INTERVENTI

Senza la famiglia non possiamo vivere

Lettera pastorale per l'anno 2016/2017

(pubblicato il 14-11-2016)
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Senza la famiglia non possiamo vivere - Lettera pastorale per l'anno 2016/2017



La Chiesa di Foggia - Bovino ascolta la voce degli operatori della pastorale familiare, giovanile e vocazionale, che invoca un percorso ordinato per realizzare obiettivi da perseguire, senza personalismi che generano lacerazioni e rallentano gli sforzi comuni.    

Oggetto della nostra attenzione non è la famiglia in astratto, ma sono le famiglie concrete, nella loro diversificazione socio - culturale, ma anche pastorale. Occorre pertanto diversificare gli interventi pastorali nei confronti delle famiglie che vivono profondamente la loro fede, delle famiglie nelle quali la fede è superficiale, delle famiglie che hanno perduto o mai hanno avuto una memoria evangelica.



Promuovere la soggettività pastorale 

Nel nostro territorio ci sono famiglie che vivono profondamente la fede cristiana. Grazie a Dio, sono ancora molte. Esse costituiscono il nucleo portante delle parrocchie e della comunità diocesana; offrono il maggior numero di operatori pastorali; sostengono anche economicamente diverse attività e sono sinceramente impegnate nella educazione cristiana dei figli, rendendo testimonianza efficace nel loro ambiente.    

Tuttavia, la maggior parte di esse vive di rendita spirituale sul patrimonio di fede ricevuto dalla propria tradizione familiare, ma scarsamente alimentato da una cura pastorale specifica e adeguata. Il loro sostegno viene dalla grazia dei sacramenti e dalla preghiera. Sono ancora escluse, nella maggioranza dei casi, da un protagonismo pastorale che pure competerebbe loro. La centralizzazione delle attività pastorali ha sottratto loro la catechesi dei figli e, per conseguenza, ha svuotato la catechesi familiare. In realtà una concezione fiscale della preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana ha tolto questo compito anche alle famiglie che sarebbero state in grado di assolverlo. Gli stessi gruppi di famiglie cristiane a volte sono state scoraggiate dal prendere iniziative per incontri di spiritualità, riflessioni sulla parola di Dio, per catechesi rispondenti alle proprie esigenze di vita e di fede, per l’esercizio delle opere di misericordia. Come pure nessuna celebrazione liturgica viene promossa nell’ambito familiare, neppure per le numerose proposte del Benedizionale, che concorrerebbero a far prendere maggiore consapevolezza del sacerdozio comune dei battezzati come pure la convinzione di essere soggetto e non solo oggetto dell’attività della Chiesa. La maggior parte delle famiglie, poi, neppure sa quanta possibilità di esercizio della dimensione caritativa rientri nei suoi diritti e doveri.    

Occorre ovviare a tale carenza, ma, senza una promozione della soggettività familiare nell’azione profetica, sacerdotale e caritativa, l’annuncio del Vangelo resterebbe disincarnato, si ridurrebbe a pura informazione dottrinale e indicazione normativa. Certo la promozione di questa soggettività familiare non comporta sottrazione delle famiglie cristiane alle esigenze comunitarie della Parrocchia. Anzi, la crescita spirituale e pastorale delle famiglie garantirebbe un miglior servizio alla comunità parrocchiale e allenterebbe l’insieme di attività che, spesso, fa apparire la Parrocchia come una agenzia di servizi. 



