INTERVENTI

La strada di Dio

Messaggio per l'Avvento 2020

(pubblicato il 24-11-2020)
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"Date l’annunzio ai popoli: Ecco, Dio viene, il nostro Salvatore". All’inizio di un nuovo ciclo annuale, la liturgia invita la Chiesa a rinnovare il suo annuncio a tutte le genti e lo riassume in due parole: "Dio viene".

È possibile aprire il futuro e generare cose belle e nuove. Da dove cominciare per superare difficoltà e problemi? Non da una cattiva ma da una buona notizia. Inizio della bella notizia è Gesù. Marco mostra ciò attraverso un precursore, qualcuno che ha preparato la venuta di Gesù. Anche per noi, la Buona Notizia viene attraverso persone ed eventi che indicano il cammino che porta a Gesù. Nella vita, chi mi ha indicato il cammino verso Gesù? Ho aiutato qualcuno a scoprire il Vangelo? Sono stato precursore per qualcuno? Desidero essere testimone del Risorto?

Mc 1,1: Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Nella prima frase del suo Vangelo, Marco dice: Inizio della Buona Notizia (Vangelo) di Gesù, Cristo, Figlio di Dio! (Mc 1,1). Al termine del Vangelo, nel momento della morte di Gesù, un soldato romano esclama: Veramente, quest'uomo era Figlio di Dio (Mc 15,39). All'inizio e alla fine, c'è il riconoscere l'uomo Gesù, Figlio di Dio.

Mc 1,2-5: Il seme della Buona Novella da sempre è nascosto nella speranza. Marco cita i profeti Malachia e Isaia. La gente sperava che il messaggero, annunciato da Malachia, venisse a preparare il cammino del Signore (Ml 3, 1), secondo quanto proclamato dal profeta Isaia: «Voce di colui che grida: preparate il cammino al Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Is 40,3). Da secoli arriva la voce dei profeti che parlano dell'arrivo di Dio nella storia. Giovanni Battista concretizza al presente la venuta del Signore. viene nel deserto del cuore. Il deserto è il ritorno all'essenziale, dove incontriamo l'autenticità di noi stessi. Dio scende nel profondo della nostra umanità e invita a togliere ogni maschera, liberarci di ogni cosa superflua. Nel cammino verso il Natale il compito di Giovanni è di preparare la strada. Prima di Gesù dev'esserci Giovanni Battista. Prima che possa respirare Dio in me e risvegliare la mia parte divina che dorme, devo prendere consapevolezza delle mie fragilità. Dio ha spazio, può nascere, solo lì dove c'è libertà.

Mc 1,6: Giovanni non dà alcun valore al suo aspetto esteriore perché è coerente con se stesso; non ha bisogno né di vestiti, di maschere sotto cui nascondersi. Vestirsi bene è segno di decoro e anche di amore per sé. Ma quando il vestirsi bene è più importante della persona o il vestirsi bene serve a nascondere ciò che sta dentro, allora è schiavitù. Uomini sempre e solo vestiti bene, a puntino, ma che si nascondono dietro il vestito. Ma il Battista non è solo diverso nel vestire; è diverso in ciò che dice e fa. Per la sua libertà e per il coraggio della coerenza sarà imprigionato e ucciso da Erode. Giovanni non guarda in faccia nessuno, è un uomo che non si lascia condizionare né intimorire, ma in tutto aderisce alla volontà divina.Non seguiva nessuno e non gli interessava avere ammiratori. Una delle virtù più inseguite oggi è la compiacenza: lavorare tanto, così chi è a capo ti applaude, ti stima e se può ti promuove; oppure lavorare senza creare troppi problemi. «Convertitevi e fatevi battezzare»: l'unica condizione che il Battista richiede è non giocare con noi stessi e con Dio, non nascondere il male che è in noi, ma consegnare a Lui quello che siamo per cambiare mentalità e vita. Dio riparte da un germoglio, da chi è disposto a cambiare ancora e fa della propria appartenenza alla Chiesa un dono di cui essere custode e mai traditore. A Giovanni non interessa cosa diranno gli altri o se si attirerà le ire dei potenti, come Erode. Egli ama in maniera dura: provoca, ferisce, mette davanti alla verità, costringe a prendere le proprie responsabilità. La società è falsamente buonista. E invece noi abbiamo bisogno di credenti che ci mettano di fronte alle responsabilità e ci costringano a scegliere e accettare le conseguenze delle nostre scelte. Prova a rischiare la tua vita; osala, giocala, insegui un sogno, persegui un ideale, credi in qualcosa di grande. Rischiare vuol dire trascendersi, andare oltre se stessi, non accettare di essere solo questo, credere che si è di più. Convertirsi vuol dire rischiare, lasciare qualcosa e andare verso qualcosa di nuovo, che non conosco, sognare il possibile. Rischiare è generare nuove possibilità, è diventare più forti, diversi, nuovi; è nascere. Affrontare i problemi, mettersi in discussione e vedere i punti di vista dell'altro, fare una cosa che non si è mai fatta, farne una che si ha paura di fare, prendere l'iniziativa invece di aspettare che lo facciano gli altri, correre il pericolo di essere esposti al ridicolo, di essere rifiutati o esclusi; è fare quello che gli altri non si aspettano che noi facciamo; credere a qualcosa, anche se nessuno ci crede; è provarci; è andare con fiducia verso l'altro che è Dio.

