OMELIE
Giovedi' Santo - Coena Domini
Omelia di Mons. Ferretti del 28-03-2024
Basilica Cattedrale di Foggia, 28 marzo 2024
Gesù “ama i suoi fino alla fine” dice il Vangelo e per Gesù questo amore si manifesta in quella ultima cena, che diverrà il modello di ogni eucaristia che rinnova anche per noi questo amore straordinario. Gesù si siede a tavola con i suoi amici. È una tavola bella, non solo perché è servito da mangiare, ma perché c’è il Signore che parla con i suoi discepoli. È bella perché è la tavola dell’amicizia. In questo molto diversa da certe nostre tavole dove sappiamo vedere solo il cibo. Sì, perché pressati dalle difficoltà della vita, siamo abituati a interessarci solo del nostro cibo, o delle altre cose materiali che desideriamo avere con maggiore abbondanza; ed invece consideriamo molto poco la fraternità. Desideriamo poco condividere con gli altri ciò che abbiamo.
Gesù non disprezza le nostre necessità materiali. E tutti sappiamo che alcune cose, come ad esempio il cibo, sono necessarie per vivere. Il Signore lo sa bene: non è forse lui che ha insegnato ai suoi discepoli a pregare per “il nostro pane quotidiano”?
Ma questa sera, a questa cena, Gesù ci mostra che l’amicizia è un bene necessario allo stesso modo e anche più del cibo. Sappiamo bene, infatti, che senza qualcuno che ti voglia bene, che ti sostiene nei momenti di difficoltà, la vita diviene comunque difficile e a volte impossibile da vivere.
A chi è solo, a chi è anziano, povero per strada, immigrato, più del pane, manca chi sia amico, chi chiama per nome e rivolga una parola gentile. L’amicizia è il vero cibo che sostiene la vita ad ogni età, soprattutto la vita dei più poveri. Gesù lo sa e nella sua ultima cena con i discepoli lascia loro il testamento dell’amicizia.
E oggi riviviamo quell’ultima cena di Gesù con i suoi. Una cena intima e grave dopo un cammino fatto insieme. Il cammino che già nella Quaresima ci ha visti insieme. Il Signore sa che uno dei discepoli lo sta tradendo e che sta per essere arrestato e ucciso. È un momento difficile, drammatico. Eppure Gesù non fugge. Non abbandona la tavola pensando che quei discepoli valgano meno della sua vita. Avrebbe tutte le ragioni per abbandonarli. Ma per Gesù la nostra vita ha valore e per questo motivo si ferma con noi fino alla fine.
E il Signore in verità ci invita alla sua tavola ogni domenica. La messa è la festa di stare con Gesù nostro amico.
L’eucaristia ci unisce a Dio, ci fa suoi amici, perdona i nostri peccati, ci strappa dall’isolamento del nostro individualismo, del nostro egoismo che porterebbe a mangiare da soli, a festeggiare da soli, a vivere da soli. Senza gli altri.
Spiega Sant’Agostino che ricevendo la santa comunione “veniamo assunti nel corpo, diventiamo le sue membra e siamo così ciò che riceviamo”. La messa della domenica ci immette nel corpo di Cristo, è il contrario dell’individualismo. Non manchiamo mai alla all’eucarestia domenicale! Non isoliamoci, non separiamoci dai fratelli e dal Signore. Qui è l’amicizia che ci cura dal male dell’egocentrismo.
Ma ecco che mentre ancora i discepoli stanno cenando, Gesù si china su di loro e comincia a lavare loro i piedi. Perché lo fa? C’è una prima ragione molto concreta: i discepoli hanno camminato tutto il giorno, i loro piedi sono impolverati e lavarli è un servizio umile che dà sollievo e refrigerio a quegli uomini stanchi. Ma come! Gesù sta per essere ucciso, eppure non pensa a sé ma ai piedi dei suoi discepoli!
In realtà Gesù non è indifferente alla sua morte, ma proprio pensando al suo arresto e alla sua morte si preoccupa di lasciare ai suoi amici il suo testamento, la sua volontà finale. Il testamento di Gesù è un gesto. Un gesto umile ma capitale che lui compie per mostrare ai suoi amici il grande segreto della vita: c’è più gioia nel servire che nell’essere serviti. C’è più gioia nel dare che nel ricevere. Questo è il grande segreto della vita che Gesù ci ha rivelato! Il segreto di una vita davvero umana. Infatti, se ci guardiamo intorno, sappiamo che tutto si compra e tutto si vende. Anche quello che non dovrebbe essere commerciato, la dignità, il diritto al lavoro, allo studio. Quanta parte della vita, divenendo oggetto di mercato è divenuta disumana? E allora Gesù ci lascia il suo prezioso testamento come un dono. “Vi ho dato infatti l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi”. Lui, che ha lavato i piedi ai suoi amici, vuole che anche noi ce li laviamo gli uni gli altri, donandoci vicendevolmente l’amicizia che scalda il cuore e rende gioiosa la vita. Ma per lavare i piedi dobbiamo chinarci, quasi metterci in ginocchio davanti a uno più piccolo di noi. Più piccolo perché è un malato; più piccolo perché è un prigioniero; più piccolo perché è un anziano che non riesce più a stare con la schiena dritta; più piccolo perché immigrato, solo, lontano da casa, in balia degli sfruttatori; più piccolo perché è una donna e non un uomo.
Per noi i grandi sono i notabili, quelli che hanno un po’ di potere o di soldi. E sono loro che noi ci siamo abituati a servire per primi, sperando di ricavarne un vantaggio. Per noi i grandi sono quelli che restano sempre con la schiena dritta e non si chinano mai a servire. E così, quando possiamo, ci mettiamo anche noi con la schiena dritta senza più chinarci.
Ma alla fine la nostra grandezza si riduce allo sguardo sui nostri stessi piedi, senza più accorgerci dei piedi stanchi dei fratelli e dei poveri, che avrebbero bisogno di noi.
Oggi però vediamo, di fronte alla grandezza di Gesù che si china a lavarci i piedi, come sia sciocco cercare di essere come i prepotenti di questo mondo. E ci accorgiamo che in realtà tutti noi siamo piccoli; e potremmo con buone ragioni essere disprezzati dal grande maestro della vita. Ma Gesù è un maestro diverso dagli altri. Così, invece di disprezzarci, ci lava i piedi. Gesù, mentre si appresta - non senza angoscia - a donare la sua vita per noi, ci dona anche - poche ore prima della sua morte - il grande segreto per vivere bene, non più da soli, non più tristi. E il segreto è questo: se vuoi essere amico di Gesù, se vuoi davvero essere amico degli uomini e delle donne di questo mondo, di questa città, non devi attendere di essere servito. Non devi preoccuparti di divenire più importante degli altri, mettiti piuttosto a servire; accorgiti dei piedi stanchi e polverosi dei tuoi fratelli e dei poveri; e curatene. Divieni discepolo di questo maestro che si fa servitore, di questo amico che non ci lascia mai soli, nemmeno nell’ora dell’angoscia e del dolore.
Gesù, tu che hai lavato i piedi ai tuoi discepoli, insegnaci ad amarci e ad aiutarci come fratelli. Facci amici tuoi a amici tra di noi. Insegnaci la beatitudine del dare. Insegnaci ad amare e aiutare gli altri, i poveri, e tutti coloro che hanno bisogno, e incontreremo la felicità. Amen