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Celebrata la Festa Patronale della Madonna dei Sette Veli

Al termine della processione, mons. Tamburrino ha rivolto alla città parole di incoraggiamento.

(pubblicato il 28-03-2011)
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Tra le vie della nostra città si è svolta, lunedì scorso, la cosiddetta “grande processione”, che ha accompagnato la nostra amata Iconavetere dalla chiesa di “San Giovanni Battista” verso la parrocchia di “Gesù e Maria”, dove martedì è stata celebrata dal nostro Arcivescovo, mons. Francesco Pio Tamburrino, la festa liturgica della Santissima Vergine dei Sette Veli ed anche il Pontificale con Indulgenza Plenaria.



Al termine della processione di lunedì, 21 marzo, il Vescovo ha rivolto alla città un messaggio, denso di amore paterno, che ha condotto tutti i presenti a riflettere profondamente sul tema della convivenza civile solidale e sul legame profondo che esiste tra fede cristiana e cittadinanza. Il messaggio ha preso le mosse, opportunamente, dal ricordo del 150° dell’Unità di Italia, che, ha spiegato l’Arcivescovo, è stato caratterizzato dalla consapevolezza di possedere, come italiani, una grande eredità culturale comune e dalla certezza di vivere il pensiero di una forte appartenenza religiosa e di fede in tutte le parti della penisola. “I valori cristiani sono stati come il cemento che ha collegato le pietre in un’unica grande costruzione”: la nazione italiana. “Chi può negare il contributo di artisti, santi e intellettuali all’unità del Paese? Fede cristiana e cittadinanza non sono entrate mai in conflitto. L’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquista dell’unità”, ha affermato mons. Tamburrino. Difatti, l’educazione, la sanità e l’economia sociale, solo per fare qualche esempio, hanno rappresentato ambiti di impegno per il mondo cattolico, che, in tal modo, ha stimolato la crescita di una società solidale e fortemente coesa.



Il Presule, inoltre, ha ribadito che la nostra città rappresenta un caso emblematico di “simbiosi tra cristianesimo e società civile, tra storia e identità religiosa”. Il tessuto urbano di Foggia, infatti, ha cominciato a svilupparsi a partire dal ritrovamento del Sacro Tavolo. Il Vescovo ci invita, a questo proposito, a domandarci fino a che punto la nostra comunità è caratterizzata da una crescita sociale costantemente  segnata dall’elemento di fede. “Un popolo esiste quando c’è un’anima. E se l’anima si deteriora, si sfigura, se i valori non sono condivisi, lo Stato, la città perde il suo popolo e diventa debole”, ha puntualizzato, con grande profondità di analisi, il nostro Arcivescovo.



Un altro aspetto sottolineato da mons. Tamburino, durante il suo discorso, riguarda il fatto che la festa cittadina ricorre sempre durante la Quaresima, “che è un tempo salutare di ripensamento sul nostro impegno cristiano quotidiano”. “Anche nella vita civile e cittadina, auspico che possiamo godere del balsamo della misericordia nei nostri rapporti reciproci. Tra di noi ci deve essere misericordia. L’Iconavetere ci invita a calare la misericordia come atteggiamento cristiano dentro la nostra storia”, ha spiegato il Presule, che ha sottolineato quanto sia urgente e necessario applicare questo meraviglioso “balsamo” sulla nostra città, spesso contraddistinta da atteggiamenti, parole e gesti aggressivi e volgari. In quest’ottica, “il cristiano deve sapere fare dono a tutti del perdono, della misericordia e della solidarietà offerta e accolta per costruire una città che sia una famiglia e un luogo di fraternità per tutti”. Sono parole ferme e decise di incoraggiamento e di ispirazione per tutti i cittadini che hanno voglia di cambiare una città, troppe volte alla ribalta per fatti di cronaca violenti. Il discorso di mons. Tamburrino può e deve rappresentare per la città un solido e valido punto fermo da cui partire per crescere e migliorare i rapporti reciproci. 



Infine, il Vescovo ha concluso il suo messaggio con importanti spunti di riflessione, indispensabili per iniziare ad impegnarsi nella vita comunitaria: “Perché non pensare a usare le risorse di cibo, di vestimento non come succoso esercizio di soddisfazione ma piuttosto con la gratitudine che sa anche moderare per dispensare a chi è più povero di noi? Perché non pensare a rimotivare la convivenza civile non come custodita e sicura appartenenza ma come storia di fratelli d’Italia e in Cristo, pellegrini tutti solidali dentro un unico villaggio, lo stesso che Dio ci ha preparato? Perché non pensare a riordinare la vita e la fede ricollocando al vertice di esse l’impegno di santità universale chiamata a vivere tempo e domani nella Gloria? Perché non pensare ad anticipare in un coraggioso esercizio la riconsegna della vita che celebreremo nella nostra morte corporale, cominciando ora, in questo riquadro temporale a distaccarci da cose e possedimenti che induriscono il cuore e rattristano i rapporti tra fratelli?”.