Mc 1,8: Giovanni parla del battesimo d'acqua e di quello di fuoco, nello Spirito Santo. Il battesimo d'acqua è rendersi conto, di essere i figli amati di Dio. È il sentirsi avvolti, amati, percepire la nostra dignità: «Io sono figlio dell'Altissimo; non ho motivo, quindi, di aver paura». Il battesimo d'acqua è ciò che Dio ha fatto per noi. Il battesimo di fuoco, dello Spirito, invece, è diventare noi quello che siamo. È raggiungerci, purificarci come il fuoco che toglie le impurità; è partorirci tra fatiche, pianti, lotte e dolore; è diventare precursori, ricevendo lo Spirito Santo. Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo; avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni (cf At. 1, 5-8).

Mc 13, 33-35. Il tempo di Avvento non può non essere tempo di veglia e di vigilanza. Insistentemente Gesù ci avverte: state attenti, vegliate, vigilate come il portiere di casa. È precisamente questo l’impegno dell’Avvento: non dormire, ma vegliare, non essere distratti ma attenti. C’è, infatti, un torpore nel mondo, che addormenta lo spirito dell’uomo rendendolo indifferente a Dio che viene. Come pure, c’è tanta superficialità mista a banalità, fuga dal pensare e voglia solo di godimento, uno stato di stordimento morale che impedisce di percepire le cose spirituali e di avvertire che il Signore è vicino, è alle porte. Come non si può dormire né vivere distrattamente mentre il Signore viene, così non è consentita alcuna fuga dal presente e dalla storia. Non è possibile rifugiarsi nel presente e neppure fuggire nel futuro, bisogna rimanere nell’oggi e qui, perché Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13,8).

Nel primo Natale, Gesù è venuto dall’esterno per entrare al nostro interno. Lo stesso accadrà alla fine dei tempi, nell’ora della Parusia: Egli verrà dall’alto e dall’esterno. Ma oggi, finché siamo nell’attesa, viene a noi dall’interno verso l’esterno, erompe dal nostro cuore, attraversandolo per irradiarsi attorno a noi. È qui che dobbiamo preparare la via e tracciare il sentiero.

Sorge, così, la domanda: come il discepolo dovrà aspettare la manifestazione del Signore Gesù?

Gv 1, 8: Egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce. Il Battista è semplicemente una voce che annuncia, un testimone che attira. Il vero testimone indica il Signore, ma si fa subito da parte per non rubargli lo spazio. La testimonianza ha sempre come oggetto la persona di Gesù ed è ordinata alla fede perché tutti credano per mezzo di Lui. Ed è sempre collocata in un contesto di opposizione e giudizio. Il conflitto è tra la luce e le tenebre, l’accettazione e il rifiuto, tra la fede e l’incredulità.

