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Il poco che siamo

Messaggio dell'Arcivescovo mons. Pelvi nella solennità del Corpus Domini

(pubblicato il 19-06-2022)
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Foggia – Parrocchia Sacro Cuore, 19 giugno 2022



 



Carissimi,



nel racconto della moltiplicazione dei pani, che è al centro dell’odierna solennità liturgica, desidero soffermare l’attenzione non tanto sul gesto di Gesù che sfama cinquemila persone, quanto sul dialogo che egli apre con i discepoli.



Costoro vedono il bisogno della gente e dicono: «congeda la folla perché vada nei villaggi vicini e nelle campagne per alloggiare e comprare cibo». Gesù non li ascolta e comanda: «date voi stessi da mangiare», insegnando come il verbo comprare venga sostituito dal verbo condividere. Per il Signore, le cose che ciascuno possiede – anche cinque pani e due pesci – sono dono di Dio, da godere con gli altri e non a scapito degli altri.



Carissimi, anche noi come gli apostoli, ci interessiamo delle difficoltà degli altri, ma non offriamo soluzioni al loro disagio. Preferiamo pensare che ognuno risolva i suoi problemi. Crediamo che l’indifferenza ci renda immuni da colpe, mentre essa ci fa diventare insensibili alle lacrime e ci abitua al dolore di chi ci vive accanto.



Stasera Gesù ci dice:



Date voi stessi da mangiare, dinanzi ad episodi di brutalità e violenza, generata da quella cultura del benessere che porta a pensare a se stessi, vivendo in bolle di sapone che sono belle ma sono nulla.



Date voi stessi da mangiare, per non abituarvi a un linguaggio volgare, a violenze urlate, a gesti offensivi, a rivalità istituzionale.



Date voi stessi da mangiare, quando viene tolta la dignità, perché ci sono investimenti senza progettualità; mercato senza responsabilità; tenore di vita senza sobrietà; efficienza tecnica senza coscienza; politica senza società; privilegi senza ridistribuzione; consumo senza lavoro. Di qui l’urgenza di inaugurare la stagione dell’accoglienza che non è frutto di buonismo, ma per noi credenti è scegliere di testimoniare lo stile di Dio nel vissuto quotidiano.



Date voi stessi da mangiare, costruendo fraternità, a partire dalla diversità, cosicché gli uomini e le donne siano incoraggiati da sguardi di amore, da mani accoglienti, da volti che perdonano, da sorrisi contagiosi e da occhi riconoscenti.



Date voi stessi da mangiare, perché sono tante le forme di fame attorno a noi. Incontriamo ogni giorno famiglie costrette a lasciare la loro terra per cercare forme di sussistenza altrove; orfani che hanno perso i genitori o che sono stati violentemente separati da loro per un brutale sfruttamento; giovani alla ricerca di una realizzazione professionale ai quali viene impedito l’accesso al lavoro per politiche economiche miopi; vittime di tante forme di violenza, dalla prostituzione alla droga, e umiliate nel loro intimo.



Quante volte vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere il frutto dello scarto e del superfluo, per trovare qualcosa di cui nutrirsi o vestirsi! Diventati loro stessi parte di una discarica umana sono trattati da rifiuti, senza che alcun senso di colpa investa quanti sono complici di questo scandalo.



Dramma nel dramma, non è consentito loro di vedere la fine del tunnel della miseria. Si è giunti perfino a teorizzare e realizzare un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza. Vagano da una parte all’altra della città, sperando di ottenere un lavoro, una casa, un affetto…



Date voi stessi da mangiare: lavoriamo insieme per il bene comune. Tutti, giovani e adulti, siamo cittadini e abbiamo una vocazione al servizio del bene comune. Orizzonte e fine di questa vocazione è la buona politica, amica delle persone, inclusiva, che non lascia ai margini nessuno, ma tiene il timone fisso nella direzione del bene di tutti. L’impegno concreto e responsabile in politica non è potere, si costruisce dal basso con pazienza e diventa servizio di chi non si lascia corrompere e accetta quasi un martirio quotidiano per cucire reti di incontro e solidarietà.



Carissimi,



l’Eucaristia è fonte della vita stessa di Dio quale Gesù ci comunica con il dono di tutto se stesso. Ci sono gesti, anche tra quelli che compiamo noi, nei quali riusciamo a mettere qualcosa di noi stessi, quando sono gesti autentici, sinceri, che vengono dal cuore. Pensiamo, ad esempio, a una madre che nutre il suo bambino. Ora, ciò che a noi è possibile solo in parte, lo è in maniera piena e profonda al Signore che nel gesto del pane spezzato ha messo tutto se stesso. Mangiando quel pane riceviamo la vita stessa di Dio, la sua forza, il suo sostegno, il suo perdono. Anche in questo caso, non si tratta di una forza qualunque, bensì della possibilità di essere simili a lui, di avere la sua stessa capacità di spendersi, di sacrificarsi, di donare se stessi, di morire per amore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.



Perché questo avvenga, è necessario imparare a mettere a disposizione il poco che siamo e a mettere gli altri a proprio agio e possibilmente comodi alla tavola della nostra vita: non mancherà nulla se non mancherà a nessuno.



+ Vincenzo Pelvi

Arcivescovo