NEWS

La Parola della Domenica - VIII Domenica del T.O.

Riflessioni bibliche sulle letture della liturgia domenicale a cura di padre Valter Arrigoni, monaco diocesano

(pubblicato il 27-02-2011)
Immagine di La Parola della Domenica - VIII Domenica del T.O.




Il discorso della montagna, che da alcune domeniche ci viene offerto dalla liturgia, e che continuerà per altre due domeniche, ci porta sempre più nel profondo del nostro cuore. Gesù ci ha detto di non essere come gli scribi ed i farisei ipocriti. Ci ha poi detto di non comportarci come i pubblicani ed i pagani. Che cosa significano queste immagini? La prima condizione di ogni cammino di santità’ e quello che va dalle beatitudini in poi, fino al Padre nostro è una via spirituale chiara, un cammino di santità, è la verità con noi stessi. La religiosità degli scribi e dei farisei viene caratterizzata da una osservanza formale, quasi alla lettera della legge. Gesù usa per gli scribi ed i farisei termini di grande durezza come ipocriti, sepolcri imbiancati, razza di vipere. Sono persone che si accontentano di apparire per bene,ma di nascondere nelle loro vite, nelle loro case, nelle loro ville, il marcio di un comportamento grave e peccaminoso. A queste persone Gesù dedica il suo discorso che abbiamo chiamato la sezione dei “ma” nella quale ad ogni comandamento della legge fa conseguire un gesto, un atto, una azione, che dice il cuore del comandamento di Dio. Non basta non uccidere ma occorre amare il proprio fratello, anzi amare anche coloro che ci odiano e ci fanno del male.  Non basta non commettere adulterio ma occorre rispettare l’altra persona, non limitarsi a vederla come oggetto del desiderio, soddisfazione del piacere. Non basta non vendicarsi ma occorre amare. Gesù ci insegna che  amare per essere amati è umano ma amare per amare è angelico, è santo perché Dio ama, perchè Dio è amore. La misura alta del nostro comportamento è la santità e la perfezione di Dio. Il modello che abbiamo davanti è Gesù sulla croce, dove è morto per noi che eravamo ancora nel peccato, tagliati fuori dalla grazia, destinati a morire senza speranza. La porta del paradiso era stata chiusa ed un angelo con la spada di fuoco era stato messo davanti alla porta per non far entrare nessuno. Gesù è morto per noi. Non ha invocato eserciti di angeli a difenderlo. E’ morto dicendo parole di perdono:”Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Anche il primo martire, santo Stefano è morto ripetendo le parole di Gesù sulla croce, invocando il perdono per quelli che lo lapidavano. E tra questi c’era san Paolo che era d’accordo con gli uccisori di Stefano. Le altre categorie alle quali non dobbiamo essere simili sono quelle di pubblicani e pagani cioè di coloro che vivono come s e Dio non esistesse, forti e potenti solo di se stessi, delle proprie capacità e ricchezze. Questa domenica scendiamo ancora più in profondità nel cuore di ognuno di noi, tocchiamo oggi la nostra vera fede come fiducia in Dio, nostro padre, che non ci fa mancare niente di quello che ci serve. Per non essere come i pubblicani ed i pagani dobbiamo essere liberi dai soldi, non attaccare il cuore al denaro, non far dipendere dal denaro la nostra sicurezza e felicità. Dobbiamo cioè chiederci dove si basa la nostra sicurezza. Il mio domani, cosa vestirò, cosa mangerò dipende solo dai soldi che ho oppure la mia fede è anche qualcosa di concreto. Nella prima lettura Dio ci dice, attraverso il profeta Isaia: “se anche ci fosse una  donna che si dimentica del suo bambino, così da non commuoversi del frutto delle sue viscere,  io non mi dimenticherò mai di te … perché il tuo nome è scritto sul palmo della mia mano”. Queste parole sono la risposta di Dio al suo fedele che si sente abbandonato in un paese di esilio, in una condizione di schiavitù, nella povertà. Il salmo responsoriale nasce dal cuore dell’uomo nel dolore quando finalmente la fede ha il sopravvento sulla paura, sulla tristezza, sulla disperazione. Il credente lascia che Dio riconquisti spazio nel suo cuore e ritorni come la sola  certezza. “Solo in Dio riposa l’anima mia, da Lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia,  mia salvezza, mia difesa non potrò mai vacillare. Solo in Dio riposa l’anima mia, da lui la mia speranza. Confida in Lui popolo mio in ogni tempo”. Eppure questa fede viene continuamente messa alla prova. Possiamo fare nostre le parole del padre dell’indemoniato che chiede aiuto a Gesù dicendo “credo, Signore, aiuta la mia incredulità”. Siamo spesso convinti della fede e tentati dal credere che Dio con le cose materiali di ogni giorno non c’entra. Il Vangelo è famoso, chiaro, ci chiede perché siamo preoccupati del domani, delle cose che mangeremo, berremo, vestiremo. Gesù ci invita a guardare i gigli dei campi e gli uccelli del cielo. Ci dice chiaramente che neppure Salomone al culmine della sua potenza, della sua ricchezza aveva vesti così belle come i gigli di campi. Neppure l’uomo, per quanto ricco e potente, può darsi qualcosa se non viene da Dio. ancora una volta siamo chiamati in questa domenica a guardare dentro il nostro cuore, dentro la profondità di noi stessi. Sant’Agostino diceva in un suo discorso:”fratelli e figli miei dovete conseguire la vittoria sul nemico che risiede nel vostro cuore. Il nemico, il male, non è fuori di voi ma dentro!”.



 



Padre Valter Arrigoni



Monaco diocesano