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"Carità verso i poveri"
Riportiamo il testo della Lectio divina di mons. Tamburrino che ha aperto i lavori del Convegno Pastorale Diocesano
(pubblicato il 08-04-2011)
CARITÀ VERSO I POVERI
Lectio divina introduttiva del Convegno Pastorale Diocesano del 31 marzo/2 aprile 2011
Dal libro del Siracide (3, 30 - 4, 10)
L'acqua spegne il fuoco che divampa, l'elemosina espia i peccati. Chi ricambia il bene provvede all'avvenire, al tempo della caduta troverà sostegno. Figlio, non rifiutare al povero il necessario per la vita, non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi. Non rattristare chi ha fame, non esasperare chi è in difficoltà. Non turbare un cuore già esasperato, non negare un dono al bisognoso. Non respingere la supplica del povero, non distogliere lo sguardo dall'indigente. Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo, non dare a lui l'occasione di maledirti, perché se egli ti maledice nello3089;amarezza del cuore, il suo creatore ne esaudirà la preghiera. Fatti amare dalla comunità, e davanti a un grande abbassa il capo. Porgi il tuo orecchio al povero e rendigli un saluto di pace con mitezza. Strappa l'oppresso dal potere dell'oppressore, e non essere meschino quando giudichi. Sii come un padre per gli orfani, come un marito per la loro madre: sarai come un figlio dell'Altissimo, ed egli ti amerà più di tua madre.
Introduzione
Il tema di questa lectio divina di apertura del Convegno Diocesano è l’amore per i poveri, così come lo insegna la Parola di Dio, la Scrittura. È vero che entriamo nella riflessione sulla Chiesa che educa alla testimonianza della Carità. Ma Colui che insegna alla Chiesa l’amore sincero è Dio stesso. È Dio il primo che ci educa alla carità, nelle Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Il primo atto di questo nostro convenire ecclesiale è metterci in ascolto di Dio, che ci insegna la misericordia e la carità. Attingiamo questa dottrina vitale dal libro del Siracide, uno degli autori sapienziali, che ci mostra come inserire negli ambiti della vita sociale e religiosa i comportamenti che traducono in pratica i precetti di Dio: in particolare, in rapporto ai genitori, nella condotta umile e nello3089;amore per i poveri.
La pericope 3, 30 - 4, 10 contiene una insistente esortazione a intervenire a favore dei poveri. Dopo la riflessione sullo3089;utilità religiosa e sociale dello3089;elemosina (vv. 29-30), il testo presenta due unità: 4, 1-6 e 4, 7-10, chiuse entrambe con un riferimento al Signore. Ai dieci imperativi negativi della prima parte fanno riscontro sette esortazioni nella seconda: l’esito è la maledizione nel primo caso, la benedizione e l’accoglienza divina nell’altro.
Ovviamente, tutto il contesto è un intreccio di motivi religiosi, che fanno intravedere l’orizzonte spirituale ebraico in cui l’elemosina gioca un ruolo importante. Mi piace attirare l’attenzione su quell’universo spirituale della Prima Alleanza, che fa da sostegno e griglia alla dottrina del Nuovo Testamento.
I. Lectio
Che cosa dice il testo biblico nel suo senso oggettivo, letterario: la lettera della Scrittura va compresa con esattezza, perché in essa è contenuto lo3089;insegnamento inteso da Dio per noi.
vs 3, 29 : L'acqua spegne il fuoco che divampa, l'elemosina espia i peccati. L’acqua spegne un fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati. È un paragone: l’elemosina è benefica come l’acqua che spegne un incendio. I peccati causano distruzioni come un incendio. L’acqua che lo doma è l’elemosina. Notiamo bene come per il Siracide l’elemosina assuma un valore teologico, religioso, quasi sacrificale.
Nei primi secoli della Chiesa, quando non c’era la prassi della confessione sacramentale privata, l’elemosina era considerata come una delle vie per ottenere da Dio la remissione dei peccati: “I peccati si cancellano con i meriti della misericordia” (S. CIPRIANO, Le opere buone e la misericordia, 28).
Mi pare serio cogliere l’importanza che la Bibbia attribuisce all’elemosina come rimedio e medicina ai peccati, specialmente oggi che l’elemosina è messa in discussione da molti, perché considerata una risposta inadeguata al bisogno di chi la chiede. Ci scusiamo, pensando: “Con questo piccolo obolo non risolvo i problemi di questa persona”… e tiriamo dritto. Ma Gesù insegnerà ad essere misericordiosi e a dare con abbondanza per ricevereo3091;”una misura buona, pigiata, colma e traboccante, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”(Lc 6, 36-38). Per questo, fin dall’inizio della Quaresima, la Chiesa ci invita alla conversione e all’espiazione dei peccati mediante la preghiera, il digiuno e l’elemosina.
vs 3, 30 : Chi ricambia il bene provvede all'avvenire, al tempo della caduta troverà sostegno.
