INTERVENTI

Si mise a scrivere con il dito per terra

Convegno delle Chiese di Capitanata in preparazione alla 49° settimana sociale di Taranto

(pubblicato il 15-05-2021)
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Per avviare l’atteggiamento nuovo dentro il creato, mi piace sottolineare una linea di continuità tra Laudato si’ e Fratelli tutti, encicliche di Papa Francesco, che invitano a tenere assieme agricoltura e legalità, terra e umanità, giustizia ambientale e giustizia sociale, rapporto con la natura e relazioni interpersonali. È possibile realizzare ciò se ci si sofferma sul termine biblico “custodire”, un verbo capace di contenere sia il senso di responsabilità dell’uomo sul creato a lui affidato, ma anche l’averne cura a vantaggio di tutti. C’è, infatti, reciprocità tra natura ed essere umano e non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia (Cf. LS, 118). Tutto è carezza di Dio (Cf. LS, 84) e la stessa fede cristiana deve cercare un’alleanza tra umanità e ambiente, e quindi un’autentica fraternità universale (Cf. LS, 228).



Nella sapienza della creazione è scritto (Cf. Il pianeta che speriamo…, Lineamenta, 7-11) il legame tra uomo e creato, tanto che possiamo affermare che non si può custodire il creato senza custodire il fratello. Adamo, uomo fatto di terra, deve custodire e coltivare il giardino con la stessa cura richiesta per il fratello. Ciascuno non può essere fratricida e rispondere al Signore: sono forse io il custode di mio fratello?



Quando non custodisci il fratello tu ferisci la terra, madre che ci accoglie tra le sue braccia (Cf. LS, 1). Di qui la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso. Non rendiamo muta la legge della terra per non rendere insignificante la fraternità (Cf. FT, 113; 117). Cresca tra noi la convinzione che solo una visione dell’uomo autentica e integrale permetterà di prendersi cura del nostro pianeta a beneficio della presente e delle future generazioni, contribuendo alla fraternità dentro la famiglia umana (Cf. FT, 150).



Tra i gesti più inconsueti di Gesù c’è quello di chinarsi a terra e scrivere con il dito su di essa (Cf. Gv 8, 6). Egli voleva ricordare che la Legge, scritta con il “dito di Dio” (Cf. Es 31, 18), in forza della quale i capi denunciavano la donna, restava incomprensibile se dissociata dalla legge della terra, essa pure segnata dal dito di Dio. La terra è l’unico alfabeto con il quale il Creatore, fin da principio, ha composto sia il mondo che Adamo, il plasmato dalla terra. Tutti, allora, siamo figli della terra, originariamente legati da un’unica sostanza che apparenta e affratella ben prima di ogni affetto, pensiero e decisione. Siamo fratelli e sorelle prima di desiderarlo o di prenderne atto (Cf. FT, 149; 243). Il che implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura. Ogni comunità può prendere dalla bontà della terra tutto ciò di cui ha bisogno per la propria sopravvivenza, ma ha anche il dovere di tutelarla e di garantire la sua fertilità.



Del Signore è la terra, a Lui appartiene tutto ciò che contiene (Cf. Dt 10, 14). Ne consegue che non può esserci autentico rispetto per la terra se prima non vi è rispetto, compassione, solidarietà per l’umano, soprattutto per chi è ferito nella sua dignità a causa di condizioni di vita disumane. Un vero approccio ecologico incorpora, dunque, un riferimento alla giusta distribuzione dei beni comuni universali e ai diritti fondamentali della persona. Ecco perché prospettiva ambientale e prospettiva sociale risultano in relazione di complementarietà. E in quest’ottica che siamo invitati a riflettere sulla pericolosità di parametri esclusivamente tecnici. La tecnica e la scienza, frutti della creativa intelligenza umana, hanno favorito e alimentato il processo di umanizzazione, risolvendo molti problemi e migliorando le condizioni di vita e di salute. Nello stesso tempo, però, un uso non regolato di esse ci espone a rischi molto forti per la nostra stessa sopravvivenza. Una sfida di cui anche la crisi finanziaria mondiale, radicata nella ricerca dell’utile e del profitto, rappresenta una testimonianza significativa. Occorre convertire lo sguardo, per guardare più in là e più in profondità verso l’essenziale della vita. Cerchiamo insieme, è questo l’invito di papa Francesco, un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale. Proviamo a divenire amministratori responsabili del reale. Così inizieremo un processo di risanamento delle relazioni con il mondo circostante.



Attivare processi umanizzanti e una nuova coscienza ecologia è compito di tutti gli uomini e specialmente di coloro che hanno ruoli nella governance delle nazioni. Servono però anche azioni collettive dal basso: stili di vita e comportamenti individuali in linea con l’esigenza di un’economia compatibile, con il rispetto della vita e della dignità di tutti: piccoli gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo.



Una nuova armonia tra uomo e ambiente potrà darsi solo, allora, se sarà figlia della consapevolezza che il dominio e il potere non bastano per dare senso e gioia al cuore umano, l’accumulo e il consumo non placano il desiderio di pienezza e di compimento che alberga nel cuore (Cf. FT, 147). Di qui un impegno forte, preciso per il compimento di un’operosa conversione ecologica, fondamento indispensabile di una nuova cittadinanza ambientale. Un appello forte, ispirato dalla fiducia nelle persone e nelle loro capacità di bene (Cf. Lineamenta…, 17).



Non dimentichiamo il nostro ruolo di educare le coscienze alla solidarietà, al rispetto e alla cura con nuovi stili di vita e politiche pubbliche, che ci permettono di sfuggire all’individualismo e al consumismo.