L’azione della parrocchia

La Parrocchia deve essere promotrice dell’impegno missionario delle persone e delle aggregazioni, esercitando il carisma della sintesi e non sostituendosi ai carismi che lo Spirito liberamente distribuisce come a Lui piace (cfr. 1 Cor 12,11). Inoltre la Parrocchia deve essere promotrice anche della più vasta ministerialità personale, moltiplicando gli evangelizzatori delle famiglie. Soprattutto nelle Parrocchie che hanno un considerevole numero di famiglie, la visita pastorale del Parroco deve diventare un evento realizzabile permanentemente e non un fatto episodico. La pastorale delle famiglie richiede continuità. Promuovere una ministerialità specifica per questo settore costituisce una urgenza e una necessità. Tutti gli operatori pastorali dovrebbero assumere questo ministero, stabilendo rapporti cordiali con le famiglie, aprendo varchi attraverso i quali giunga la Parola di Dio. Le famiglie che incontriamo quotidianamente con i loro volti, le loro storie, con tutte le loro difficoltà sono una opportunità che Dio ci mette davanti e che sfida sacerdoti e fedeli a suscitare una creatività missionaria capace di abbracciare tutte le situazioni concrete. La Parrocchia deve perciò promuovere una catechesi familiare non puramente occasionale, ma inserita profondamente negli itinerari di fede per tutte le età, così che, quando i giovani giungono al matrimonio, gli incontri prematrimoniali siano momenti di verifica e di approfondimento e non costituiscano la prima e forse unica informazione circa gli impegni derivanti dal sacramento e il disegno di Dio sulla famiglia. Nella programmazione pastorale, la Parrocchia trovi la collocazione opportuna ed ampia della catechesi familiare, come invito delle famiglie cristiane non solo di quelle che vengono o sono nelle Parrocchie ma le famiglie dei nostri quartieri che non vengono. L’anima della Parrocchia è capacità di vicinanza e di audacia, e impone di uscire dalle dichiarazioni di principio, perché ogni fedele diventi artigiano che nel cuore della gente faccia risvegliare il sogno di Dio sulla comunità coniugale e familiare. Nell’azione del Parroco e in quella ministeriale delle famiglie e dei singoli operatori pastorali più maturi umanamente e cristianamente, ci sia attenzione per le famiglie ferite. Senza la presunzione di risolvere rapidamente e con formule banali problemi difficili, con discrezione e pazienza si faccia avvertire il calore della Comunità e quello personale, si inviti alla preghiera, si offra il consiglio e l’accompagnamento, particolarmente per quanto riguarda la condizione in cui vengono a trovarsi i figli. 



Famiglie e giovani

Famiglia e giovani sono soggetti che devono integrarsi ed interagire: la famiglia perché nei giovani ha la sua continuità non solo biologica, ma spirituale e missionaria; i giovani perché nella famiglia hanno le loro radici e la loro prospettiva umana e cristiana. Il luogo primo e privilegiato dell’azione pastorale è la famiglia stessa, nella quale si formano i suoi membri, dall’infanzia alla età adulta. L’attenzione pastorale non deve essere generica ed astratta, ma deve tener conto del concreto vissuto delle famiglie, nella varietà delle situazioni, nella molteplicità degli influssi che si esercitano su di essa e particolarmente sui suoi membri più vulnerabili, quali sono non solo i fanciulli, ma anche i ragazzi e i giovani. Il dialogo deve essere sostenuto ed alimentato dalla preghiera e dalla carità familiare, dall’amore cioè che non deriva soltanto dai legami di sangue, ma è riflesso dell’amore di Dio e si manifesta nelle circostanze liete e tristi, gratificanti o mortificanti della vita personale e familiare. Ma famiglia, giovani e Parrocchia camminano insieme. Infatti la Parrocchia è il luogo nel quale i giovani, dopo aver ricevuto la prima iniziazione cristiana, sperimentano i gradi della loro maturazione in un contesto più vasto e più variegato rispetto alla famiglia, ma verificano i grandi valori che la famiglia ha trasmesso ed anche le lacune che devono contribuire a riempire, facendo da veicolo di scambio tra la famiglia di origine e la grande famiglia parrocchiale ed apprendendo, al tempo stesso, i criteri per la formazione futura di una propria famiglia o per guidare, con il carisma di una consacrazione speciale, una comunità di famiglie.

