OMELIE
Omelia per le esequie di Don Valter Maria Arrigoni
Omelia di Mons. Ferretti del 11-04-2024
Omelia per le esequie di Don Valter Maria Arrigoni
Basilica Cattedrale di Foggia, 11 aprile 2024
Gv 21
Quando muore una persona si usa dire che ha compiuto la sua Pasqua. Ma nel caso di don Valter oggi, questa espressione assume un senso tutto particolare. In questo tempo pasquale ci ritroviamo nuovamente in tanti sacerdoti e amici in questa nostra cattedrale dove solo due settimane fa abbiamo insieme celebrato la messa crismale. Quello è stato l’ultimo giorno in cui don Valter ha concelebrato con tutti noi, seduto sulla carrozzina davanti al presbiterio, non ha voluto mancare, contento e grato.
Qui oggi ancora sentiamo i canti e il profumo della resurrezione in questo giorno che è ancora Pasqua, è la pasqua del nostro Valter.
Gesù oggi ci appare sul lago e prepara per tutti noi un fuoco di brace e del pesce per ristorarci, per consolarci. “Venite, mangiate”, dice Gesù. E nessuno dei discepoli osava domandargli “chi sei?”, perché sapevano bene che era il Signore. È bello stare qui, pregare, consolarci a vicenda attorno alla mensa preparata dal Risorto.
E oggi, in questa Pasqua, il Signore chiede a tutti noi nuovamente: “Mi ami?” A questa domanda vorrei leggervi la risposta di Don Valter Arrigoni.
Scrive Valter nel suo libro “Essere amici di Gesù” (Ed. Padre Pio, p. 150): “In greco esistono diversi verbi per dire l’amore nelle sue sfumature. Agapao, Fileo, Erotao. Gesù si rivolge a Pietro chiedendogli “Agapas?” cioè “mi ami di un amore così grande da poter dare la tua vita per me?”. Pietro gli risponde “Filò”, cioè, “ti voglio bene come un amico, ma non fino al punto di dare la vita, e tu lo sai”. La seconda volta ancora Gesù gli chiede “Agapas?” Pietro risponde nuovamente “filò”. La terza volta Gesù gli chiede “Fileis?”, cioè accetta quello che Pietro gli può dare, abbassa il tiro, si accontenta.”
Continua don Valter: “E’ una parola che mi riempie il cuore di speranza. Gesù prende l’amore che gli posso, che gli so dare e lo trasforma in amore vero e grande”.
L’amore, sorelle e fratelli, è resurrezione. È l’amore grande di Dio che resuscita il Figlio e ciascuno di noi. È l’amore che resuscita Valter. L’Agapao immenso di Dio e il nostro umile fileo per il Signore e tra di noi. La fede, la speranza e la carità ci sostengono ma resterà l’amore. È quello che resta di noi.
Negli ultimi anni della sua vita Valter, che è stato un prete teologo, intellettuale, creativo, si era trovato a non poter più cingersi le vesti e andare dove voleva. Accolto nella casa del clero ha vissuto lì, malato, gli ultimi anni della vita. Vorrei ringraziare, don Marco, la comunità della casa del clero, le suore e quanti hanno amato e accudito Valter con amore, pazienza e carità.
La casa del clero è un luogo che dobbiamo proteggere, sostenere, perché verrà per tutti il tempo della debolezza. Ma già da oggi è il tempo per la fraternità. Dobbiamo stare insieme sempre, amarci in fraternità. Proteggere i più deboli.
La fraternità non è automatica, si deve costruire giorno per giorno. A volte i fratelli sembrano pesare sulla nostra autonomia, sulla nostra libertà. Ma è nella fraternità, nel prendersi cura degli altri la radice della felicità che risiede nel dare, nel sopportare, nell’amarci e stimarci con affetto sincero.
Amiamoci fratelli perché la sera a volte è più vicina di quanto non si pensi e di noi resterà l’amore.
Vogliamoci bene fratelli e sorelle, alla fine solo questo conta. Cingiamoci a vicenda le vesti, aiutiamoci, incoraggiamoci, visitiamoci, sosteniamoci, perché nel dare è la felicità e il senso di una vita è nell’amore, anche nel nostro così imperfetto. Nell’amore c’è sempre il seme della resurrezione.
+ Giorgio, Arcivescovo