OMELIE

Morte e vita camminano insieme

Omelia di Mons. Ferretti del 06-02-2018

Esequie di d. Fausto Parisi

La liturgia funebre può diventare per noi una vera meditazione sulla morte, specialmente in una cultura dove il memento mori (ricordati che devi morire) non gode di molta popolarità. Preferiamo, infatti, parlare della morte degli altri, tentando di rimuovere la nostra, tanto che, pur se credenti, veniamo infastiditi da parole quali morte e giudizio; inferno e paradiso. Preferiamo restare, così, imprigionati nel labirinto egoistico del momento. Eppure, ricorda Papa Francesco, la morte è fatto, eredità e memoria. Non siamo eterni, né effimeri, ma uomini e donne in cammino nel tempo, tempo che incomincia e finisce. La morte avviene, anche se pensiamo di esorcizzarla con il vociare di piazza e l’affanno per il benessere. La morte è eredità. Chiediamoci quale eredità lascerei se Dio, oggi mi chiamasse? Quale eredità di bene, di affetti, di gratitudine, di speranze mi lascerei dietro? La morte, poi, è memoria per riflettere: quando morirò, cosa mi sarebbe piaciuto fare in questa decisione che io devo prendere oggi, nel modo di vivere di oggi? La memoria della morte è una memoria anticipata, che può illuminare il vissuto, la quotidianità di ciascuno. Il pensiero del morire, infatti, orienta le decisioni delle mie giornate e la coscienza della morte diventa come un faro nei progetti e nello stesso uso del tempo. In quel giorno che verrà, in un attimo, sfogliando gli anni come le pagine di un album, guardandoci indietro, forse avremmo voluto agire diversamente. Perché rimpiangere allora quell’aiuto non dato, quegli abbracci negati, quelle parole inutili? Signore Gesù, aiutaci a guardare la vita alla luce della coscienza che moriremo. In questa prospettiva quante cose sarebbero ridimensionate, quanto odio sarebbe annullato, quante ferite diventerebbero ricche di sogno. Partiamo dalla memoria e dalla certezza della morte per riempire la vita di benedizione. Morte e vita camminano insieme. Forse, nel cammino spirituale dovremmo riprendere l’esperienza dell’esame di coscienza e della preparazione alla buona morte, pratiche che educavano a riflettere, come se l’oggi fosse l’ultimo della nostra esistenza terrena. Un esercizio non lugubre, ma che dona al cuore il coraggio della libertà interiore e l’ossigeno della verità che non tramonta. Carissimi, il tempo è breve e la pienezza è oltre – ci ricorda l’Apostolo –, ma questo non comporta l’abbandono delle cose e l’indifferenza nei loro riguardi. Piuttosto esige una attenta vigilanza, perché gli affari, il matrimonio, l’uso del mondo, persino la gioia e il dolore, non pretendano di farsi assolute, ma restino relative, al loro posto. L’affanno e l’eccesso di preoccupazioni toglie la gioia di vivere. “Come se non” è una espressione che dice molto efficacemente un modo di vivere che riconosce il primato di Dio. Nessuna cosa al mondo è il tutto dell’uomo, fatto per Dio e non per questo mondo. Se vedi le cose come il tutto, ti deludono. Se le vedi come l’anticipazione di una pienezza futura, ti allargano il cuore. Il Signore Gesù, Pastore dei pastori, conceda a don Fausto la vittoria sulla morte e la gioia del suo Regno.