Nel tessuto delle nostre Parrocchie non possiamo trascurare l’esperienza dell’oratorio, spazio per qualunque forma di accoglienza, di incontro, di aggregazione per ragazzi e giovani, oltre che per gli adulti. Ma un rapido accenno va dedicato ad uno spazio che sembra terra di nessuno, ma che, in realtà, diventa terra dei persuasori occulti e, a volte, dei venditori di morte. Intendo riferirmi alla strada, alle piazze, dove, soprattutto in particolari giorni e in particolari ore del giorno e della sera, si riuniscono, ragazzi e giovani in gran numero. Perché? a fare che cosa? Vien fatto di pensare, parafrasandola, alla domanda del vignaiolo evangelico agli operai fermi sulla piazza: «perché state qui oziosi per tanto tempo»? E la risposta, rapportata al nostro tema, è drammatica: «perché nessuno ci ha chiamati». Questi ragazzi e giovani sono potenziali costruttori delle famiglie e della società di domani; avrebbero già dei ruoli da esercitare al riguardo. E invece stanno lì, inoperosi, a coltivare forse le spinte meno nobili del loro spirito. E non hanno altre alternative che le discoteche e le sale da gioco. Ad essi non sono offerti spazi aggregativi e non ci sono categorie di educatori che si occupino di loro proprio a partire dalla strada e dalla piazza. In questa visione progettuale è necessario ed urgente restituire ai laici quegli spazi di loro competenza che vicende storiche hanno a lungo sottratte.    

Anche la separazione di associazioni, movimenti e gruppi dalla vita di non poche comunità parrocchiali trova alimento e persino giustificazione nella negazione o eccessiva limitazione degli spazi pastorali riconosciuti ai laici. La cura di una pastorale familiare e giovanile passa anche per la scuola, in cui i messaggi e le proposte culturali si sovrappongono, non sempre riuscendo a fornire ai giovani chiavi di lettura sufficienti per la scelta di un sistema di valori. Ma la scuola non deve essere considerata come un’isola separata dal resto della società ed autonoma rispetto alla famiglia. Insegnanti cristiani, alunni, genitori devono farsi promotori di iniziative e proposte intorno ai valori della vita e al futuro della società, utilizzando le risorse e le dinamiche proprie della scuola (lezioni, organi collegiali, attività extrascolastiche, momenti formativi particolari). La scuola in quanto luogo educativo è strettamente congiunta alla famiglia (prima e responsabile realtà educativa) e alla comunità ecclesiale e civile. La scuola non è fine a se stessa, ma a servizio della piena ed integrale formazione della persona libera e responsabile dell’alunno per accompagnarlo sulla via della cultura e della vita in vista del suo inserimento nella società. Oggi la crisi di fiducia e di autorevolezza educativa, che attraversa la famiglia e la scuola, rendono difficoltoso questo decisivo lavoro. Altre agenzie hanno un impatto molto più forte e dirompente sulla personalità dei ragazzi e dei giovani: pensiamo ai mass-media e ai nuovi linguaggi. Diventa allora importante avviare un patto educativo tra queste tre realtà per intensificare i loro rapporti, il dialogo e la collaborazione in vista di un’azione armonica e concordata, che sostenga con forza alcuni obiettivi e contenuti fondamentali per la formazione. La straordinaria capacità del Vangelo di trasformare, purificare ed arricchire ogni contenuto umano, rispettandone la libertà a servizio della piena promozione della persona umana, fa sì che non ci sia estraneità tra scuola e proposta culturale cristiana. Con realismo si potrebbe tentare almeno un incontro tra catechisti ed animatori parrocchiali o di associazione e movimenti ed insegnanti di religione. Sarebbe già un primo passo per una conoscenza e un dialogo da avviare sul territorio. Si spera che il raccordo vada al di là e si consolidi con opportune iniziative e proposte nel corso dell’anno. 



