INTERVENTI

Cattolici e politica

politica tra impegno e responsabilità

(pubblicato il 22-02-2019)
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Politica tra impegno e responsabilità - Non accontentare tutti, ma rappresentare tutti

In questo momento della storia la passione per l’umano, per l’intera umanità, è in grave difficoltà. Le gioie delle relazioni familiari e della convivenza sociale appaiono profondamente logorate. La diffidenza reciproca dei singoli e dei popoli si nutre di una smodata ricerca del proprio interesse e di una competizione esasperata, che non rifugge dalla violenza. La distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa sembra allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma. Si tratta di una vera e propria cultura – anzi, sarebbe meglio dire di un’anti-cultura – dell’indifferenza per la comunità: ostile agli uomini e alle donne e alleata con la prepotenza del denaro. Questa emergenza rivela un paradosso: come è potuto accadere che, proprio nel momento della storia del mondo in cui le risorse economiche e tecnologiche disponibili ci consentirebbero di prenderci sufficientemente cura della casa comune e della famiglia umana, onorando la consegna di Dio stesso, proprio da esse, dalle risorse economiche e tecnologiche, vengono le nostre divisioni più aggressive e i nostri incubi peggiori? I popoli avvertono dolorosamente, per quanto spesso confusamente, l’avvilimento della paura e della fragilità. La tendenza ad anestetizzare questo profondo disagio, attraverso una cieca rincorsa al godimento materiale, produce malinconia e distruzione. Dobbiamo riconoscerlo: gli uomini e le donne del nostro tempo sono spesso demoralizzati e disorientati, senza visione. Siamo un po’ tutti ripiegati su noi stessi. Il sistema del denaro e l’ideologia del consumo selezionano i nostri bisogni e manipolano i nostri sogni, senza alcun riguardo per la bellezza della vita condivisa e per l’abitabilità della casa comune. Raccogliendo il grido delle sofferenze dei popoli, dobbiamo reagire agli spiriti negativi che fomentano la divisione, l’indifferenza, l’ostilità. Dobbiamo farlo non soltanto per noi, ma per tutti. E bisogna farlo subito, prima che sia troppo tardi, anche perché la democrazia non è mai una conquista definitiva. Permane sempre l’esigenza di darle un’anima e un corpo nuovi. Va continuamente legittimata, offrendole un humus che la nutra e la rivitalizza. Tra le condizioni per la sua esistenza, sono centrali lo stato sociale di diritto, una sfera pubblica non pigra, un sistema rappresentativo efficiente nelle sue forme e integrato dallo sviluppo di iniziative popolari, specie con riferimento ai beni collettivi e soprattutto deve poggiare su di una comunità, intesa come insieme di cittadini uniti, nella comunione di beni-valori, codificati nelle carte costituzionali. Di qui l’impegno di un elettorato attivo e partecipativo che non può sperare il proprio avvenire dal piccolo grande privilegio, dall’eccezione, dalla propria singola, particolare condizione di favore. Forte della debolezza della politica, sempre più spesso la società italiana sembra non voler riconoscere più alcun potere di direzione alla politica stessa, ma di cercarne solo l’appoggio necessario per la sua sopravvivenza spicciola. E domani capiti quel che può capitare. La politica si muove in questa ricerca con consumata spregiudicatezza, tanto a destra come a sinistra, utilizzando per i propri interessi tutto l’arco della rappresentanza parlamentare. In Italia non sembra più ormai possibile fare nulla, cambiare nulla, perché c’è sempre qualcuno dotato di un potere di interdizione che dice di no. Ne consegue l’appello a lavorare insieme per il bene comune. Tutti, giovani e adulti, siamo cittadini e abbiamo una vocazione al servizio del bene comune. Orizzonte e fine di questa vocazione è la buona politica, amica delle persone, inclusiva, che non lascia ai margini nessuno, ma tiene il timone fisso nella direzione del bene di tutti.

