

O Gesù Eucaristia, risana la nostra vita,

affinchè proteggiamo la Terra e non la deprediamo,

affinchè seminiamo bellezza e non inquinamento e distruzione.

Uniti a Te, nell’Ostia santa, insegnaci

a scoprire il valore di ogni cosa,

a contemplare con stupore,

a riconoscere che siamo profondamente umani,

custodendo il creato, nel nostro cammino

verso la luce infinita.

Grazie perché sei con noi tutti i giorni.