Tre «laboratori» in connessione alle tre virtù teologali

Un laboratorio di fede. La meta da raggiungere è l’adesione personale al Signore Gesù, a partire dal Vangelo che ci narra di Gesù e del suo mistero, ma anche da una lettura d’ogni persona e d’ogni situazione, d’ogni fatto e d’ogni progetto, per scorgervi l’amore di Dio che ci interpella. Tutto diventa luogo di ricerca, in cui sia possibile porre le domande più difficili e più vere, forse anche più dolorose e combattute, senza paure; di confronto non solo teorico tra la vita di ogni giorno con i suoi innumerevoli problemi e la rivelazione di Dio-amore; di scoperta e di adesione vitale, anche se graduale, a Cristo, parola comprensibile dell’amore di Dio. È chiaro poi che si deve arrivare all’incontro decisivo con la parola di Dio, da cui nasce l’appello alla fede.

Un laboratorio di speranza, dell’incontro con i testimoni, cioè con famiglie e giovani dalla fede motivata e dalla vita realizzata, pur con i loro limiti e le loro lacune; questo laboratorio introduce alla possibilità di sperare contro ogni speranza (cf. Rm 4,18), alimentando la certezza delle cose che saranno. I testimoni possono mostrare per quante strade Dio ci conduce e come poco a poco fa rifulgere il suo progetto e ci attira a sé, lasciandoci nel cuore la gioia d’aver trovato la nostra strada, quella che consente la nostra umana e cristiana realizzazione. Un laboratorio di carità, configurabile nel volontariato gratuito. Entrare in contatto, anche solo per fare conoscenza diretta, con le tante situazioni di bisogno che esistono nelle nostre città o nei paesi segnati dal sottosviluppo, dalla miseria, dalle diverse calamità, è una grande opportunità educativa. Consente di leggere con realismo la realtà, di fuoriuscire dall’indifferenza. I percorsi operativi che nascono dall’esperienza dei laboratori sono tre: una scuola di preghiera, per passare dall’invocazione e dalla richiesta pressante di aiuto all’adorazione e all’obbedienza alla volontà del Padre; dalla preghiera confidente all’ascolto della guida interiore che è lo Spirito Santo. Ad essa si collega una scuola della Parola, che ci consenta di passare dalle parole dell’uomo alla parola di Dio, attraverso la lectio divina. Infine c’è bisogno d’integrarsi nella liturgia e nel cammino liturgico della Chiesa, in forme celebrative che consentano di incontrare nel segno sacramentale la salvezza di Dio, e permettano anche alle famiglie e ai giovani di esserne parte attiva, avvalendosi delle loro esperienze e dei loro linguaggi. Altra necessaria integrazione è quella nella carità, come opportunamente insegna la Celebrazione eucaristica che è “pane spezzato” da Gesù per noi, e deve diventare “pane spezzato” da noi per i fratelli nel bisogno. Un laboratorio derivato dai precedenti è quello della carità politica, la quale «può essere affrontata con migliore consapevolezza solo quando la fede ha plasmato la coscienza e la vita. Altrimenti si corre il rischio di fare cortocircuiti ideologici che potranno avvalersi della tensione religiosa per legittimare integralismi, fanatismi, fondamentalismi, mitizzazioni “varie”. I grandi temi del dibattito politico inteso nel suo più ampio significato non possono essere né ignorati né elusi nella formazione cristiana dei nostri giovani; e la comunità cristiana è chiamata a collaborare attraverso quel “discernimento comunitario” che offre elementi di giudizio ed esempi di impegno, ma non condizioni né impone soluzioni concrete e immediate.