Gv 1, 26: In mezzo a voi sta uno che non conoscete. Il Battista non attira l’attenzione su un Messia assente che verrà, bensì su un Messia già in mezzo a noi ma che noi non conosciamo. Giovanni è il testimone di un Dio già qui. La sua presenza è già fra noi, ma è da scoprire e non tutti la vedono, e perciò occorre che un profeta la indichi. È chiaro che ora tocca a noi credenti sostituire il Battista nell’additare al mondo un Cristo già presente, passando attraverso il nostro cuore, le fragilità, il deserto e tutte le crisi. È sufficiente restare svegli, spegnere per un istante l’interminabile film delle distrazioni: tutte cose che addormentano l’animo, invece di tenerlo in stato di veglia. Perché portiamo Dio in noi e non solamente in noi: il Signore viene anche in ciascuno dei nostri fratelli. Nella misura in cui siamo vigilanti nella presenza di Gesù in noi, la percepiamo anche negli altri. L’amore dell’uomo per l’uomo deriva dall’amore di Dio e non è un simbolo dell’amore dell’uomo per l’uomo.

Lc 1, 31: Maria Santissima ci guidi in questo Avvento con un cammino di autentica santificazione. Contempliamo la Madre Immacolata come la “strada” che Dio si è costruita per venire a noi e anche la strada che sicuramente porta a Dio. È proprio vero che si va a Gesù per Maria, ma Dio stesso, prima, è venuto per Maria all’umanità e continua a venire a noi. Il Signore ha deciso che tutto avessimo attraverso la Vergine discepola e sorella-

Tu Signore ci hai preparato una strada, Maria, che insegna la via dei tuoi precetti: questa è la strada, percorretela, caso mai andiate a destra o a sinistra (cf. Is 30, 21). Come afferma Guerrico d’Igny: «“sono stato fanciullo e ora sono vecchio” (Sal 36, 25) e se ricordo bene non ho mai visto uno stolto aggirarsi per la tua strada; ho visto solamente alcuni uomini saggi, che l’hanno percorsa sino alla fine». La prediletta è la Madre del tuo Figlio.

In sintesi, il Vangelo d’Avvento è un invito a levare il capo e guardare in alto. Levare il capo dai piccoli passi e dalla polvere della nostra storia personale, fino a vedere i grandi passi della storia di Dio. Il cristiano è esattamente il contrario di chi non si aspetta più niente. Egli annuncia che il segreto della sua vita è oltre lui. Qualcuno manca, Qualcuno verrà. Qualcuno ha sempre da nascere: Gesù Cristo, radice e senso dei giorni, sorgente e ultimo orizzonte (cf. D. Mongillo).

Avvento: quel tempo magnifico che sta tra il gemito delle cose e la venuta di Cristo, lunga ora fra notte e giorno. In esso il cristiano è al tempo stesso custode dei giorni e pellegrino dell’eterno: come vivere il quotidiano guardando negli occhi le creature e l’ultima storia «fissando gli abissi del cielo fino a bruciarsi gli occhi del cuore». (David M. Turoldo)? Con un cuore moltiplicato, attento alle voci della terra e a quelle del cielo. Per ottenere questo Gesù avverte: state bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano. «State bene attenti»! L’altro nome dell’Avvento è vivere con attenzione. Il dono dell’Avvento è un cuore che ascolta.

Turba, ai nostri giorni, tutta la malinconia degli occhi della gente. Forse la fonte ne è un cuore appesantito, incapace di vivere attento. Vivere attenti agli altri, alle parole e ai silenzi, alle domande mute, alle ricchezze dell’altro. Quanta ricchezza - che sprechiamo - vive accanto a noi! Ricchezza di sentimenti, di intelligenza, di bontà, di bellezza e di santità che non sappiamo vedere. Vivere attenti alle piccole cose, alla qualità dei giorni e delle relazioni interpersonali.

In questo senso l’Avvento non si restringe in un tempo dell'anno, ma è il mistero di tutto l'anno e di ogni giorno della vita. Perciò Avvento vuol dire anche camminare, perché l’Avvento per l’uomo è impegno di domanda e ricerca.

E se l’Avvento annuncia la venuta di Dio tra noi, allora Avvento non è tanto una venuta quanto una manifestazione della sua presenza. Egli è già qui. Perciò con S. Bernardo si può parlare di “sacramento dell’Avvento” per indicare la presenza di Cristo nel mondo. Sacramento perché rivela una presenza nascosta (latebat), ma anche perché questa presenza di Cristo, che dell'Avvento oggi per noi ne fa un “tempo di visitazione”, è memoria del primo Avvento passato e annuncio dell'Avvento futuro.