Fare del bene è un investimento per il futuro, se fai del bene te lo troverai nel sentimento di gratitudine di coloro che hai beneficato. È un modo di agire saggio e previdente: chi semina vento, raccoglie tempesta (cf. Os 8, 7); quel che l’uomo semina raccoglierà (cf. Gal 6, 8); chi semina benedizioni, raccoglie benedizioni (cf. 2 Cor 9, 6).
vs 4, 1-2 : Figlio, non rifiutare al povero il necessario per la vita, non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi.
Non rattristare chi ha fame, non esasperare chi è in difficoltà.
Di qui iniziano i precetti negativi: non rifiutare al povero il necessario per la vita, non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi. Il necessario è una misura che impone giustizia, ripartizione equa delle risorse, per non favorire la sperequazione.
Co3089;è l’invito a sostenere il povero, suggerendo anche sentimenti e atteggiamenti di grande rispetto per lui. Il testo insiste sullo sguardo: “Non essere insensibile allo sguardo del bisognoso”, non distogliere lo sguardo dallo3089;indigente, da chi ti chiede non distogliere lo sguardo. Innanzitutto, bisogna guardare, vedere, com’è detto nella parabola del buon samaritano. Dopo che non si sono girati gli occhi altrove, è necessario non rattristare chi chiede, non esasperare chi è in difficoltà. Quante volte viene rattristato chi ha già di per sé tanti motivi di tristezza, perché è povero. “Non distogliere i tuoi occhi dal povero tuo fratello”(Tb 4, 7). Il malvagio perseguita il povero, lo spia, si pone in agguato e pensa che Dio “non veda più nulla”; ma il Signore vede il suo affanno, il dolore, lo guarda e lo prende per le mani (Sal 10, 2ss). Maria, nel suo cantico, proclama che Dio “ha guardato l’umiltà della sua serva, disperde i superbi e innalza gli umili”(Lc 1, 48ss).
vs 4, 3 : Non turbare un cuore già esasperato, non negare un dono al bisognoso.
Non turbare un cuore già esasperato: è pericolosa la disperazione dei poveri perché possono compiere gesti estremi.
vs 4, 4-5 : Non respingere la supplica del povero, non distogliere lo sguardo dall'indigente.
Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo, non dare a lui l'occasione di maledirti,
Il povero ti guarda, ti supplica: vuole incrociare il tuo sguardo, il tuo cuore.
vs 4, 6 : perché se egli ti maledice nello3089;amarezza del cuore, il suo creatore ne esaudirà la preghiera.
Il Siracide mette in guardia dalla “maledizione” che un povero può mandare quando si sente respinto. Egli ha motivi di maledire - sembra dire il testo - e Dio lo ascolterà. L’interlocutore non ha diritto di sentirsi offeso, perché ha costretto il povero a trattarlo male. Si può dire che Dio sta dalla parte del povero, perché in fondo costui chiede giustizia e Dio difende la causa giusta del povero. Il Siracide mette in guardia dalla poca generosità, dalla tristezza, dalla maledizione che nasce dall’amarezza. Invita, invece, all’affabilità. Che sentimento e tratto delicato implica l’affabilità!
vs 4, 7 : Fatti amare dalla comunità, e davanti a un grande abbassa il capo.
“Fatti amare dalla comunità”: l’ammonimento si allarga alle relazioni con il prossimo. Il sapiente si rende amabile all’interno dell’assemblea cittadina; è un preludio a varie esortazioni concernenti i rapporti con un uomo di governo o che ha responsabilità sociali. La sapienza si presenta come guida al buon governo, anche nella vita familiare e cittadina: bisogna essere umili davanti “al capo”, al responsabile, all’anziano.
vs 4, 8 : Porgi il tuo orecchio al povero e rendigli un saluto di pace con mitezza.
Porgi lo3089;orecchio al povero e rispondigli al saluto con affabilità.
vs 4, 9 : Strappa l'oppresso dal potere dell'oppressore, e non essere meschino quando giudichi.
Difendi l’oppresso dalle grinfie del prepotente; non farti dominare dall’oppressore nel giudizio. L’oppressione ingiusta è anche una forma dura di povertà, di impotenza. Difendere i deboli è un dovere del sapiente e di colui che teme Dio.
Vs 4,10: Sii come un padre per gli orfani, come un marito per la loro madre: sarai come un figlio dell'Altissimo, ed egli ti amerà più di tua madre.
