INTERVENTI

La vocazione sociale del commercialista virtuoso

Messaggio ai partecipanti al Convegno dei Commercialisti

(pubblicato il 14-07-2017)
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Carissimi Dottori Commercialisti ed Esperti contabili,



vi rivolgo un cordiale saluto in occasione dell’odierno convegno sulla composizione della crisi da sovraindebitamento alla luce         della legge 3 del 27 gennaio 2012. Ringrazio il dott. Mario Cardillo, per l’invito rivoltomi. Un appuntamento importante, il nostro, per affrontare una specifica problematica che, nell’attuale e delicato contesto di crisi economico-finanziaria, investe oggi la vostra professione, sempre più aperta e consapevole di essere un servizio alla collettività. Non a caso come commercialisti desiderate tendere una mano a chi è in difficoltà. Appassiona, infatti, l’obiettivo del vostro impegno che alla competenza tecnica affianca quell’indispensabile ruolo sociale che riesce a trasformare uno strumento giuridico, come la composizione della crisi, in un volano di ripresa imprenditoriale e familiare. Impresa e famiglia, annodati dalla questione lavoro, camminano insieme; se fallisce un’impresa si distruggono interi nuclei familiari e si ferisce il bene comune.



Perciò è richiesto a tutti, specialmente a quanti esercitano una professione che ha a che fare con il buon funzionamento della vita economica di un Paese, di giocare un ruolo positivo, costruttivo, nel quotidiano svolgimento del proprio lavoro, sapendo che dietro ogni carta c’è una storia, ci sono dei volti. In tale impegno, che, come dicevamo, richiede la cooperazione di tutti. Un professionista fa bene il proprio dovere, con competenza e saggezza per “andare oltre”, che significa andare incontro alla persona in difficoltà; esercitare quella creatività che ti permette di trovare soluzioni in situazioni bloccate; far valere le ragioni della dignità umana di fronte alle rigidità della burocrazia.



L’economia e la finanza sono dimensioni dell’attività umana e possono essere occasioni di incontri, di dialoghi, di cooperazioni, di diritti riconosciuti e di servizi resi, di dignità. Ma per questo è necessario porre sempre al centro l’uomo con la sua dignità, contrastando le dinamiche che tendono ad omologare tutto e pongono al vertice il denaro. Quando il denaro diventa il fine e la ragione di ogni attività, e di ogni iniziativa, allora prevalgono l’ottica utilitaristica e le logiche selvagge del profitto che non rispetta le persone, con la conseguente diffusa caduta dei valori della solidarietà e del rispetto per la persona umana. Quanti operano a vario titolo nell’economia e nella finanza, sono chiamati a fare scelte che favoriscano il benessere sociale ed economico dell’intera umanità, offrendo a tutti l’opportunità di realizzare il proprio sviluppo.



Voi commercialisti, nella vostra attività, vi affiancate alle aziende, ma anche alle famiglie e ai singoli, per offrire la vostra consulenza economico-finanziaria. Vi incoraggio ad operare sempre responsabilmente, favorendo rapporti di lealtà, di giustizia e, se possibile, di fraternità, affrontando con coraggio soprattutto i problemi dei più deboli e dei più poveri. Non basta dare risposte concrete ad interrogativi economici e materiali; occorre suscitare e coltivare un’etica dell’economia, della finanza e del lavoro; occorre tenere vivo il valore della solidarietà – questa parola che oggi rischia di essere cancellata dal dizionario – la solidarietà come atteggiamento morale, espressione dell’attenzione all’altro in ogni sua legittima esigenza.



Se vogliamo consegnare migliorato, alle generazioni future, il patrimonio ambientale, economico, culturale e sociale che abbiamo ereditato, siamo chiamati ad assumerci a responsabilità di operare per una globalizzazione della solidarietà. La solidarietà è un’esigenza che scaturisce dalla stessa rete di interconnessioni che si sviluppano con la globalizzazione.



Certo la legge 3/2012 tiene presente che la figura dell’imprenditore è fondamento di ogni buona economia. Non c’è buona economia senza buoni imprenditori – e sono la maggioranza – con la capacità di creare, creare lavoro, creare prodotti, conoscendo e apprezzando i propri lavoratori e lavoratrici, perché egli stesso è un lavoratore virtuoso.



Scusate, però, una mia domanda spontanea, non giuridica ma etica: se l’indebitamento scaturisce da speculazione, è legale reimmettere il debitore in un virtuoso circolo economico? Il che significa chiedersi se la composizione della crisi deve riguardare imprenditori trasformati in speculatori, che hanno eluso controlli e legislazione.



L’imprenditore non va assolutamente confuso con lo speculatore, che non ama la sua azienda, non ama i suoi lavoratori, ma vede aziende e lavoratori come mezzi per fare profitto.



La speculazione è una economia astratta senza volto e senza volti e quindi spietata e senza legge. Talvolta il sistema politico potrebbe incoraggiare chi specula non chi investe e crede nel lavoro.



A conclusione del mio saluto, mi piace citare una frase di Luigi Einaudi, economista e Presidente della Repubblica italiana. Scriveva: “Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientela sempre più vaste, ampliare gli impianti costituisco una molla di progresso altrettanto potente come il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con gli altri impegni”.



Il nostro “no” ad una economia che uccide diventi un “sì” ad una economia che fa vivere, perché condivide, include chi è in difficoltà, usa i profitti per il bene comune. Grazie e buon lavoro.                            



                                                                                                                      Vincenzo Pelvi