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Don Marco Camiletti è il nuovo presbitero della Chiesa di Foggia-Bovino

L'Ordinazione del giovane diacono è avvenuta nel giorno del 13° anniversario di Ordinazione Episcopale dell’Arcivescovo mons. Tamburrino

(pubblicato il 01-04-2011)
Immagine di Don Marco Camiletti è il nuovo presbitero della Chiesa di Foggia-Bovino




Nel 13° anniversario di Ordinazione Episcopale, venerdì scorso, l’Arcivescovo della Diocesi di Foggia-Bovino, mons. Francesco Pio Tamburrino, presso la parrocchia del SS. Salvatore in Foggia, ha presieduto la S. Messa di Ordinazione Presbiterale del diacono Marco Camiletti.



La speciale ricorrenza del nostro Vescovo ci offre un ulteriore occasione per esprimere l’affetto e la stima che ognuno di noi nutre per il Pastore della nostra Chiesa e, contestualmente, ci stimola a seguire le preziose indicazioni dell’Arcivescovo, che, quotidianamente, ci invita a coltivare sentimenti di amore, concordia e solidarietà e ad agire per il bene comune della società nella quale viviamo, affinché il nostro territorio possa essere vissuto come una casa accogliente per tutti.



A questo proposito, il parroco della chiesa del SS. Salvatore, mons. Franco Colagrossi, ha sottolineato che generare al sacerdozio don Marco è il modo più bello per festeggiare i 13 anni di ordinazione episcopale del nostro caro Vescovo.



In un momento successivo della celebrazione, mons. Colagrossi ha presentato lo stile di servizio di don Marco Camiletti, che si distingue per una particolare “sensibilità e apertura missionaria” sia in ambito locale con l’attività di volontariato presso l’UAL, sia in ambito extra-diocesano con le attività realizzate nella missione diocesana in Guinea Bissau. Don “Marco si consegna al progetto di Colui che lo ha chiamato”, “ponendo sempre il Signore al centro della sua vita” ha spiegato il parroco, con affetto e commozione.



Mons. Tamburrino, nella  sua intensa omelia, ha ricordato che l’ordinazione di don Marco si stava celebrando nella solennità dell’Annunciazione del Signore. A tale riguardo, il Presule, riprendendo le meravigliose parole di S. Francesco,  ha spiegato ai fedeli che la “Madre di Dio è la Vergine fatta Chiesa”.  Infatti, il Santo di Assisi nel testo originale del suo saluto alla Vergine, così scrive: “Ave, virgo ecclesia facta”. Parafrasando le parole di Papa Benedetto XVI nell’enciclica “Spe salvi”, si può affermare che se, da un lato, Cristo è la luce che accompagna il nostro pellegrinaggio di fede nelle vicissitudini della vita, Maria è quella luce vicina all’uomo, che attingendo dalla luce del Figlio, offre a noi tutti orientamento e sostegno nel viaggio dell’esistenza. In quest’ottica, nell’espressione di San Francesco possiamo trovare la sintesi perfetta dell’incontro tra l’uomo e Dio nella persona di Maria. Passando alla vocazione di don Marco, il Vescovo ha sottolineato che in lui “si compiono meraviglie”, proprio perché forte e potente è la forza che il Signore stesso gli dona giorno per giorno. Nella Liturgia di questa festa viene proclamato il Vangelo dell’Annunciazione (Lc 1,26-38), che narra del sublime incontro tra l’angelo Gabriele e la Vergine: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”. Secondo mons. Tamburrino, il messaggero di Dio si rivolge alla Vergine Maria con queste parole per rilevare a noi, secoli dopo, che proprio “nella Grazia è l’identità più grande di Maria”. “Nella Grazia risiede la completa spiegazione di Maria” ha specificato il Presule, con una straordinaria profondità di analisi. Quindi, nel rapporto tra Dio e le creature c’è la Grazia. Dunque, è la Grazia stessa che opera in don Marco e che lo apre ad un’elezione amorosa e gratuita a Dio.



In un altro passaggio cruciale della sua omelia, il Vescovo ha analizzato con una particolare attenzione le parole “gioia” e “grazia”. Se guardiamo al testo greco, ha puntualizzato il Presule, notiamo che entrambi i termini hanno la stessa radice. La gioia, dunque, è strettamente legata alla grazia e la grazia è l‘effetto della vicinanza del Signore. Ecco perché, “Maria mette il suo cuore nelle mani di Dio”. Si gioisce, quindi, perché siamo vicini a Dio. In questo senso, anche l’ordinazione di don Marco rallegra e rende tutti gioiosi proprio perché attesta la vicinanza al Signore.



Dopo questo momento di profonda analisi, indispensabile per accostarsi alla comprensione del momento che i fedeli stavano vivendo, l’Arcivescovo, come un padre premuroso, si è rivolto a don Marco per illustrare il significato profondo del Ministero Sacerdotale. In particolare, il Presule ha fatto riferimento all’Esortazione apostolica post-sinodale “Pastores Dabo Vobis” di Giovanni Paolo II: “I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta della salvezza, soprattutto col Battesimo, la Penitenza e l’Eucaristia, ne esercitano l’amorevole sollecitudine, fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell'unità e conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito. In una parola, i presbiteri esistono ed agiscono per l’annuncio del Vangelo al mondo e per l’edificazione della Chiesa in nome e in persona di Cristo Capo e Pastore”. “Diventerai presbitero non per te stesso ma per tutti gli altri”, ha affermato l’Arcivescovo, spiegando che solo vivendo una profonda spiritualità di comunione  si può incidere concretamente sulla dimensione sociale del territorio in cui si è chiamati ad operare.



Infine, mons. Tamburrino ha fatto riferimento al “Presbyterorum Ordinis”, che così si esprime riguardo al ruolo dei presbiteri: “questi sono dunque costituiti nell’ordine del presbiterato per essere cooperatori dell’ordine episcopale, per il retto assolvimento della missione apostolica affidata da Cristo”. “Ma la funzione di pastore non si limita alla cura dei singoli fedeli: essa va estesa alla formazione di un'autentica comunità cristiana. Per fomentare opportunamente lo spirito comunitario, bisogna mirare non solo alla Chiesa locale ma anche alla Chiesa universale. A sua volta la comunità locale non deve limitarsi a prendersi cura dei propri fedeli, ma è tenuta anche a sentire lo zelo missionario, che spinge ad aprire a tutti gli uomini la strada che conduce a Cristo”.