Referente ultimo è Dio. Egli ama di amore paterno e materno colui che ama i poveri e ci difende. Il sapiente si comporta come Dio: padre per gli orfani e marito per le vedove. “E sarai come figlio dell’Altissimo, ed egli ti amerà più di tua madre”. Dunque chi ama il povero, l’orfano e la vedova, si comporta come Dio e fa sentire la presenza, l’amore di Dio per queste creature.
II. Meditatio
Cosa dice a noi questo testo biblico?
1. Solo amando i poveri si può diventare figli dello3089;Altissimo, che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, perché ama tutti, soprattutto i poveri. Il povero è un figlio dell’Altissimo; anche in lui c’è l’immagine di Dio, quindi anche il povero è fratello o sorella, membro della stessa “famiglia”. Is 58, 7 dopo aver parlato dello3089;affamato, del bisognoso, si sofferma sul digiuno che consiste “nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne”. Dunque: al povero - perché membro della tua famiglia - gli devi dare il pane, il tetto, il vestito e lo3089;attenzione ai bisogni. Quando Dio creò la donna, l’uomo disse: “Questa è carne della mia carne”, è della mia famiglia, è come me.
2. L’immagine biblica che mostra Dio come padre e madre sottolinea l’intensità e, insieme, la trascendenza dell’amore di Dio. L’Altissimo chiama suoi figli, e li ama più di una madre, coloro che non si rifiutano di dare ai poveri il necessario per la vita e li trattano con cuore di padre, di madre, di sposo. Ben Sira arriva a fondere l’orizzonte personale con quello sociale nell’ottica religiosa. Dio vuole umanizzare la sfera delle relazioni in cui entrano di diritto anche i poveri. E questa concezione della persona, della famiglia e della società segna una profonda differenza tra il mondo biblico-ebraico e la cultura ellenistica.
III. Oratio
Dio ci ha parlato nelle Scritture. Il dialogo è completo quando rispondiamo a Lui, dicendogli il nostro assenso, il nostro amen.
Insegnaci, Signore, a non amare noi stessi,
a non amare soltanto i nostri,
a non amare soltanto quelli che amiamo.
Insegnaci a pensare agli altri,
ad amare quelli che nessuno ama.
Signore, facci soffrire della sofferenza altrui.
Facci la grazia di capire che ad ogni istante,
mentre noi viviamo una vita troppo felice,
protetta da te, ci sono milioni di esseri umani,
che sono pure tuoi figli e nostri fratelli,
che muoiono di fame
senza aver meritato di morire di fame,
che muoiono di freddo
senza aver meritato di morire di freddo.
Signore abbi pietà di tutti i poveri del mondo;
abbi pietà dei lebbrosi, ai quali tu così spesso hai sorriso
quando eri su questa terra;
pietà dei milioni di lebbrosi,
che tendono verso la tua misericordia
le mani senza dita,
le braccia senza mani…
e perdona a noi di averli,
per una irragionevole paura, abbandonati.
E non permettere più, Signore,
che noi viviamo felici da soli.
Facci sentire l'angoscia della miseria universale,
e liberaci da noi stessi. Amen.
(Raoul Follereau)
IV. Contemplatio
L’ultima fase della lectio ci fa ritornare al nostro mondo, alla nostra società, alle nostre relazioni con le persone che incontriamo. La contemplazione è la luce che la Parola di Dio proietta sul nostro vissuto quotidiano e ci fa scoprire le vestigia di Dio che cammina accanto, dentro la nostra storia.
Mi pare che il Signore ci chieda di purificare il nostro sguardo per andare oltre le apparenze e scorgere nel povero la presenza spirituale di Cristo.
Ci sono forme di povertà pubbliche, conclamate, registrate dallo Stato: i senza lavoro, i senza tetto, le persone raccolte nei campi nomadi, gli accattoni ambulanti, talvolta fisicamente inabili o deformi. I loro volti, normalmente, non ci ispirano pensieri di contemplazione. Eppure, dovremmo andare oltre, guardare dentro le loro storie. I poveri, sono essenzialmente mendicanti di giustizia e di gioia.
Ci sono gli ammalati, gli anziani, gli handicappati psichici, le persone sole, prive di cultura, chiuse in piccoli mondi asfissianti.
La lista potrebbe allungarsi all’infinito. Quello che conta e che tutti possiamo fare qualcosa per loro, considerarli, guardarli, aprire dei varchi di comunicazione, dar loro un po’ di amore. La povertà non si vince dando cose, cibo o riparo. È l’amore che sconfigge in radice ogni forma di povertà economica e spirituale. Solo il “pane dell’amore” riesce a sfamare tutto l’uomo. Questo è il pane quotidiano che dobbiamo condividere con tutti, ricordandoci che lo abbiamo ricevuto in dono gratuito e gratuitamente dobbiamo condividerlo.