OMELIE

Chi dite che io sia?

Omelia di Mons. Ferretti del 23-10-2015

Omelia nella celebrazione Eucaristica per la dedicazione della chiesa Cattedrale
e l’imposizione del Pallio

Cattedrale, 23 ottobre 2015

Eccellenze Reverendissime, Autorità, cari amici,

nell’episodio raccontato da Matteo, Gesù interroga i discepoli: cosa dice la gente del Figlio dell’uomo? Ma voi, chi dite che io sia?           
Due modi di vedere e conoscere Gesù: uno – quello della folla – più superficiale; l’altro – quello dei discepoli – più penetrante e autentico. Con la duplice domanda, Gesù invita a prendere coscienza di questa diversa prospettiva. La gente non manca di avere la sua piccola idea su di lui e per definirlo ricorre a note figure bibliche. Ma Gesù è incomparabile. Nessuno, per quanto perfetto, può essere paragonato a lui. La carne e il sangue non sono in grado di capire chi sia Gesù Cristo. Occorre una luce dall’alto, il Padre in persona rivela il Figlio a chi vuole e quando vuole (cf. Mt 11,27). Il compimento della fede è Cristo, il compimento della nostra fede è il Figlio di Dio. Cosa dovremmo desiderare di sapere oltre Cristo? (cf. S. Ambrogio).   
Pietro va oltre la folla ed esclama: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Solo il Padre può attirarci verso il Figlio e rivelarlo secondo il suo amore (cf. Gv 6,44) concedendo anche a noi, come a Pietro, la confessione di una fede certa e di un’adesione gioiosa.
Il cuore di Pietro è il cuore che si spinge in avanti, che non si risparmia, non pesa, non calcola: il cuore di cui ha bisogno il Signore per la sua Chiesa. Ancora oggi e per i secoli futuri, il cuore della Chiesa batte e ama con il cuore del Successore di Pietro.         
La cattedra di Papa Francesco non è un regno, neppure un trono. È la cattedra del servizio, del sacrificio, del martirio. Non è una cattedra inventata dagli uomini. Gli uomini ne hanno in­ventate tante, ma quella del Papa è la stessa di Pietro, l’apostolo chiamato da Gesù. E noi, alunni di questa cattedra, amiamo il Papa, scelto dallo Spirito Santo a reg­gere la Chiesa di Cristo. Egli è la bocca della verità, l’apo­stolo della pace, della giustizia, della fraternità, della li­bertà, il custode della dignità umana.   
«Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (Mt 16,18). Cosa dice il Signore a Pietro con queste parole? Cosa dice alla nostra Chiesa?      
Osserviamo che nel vangelo Gesù pone le domande in un momento decisivo della sua vita, quando dopo la predicazione in Galilea, egli si dirige risolutamente verso Gerusalemme e, per la prima volta, presenta ai discepoli che il cammino verso la Città santa è verso la croce e la risurrezione. I discepoli sono coinvolti in questa decisione. Gesù chiede di fare una scelta che li porterà a distinguersi dalla folla per diventare la comunità dei credenti in lui, la sua “famiglia”, l’inizio della Chiesa.       
Continuamente il Signore è in cammino verso la Croce, verso l’umiltà dell’agnello, ma al contempo è sempre anche in cammino verso la vastità del mondo, nella quale Egli ci precede come Risorto, perché nel mondo rifulga la luce della sua parola e la presenza del suo amore. Per la Chiesa il Venerdì Santo e la Pasqua esistono insieme; essa è sia il grano di senapa sia l’albero fra i cui rami gli uccelli del cielo si annidano. La Chiesa – e in essa Cristo – soffre anche oggi. In essa Cristo viene sempre di nuovo schernito e colpito; sempre di nuovo si cerca di spingerlo fuori del mondo. Sempre di nuovo la piccola barca della Chiesa è agitata dal vento dell’individualismo. E, tuttavia, proprio nella Chiesa sofferente Cristo è vittorioso. Nonostante tutto, la fede in Lui riprende forza sempre di nuovo. Il Signore resta nella sua Chiesa. Così anche nel ministero di Pietro si rivela, da una parte, la debolezza di ciò che è proprio dell’uomo, ma insieme anche la forza di Dio. Proprio nella debolezza degli uomini il Signore manifesta la sua forza; dimostra che è Lui stesso a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa.    
Carissimi, in questa solenne celebrazione della Dedicazione della Cattedrale, vi invito ad amare la Chiesa come un figlio ama la madre che gli ha dato la vita. Doniamo noi stessi, totalmente e generosamente a questa nostra Chiesa degna di amore anche quando qualche ruga copre il suo volto. La Chiesa è dono dall’alto, che va accolto incessantemente con la preghiera e il ringraziamento, perché è lei a mostrarci la bellezza dell’incontro con Gesù capace di cambiare il cuore e la vita.

La tua misericordia, Signore continui a purificare e a rafforzare la tua Chiesa e, poiché non potrebbe restare integra senza di te, governala sempre con la tua grazia.                      

Accompagni questa nostra invocazione la potente intercessione della Beata Vergine Iconavetere, alla cui protezione affidiamo le città e i paesi della Metropolia.