La Nazione non è un museo, ma un’opera collettiva in permanente costruzione; opera in cui sono da mettere in comune le cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche. L’Italia non cresce se non camminando insieme, coinvolgendo nella partecipazione attiva l’intera comunità attraverso la discussione e il discernimento. Purtroppo sentimenti di paura, diffidenza e persino odio hanno preso forma tra la nostra gente e si esprimono nei social network, inquinando il senso etico del nostro popolo. La malattia spirituale più evidente è la paura, l’indifferenza, il sentirsi minacciati, la frattura dei legami sociali, la perdita del senso di fraternità e solidarietà. Sembra che non si abbia più fiducia di nessuno: medici, docenti, politici, intellettuali, giornalisti. Nasce, perciò, l’esigenza di costruire legami per favorire quell’amicizia sociale che il Presidente Mattarella, nel discorso di fine anno 2018, definiva impegno per riconoscersi come una comunità di vita che ha un unico destino. Sentirsi comunità significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri, pensarsi dentro un futuro comune da costruire insieme, curando le ferite di legami spezzati e della fiducia tradita.

Siamo un Paese a rischio se pensiamo agli squilibri democratici, la mancanza di un lavoro dignitoso, alle disuguaglianze e alla piaga della corruzione.

Ogni offerta politica non può identificare nemici da guardare come ostili. Abbiamo bisogno di uno spazio libero da parole cattive e dalla tecnica della chiusura e della derisione dell’avversario, come vediamo ogni sera in televisione. Serve, infatti, un nuovo modo di intendere l’impegno politico con la capacità di creare un protagonismo diffuso a partire dalle realtà sociali più dinamiche e positive, all’interno delle quali il mondo cattolico è spesso tra le componenti più vitali. L’impegno concreto e responsabile in politica non è potere, ma servizio di chi non si lascia corrompere e che accetta quasi un martirio quotidiano per cucire reti d’incontro e solidarietà.

Torniamo alla politica della verità e non perdiamo la speranza, recuperando il bene comune dei cittadini (cf. GS 74). Anche perché la politica non è un incontro tra uguali, ma la convivenza e la comprensione tra persone diverse, che possono raggiungere obiettivi comuni.

A riguardo, vorrei richiamare l’impegno ad investire su di un’Europa dei popoli, partendo da una profonda riflessione che permetta di superare i pregiudizi, rivalità istituzionali, forme di veteronazionalismi, egoismi e localismi folkloristici. Oggi appare urgente programmare la formazione di una mentalità europea riorganizzata attorno ad una cultura personalistica e relazionale, comunitaria e aperta alla trascendenza.

La differenza non è fonte di discordia, ma di reciproco arricchimento e cooperazione. A riguardo, penso alla democrazia come il migliore dei sistemi possibili, sempre che i nostri rappresentanti politici ricerchino prima di tutto il bene comune dei cittadini, specie i più vulnerabili e bisognosi. I problemi si risolvono evitando la via dello scontro, senza cedere, però, alla tentazione di soluzioni magiche a problemi complessi. La politica non può essere fatta da perenni liti o liste elettorali di scopo, non costruita appositamente per il solito ceto politico, non fabbricata a freddo nei laboratori dei social media, ma intessuta di esperienze vere, vissuto quotidiano, esistenza reale dei cittadini. Una politica, direi, che si costruisce dal basso senza fretta e con pazienza. Perché ciò si realizzi ci vuole la cultura dell’incontro, capace di ricamare la trama sociale troppo sfilacciata della società. Ricamare e dare rappresentanza, rispettando le identità di ciascuno, quelle individuali, associative e sociali, trovando la mediazione di una politica più ragionata e meno urlata, senza meschinità, tradimento e diaspora.

Nel recente libro Ricostruiamo la politica. Orientarsi nel tempo dei populismi, il gesuita Francesco Occhetta, afferma che la politica non deve accontentare tutti, ma rappresentare tutti.

Vi ringrazio dell’ascolto e desidero salutarvi con le parole di Papa Francesco: «Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo. La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune» (EG, 205). «La bacchetta magica non funziona in politica. Un sano realismo sa che anche la migliore classe dirigente non può risolvere in un baleno tutte le questioni. Evitiamo le critiche che non sono costruttive. Se il politico sbaglia, vai a dirglielo, ci sono tanti modi di dirglielo…ma dirlo costruttivamente. E non guardare dal balcone aspettando che lui fallisca. No, questo non costruisce la civiltà » (Città di Cesena 1.10.2017).

Mons. Vincenzo Pelvi