OMELIE

IL MINISTERO DEL CUORE

Omelia di Mons. Ferretti del 22-06-2022

Ordinazione Diaconale di Luca Zizzari

Cattedrale, 22 giugno 2022

 

Sulla tua strada, carissimo Luca, troviamo la figura e la missione del Precursore. Unico fra i santi, Giovanni Battista raccoglie l’omaggio non al termine della vita terrena, ma ancor prima della nascita. Che cosa è venuto fuori dal bambino profetizzato e celebrato dal canto del Benedictus e dall’imposizione del nome scelto da sua madre? Ne è venuto un Maestro, più che maestro un Profeta, un gigante. È venuto fuori un uomo del popolo, ma più che un uomo del popolo, una guidadi popoli, un mistico, più che un mistico un eremita, un solitario bruciato dal sole del deserto. Mentre per i più è facile la convivenza, egli si prepara da solo alla misteriosa missione; vive con le fiere, con alimenti di fortuna, veste come un selvaggio, ha la faccia che spaventa quelli che passano, ma ha due occhi sfolgoranti; ha una voce particolare, che colpisce le carovane che attraversano il deserto.

Un giorno un pellegrino si affaccia all’orizzonte, ha un passo singolare, calmo e maestoso, viene da lontani confini; intorno a lui c’è un certo alone di stupore. Giovanni alza la voce e la mano e grida: Ecco l’Agnello di Dio che cancella i peccati del mondo.

Qui la sua missione finisce. Indicato il Cristo, quest’uomo gli si curva davanti e decide di scomparire. Cristo deve essere esaltato: «Non sono degno di sciogliere nemmeno i suoi calzari». Giovanni si ritira e inizia la vita pubblica di Gesù. 

Per essere chiamati dal Signore bisogna lasciarsi guardare il cuore, e bisogna che noi apriamo il nostro cuore per lasciarcelo guardare! Si può entrare nella vita come vocazione, solo seapriamo il cuore al Signore, perché il cuore è il sacrario inviolabile della persona.

Lascia che il Signore ti guardi il cuore, senza nasconderti. Il primo nascondimento, la prima maschera è costruita da se stessi e per se stessi. Solo se non ci si nasconde, si entra nella libertà e nella gioia, nel cammino della vocazione, senza avere alcun dubbio. Altrimenti, poi, rimangono sempre i dubbi, se uno non si è lasciato guardare nel cuore.

Il diaconato è prevalentemente “il ministero del cuore”. Dobbiamo imparare anche dalla carità dei nostri genitori, dei nostri nonni, delle persone che ci hanno voluto bene, le quali ci hanno insegnato: che si possono fare molti gesti di carità, ma ciò che conta sono i gesti di donazione, facendo crescere buone relazioni. Se dessimo anche tutto il nostro essere, ma non facessimo crescere le relazioni, non saremmo nella sfera della carità.

Durante il rito di ordinazione noterai una cosa particolare, che c’è solo nel rito dell’ordinazione dei diaconi: solamente il vescovo impone le mani sul capo del diacono, mentre nell’ordinazione dei sacerdoti e dei vescovi, tutti i confratelli sacerdoti e tutti i vescovi presenti impongono le mani. Che cosa significa?

Mi piace spiegartelo così: nel diaconato diventi partecipe del cuore del vescovo, perché la carità del vescovo non può arrivare da tutte le parti.

La vita di Gesù in mezzo a noi, il Signore della gloria, è stata un prendersi cura della vita umana. Il suo sguardo compassionevole nei confronti dell’umanità ferita traspare da tutte le pagine dei Vangeli. La sua compassione per le folle disorientate e smarrite, la sua sollecitudine verso i malati, il suo pianto davanti alla morte di persone care, il suo affetto verso i peccatori – disprezzati dai benpensanti – la sua ospitale accoglienza verso tutti quelli che per qualche ragione venivano tenuti a distanza. “Venite a me voi tutti che siete affaticati e dispersi – disse un giorno rivolgendosi a tutti quelli che ascoltavano – io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Ognuno che per qualche motivo sente il peso della vita potrà trovare in lui consolazione e forza, un abbraccio benedicente. Il samaritano si prese cura di lui (Lc 10,10.34).

Prendersi cura significa avere a cuore. Prima della mano che si allunga per donare ma anche per sostenere c’è un cuore che si è lasciato toccare e ferire dal dolore altrui, c’è lo sguardo buono di chi si sente fratello e proprio per questo non può rimanere indifferente e inerte. La fraternità della tenerezza e della accoglienza: la rivoluzione della tenerezza.

Prova a rischiare la tua vita; osala, giocala, insegui un sogno, persegui un ideale, credi in qualcosa di grande. Rischiare vuol dire trascendersi, andare oltre se stessi, credere che si è di più. Convertirsi vuol dire rischiare, lasciare qualcosa e andare verso qualcosa di nuovo, che non conosco. Rischiare è generare nuove possibilità, è diventare più forti, diversi, nuovi; è nascere. Rischiare vuol dire affrontare i problemi; mettersi in discussione e vedere i punti di vista dell’altro; fare una cosa che non si è mai fatta; farne una che si ha paura di fare; prendere l’iniziativa invece di aspettare che lo facciano gli altri; correre il pericolo di essere esposti al ridicolo, di essere rifiutati o esclusi; è fare quello che gli altri non si aspettano che noi facciamo; credere a qualcosa, anche se nessuno ci crede; è provarci; è andare con fiducia verso l’altro che è Dio.

La Vergine Santa, Serva del Signore, ti accompagni nel tuo servizio di fraternità e prossimità.