Un altro laboratorio derivato è quello della carità culturale. Con esso s’intende realizzare un progetto educativo di umanesimo cristiano integrale di affrontare il grande tema della “verità” nei processi educativi, nella ricerca scolastica e scientifica, nel vasto mondo della comunicazione. E il settore ove più opera la manipolazione delle coscienze e si determinano i connotati di quell’opinione pubblica che condiziona i comportamenti collettivi e attutisce libertà e responsabilità. Occorre che le famiglie e i giovani recepiscano il Vangelo come orizzonte di significato per la vita personale e sociale. A famiglie e giovani servono esempi concreti. Enunciare principi e valori astratti, enfatizzare obiettivi etici da raggiungere serve a poco, se non si propongono esperienze coinvolgenti capaci di creare stili di vita. Gli insegnamenti educativi offerti a parole risultano quasi sempre vani perché mancano mediazioni. Lo stesso messaggio evangelico, per incarnarsi, ha bisogno di espressioni culturali, di rappresentazioni simboliche, e soprattutto di esperienze capaci di renderlo comprensibile e visibile.



Le famiglie accompagnano le famiglie

La famiglia non può essere facilmente sostituibile, perché è in famiglia   che si   realizza   la socializzazione primaria e anche la socializzazione    religiosa attraverso la relazione genitori/figli, nella quale il bambino acquista fiducia in se stesso e negli altri.  Altrettanto avviene   nella   prima   adolescenza: gli atteggiamenti   e   i   comportamenti   dei   genitori, soprattutto del padre, verso la fede influiscono fortemente sul futuro atteggiamento dei figli    nei confronti della vita cristiana.  I simboli più potenti per orientare il rapporto dell’uomo con Dio sono dunque i comportamenti dei genitori.  Questo ci dice quanto sia decisivo l’accompagnamento dei genitori nella loro crescita spirituale. Per  le  tante  famiglie  invece  che  non  frequentano  regolarmente  la  comunità  parrocchiale, come  pure  per  le  famiglie monoparentali  o separate,  o  che  hanno  vissuto  il dramma  dell’aborto  e  vivono  in solitudine, la  prima sfida pastorale dev’essere quella  di  moltiplicare  le  occasioni  di contatto e di incontro  nel   quartiere e nei palazzi, impegnando se possibile - le  famiglie più  vicine  ad  aprirsi  ad  altre  famiglie :  la  loro  casa  potrebbe  diventare  un  prolungamento della parrocchia in cui accogliere e incontrare, in amicizia e condivisione, le altre famiglie, con   uno   sguardo   particolare   a   quelle   che   vivono   momenti   difficili ( lodevole, a riguardo, il qualificato sostegno dei centri di ascolto della Caritas diocesana e parrocchiale come pure l'impegno instancabile della consultorio diocesano Il Faro) O anche semplicemente gruppi spontanei di famiglie amiche che senza fini  immediati di catechesi o altro si riuniscono intorno a  una famiglia cristiana. Una Chiesa inclusiva non è solo quella che si riunisce in parrocchia. In secondo luogo, si promuovano aggregazioni e gruppi di famiglie che rispondano ad interessi formativi o di sostegno alla vita cristiana: dai gruppi di preghiera, a quelli biblici o di particolari spiritualità, ai gruppi culturali, caritativi, sportivi, ecc. La creatività e l’inventiva dei parroci e degli operatori pastorali saprà trovare nuove occasioni per integrare quante più famiglie possibile ed essere vicini a quelle sofferenti. Il vero spartiacque è la convinta importanza da dare al soggetto “famiglia”, da ritenere centrale nella comunità ecclesiale. 



Affidamento alla Vergine Maria



Vergine Santa, 

Figlia del Padre,

Sposa dello Spirito,

Madre di Gesù.



Ti riconosciamo

portatrice di Cristo,

regina della famiglia,

splendore dell'umanità.



A te, Sposa del "si"

alla volontà del Padre,

consacriamo le nostre famiglie,

la loro attività e la loro esistenza.



Santa Madre di Dio,

accompagna il cammino della Chiesa,

come a Cana prega per gli sposi,

mostra Gesù ai nostri giovani.



Vergine, Sposa, Madre, 

che tu sia sempre

ringraziata a benedetta.



Santa famiglia di Nazareth,

scuola di umanità e di santità,

benedici, costudisci e santifica 

le nostre famiglie.  Amen.



+ Vincenzo Pelvi

   Arcivescovo  



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