OMELIE

La singolare “diakonia” dell’annuncio

Omelia di Mons. Ferretti del 30-09-2018

Ordinazione diaconale di Claudio Nuzzi - parrocchia san Giuseppe artigiano

Carissimi,

due uomini profetizzano, parlano di bene nel nome di Dio, anche se non sono stati a pregare nell’accampamento assieme a Mosè. Impediscilo – esclama Giosuè – servitore di Mosè, che risponde: sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore. Simile situazione viene descritta nel Vangelo odierno dove Giovanni, turbato, dice a Gesù «Maestro, abbiamo visto che uno scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva. E Gesù: non glielo impedite, chi non è contro di noi è per noi». Stiamo attenti alla nostra vita di credenti, perché veniamo continuamente tentati da quella gelosia spirituale, che è tra le forme peggiori di ricchezza che attira il terribile giudizio dell’apostolo Giacomo: «Ora voi ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi» (Gc 5,1). Accogliere il Vangelo implica una relazione di amorevole appartenenza al Signore, evitando il peccato di sentirci migliori e più giusti degli altri, di avere in quello che pensiamo e realizziamo l’approvazione di Gesù, sempre dalla nostra parte. Non è secondo il Vangelo giudicare gli altri perché non sono dei nostri, in quanto mancanti del certificato della parrocchia, del gruppo, del movimento o dell’associazione. Non sono dei nostri: lo ripetiamo noi sacerdoti, i movimenti ecclesiali, i gruppi e i partiti, le classi sociali e le nazioni. Ma chi non è contro Gesù, è con Gesù. Scegliamo, perciò, di essere di Gesù, l’uomo che non ha conosciuto barriere, costruito muri, il cui messaggio è semplice e consolante: dare un bicchiere d’acqua, cioè seminare amore, essere amici del genere umano. Perché la gente di Chiesa è gelosa di chiunque faccia del bene? Perché pensiamo che esclusivamente noi praticanti portiamo la verità? L’autorità e il prestigio, l’orgoglio e la supponenza, l’esclusione e l’antipatia, sono di intralcio e di inciampo alla fede dei semplici. Quante arroganti discussioni tra noi, abuso di potere, programmi pastorali poco concreti e intempestivi, chiusura del cuore a chi è nella solitudine, nella tristezza e nel dolore. Spesso ci scandalizziamo…al contrario siamo noi di scandalo e le nostre comunità ecclesiali non sono più trasparenza della presenza di Gesù. C’è da tagliare e gettar via. Occorre vigilare sul proprio agire (mani), sul proprio comportamento (piedi), sulle proprie relazioni (occhi) per non divenire ostacolo al cammino di fede dell’altro. Al contrario purifichiamo il cuore e manifestiamo la bellezza accogliente di Dio, rendendolo accessibile a tutti. Caro Claudio, il diacono non è un impiegato o un funzionario ecclesiastico a tempo parziale, ma un  ministro della Chiesa. La sua non è una professione, bensì una missione evangelizzatrice. Vorrei che ascoltassi le voci di tanti che ci chiedono: credete veramente a quello che annunciate? Vivete quello che credete? Predicate veramente quello che vivete? La testimonianza della vita è diventata più che mai una condizione essenziale per l’efficacia profonda della predicazione. Che ne è della Chiesa ai nostri giorni? È radicata nel cuore della nostra gente, interpella il cuore dell’uomo? Rende testimonianza di solidarietà? È ardente nella contemplazione e nell’adorazione, come pure nell’attività missionaria e caritativa? Anche tu come diacono dovrai dare risposte a questi interrogativi, assumendo la responsabilità di abbracciare il Vangelo, approfondirne nella fede il messaggio, con una profonda vita interiore, amarlo e testimoniarlo con le parole e le opere. «Il protomartire santo Stefano che, come afferma sant’Ireneo, per primo fu scelto tra gli apostoli per il servizio e san Lorenzo romano che eccelleva su tutti distinguendosi non soltanto nella celebrazione dei sacramenti ma anche nella gestione del patrimonio ecclesiastico ti siano di esempio» (Paolo VI, 1967)
+ Vincenzo Pelvi