OMELIE
INIZIO DEL MINISTERO PASTORALE NELL' ARCIDIOCESI DI FOGGIA-BOVINO
Omelia di Mons. Ferretti del 14-01-2024
OMELIA DI S. ECC.ZA MONS. GIORGIO FERRETTI NELLA SANTA MESSA STAZIONALE IN OCCASIONE DELL’INIZIO DEL SUO MINISTERO PASTORALE NELL’ARCIDIOCESI DI FOGGIA-BOVINO
Foggia, 14 gennaio 2024
- II domenica del tempo ordinario
- Gv 1, 35-42
Cari fratelli e sorelle,
è con gioia ed emozione che presiedo questa Liturgia Eucaristica, la prima come arcivescovo di questa Chiesa che diventa da oggi la mia nuova casa e la mia nuova famiglia. Grazie per la vostra accoglienza e la comunione che sento già da questo momento. Ringrazio tutti i vescovi presenti a partire dal carissimo arcivescovo Vincenzo Pelvi che mi ha accolto con affetto. Sono entrato tra voi attraverso la porta dei “Riuniti”. Sempre dobbiamo ricordare e stare vicino ai malati e pregare per loro. L’ingresso di un vescovo nella Diocesi richiama il segno di una porta che si apre e di una Comunità che accoglie. Vi ringrazio se mi accoglierete e vi chiedo semplicemente di cominciare a camminare insieme: popolo di Dio e vescovo, insieme, con il Vangelo in mano che ci guida come una bussola nella vita di questa terra.
La scena che abbiamo appena ascoltato si svolge sulle rive del fiume Giordano. È trascorso un giorno dal suo battesimo e Gesù passa nuovamente di lì. Giovanni Battista lo scorge tra la folla e «fissa lo sguardo» su di lui. E’ preso da una grande gioia che lo fa esclamare: «Ecco l’agnello di Dio». Una semplice frase, ma nella quale è come racchiuso tutto il Vangelo: Ecco l’agnello di Dio, colui che salva.
Oggi, ascoltando questa Parola, fissiamo anche noi lo sguardo su Gesù, che nella nostra bella Cattedrale è rappresentato nell’affresco di Cristo Pantocrator, l’Onnipotente, colui a cui tutto è possibile.
Il Battista con fiducia fissa lo sguardo su Gesù. Con lui vi erano anche due suoi discepoli: Andrea e lo stesso evangelista Giovanni. Due discepoli in cerca di un maestro. Per una ricerca spirituale e per il desiderio di un mondo migliore si erano spinti dalla Galilea sino alle rive del Giordano, lo stesso percorso che aveva poi fatto Gesù. “Cercate e troverete”, avrebbe detto in seguito Gesù. Sempre è necessario cercare un oltre nella vita, mai fermarsi a guardare se stessi, la propria fatica, il proprio lamento.
Con le sue parole il Battista aveva fatto crescere nel cuore di questi due discepoli il desiderio di incontrare il Signore.
E questo processo, in verità, è una costante nella vita spirituale: all’origine dell’incontro con Gesù c’è sempre una parola che viene prima e che tocca il cuore, c’è sempre una persona che indica e accompagna verso di lui. La conversione è sempre risposta ad una chiamata.
E lo abbiamo ascoltato con chiarezza nella prima lettura. È Dio che chiama Samuele nella notte del suo disorientamento. E anche ciascuno di noi è qui oggi perché qualcuno ci ha chiamato per nome e ci ha invitato.
Per Andrea e Giovanni è il Battista che indica il Signore, colui del quale hanno davvero bisogno e che può dare senso alla loro vita. Per questo si mettono a seguirlo, sebbene a distanza. Gesù si volta e chiede loro: «Che cercate?», “Rabbi, dove abiti?”, “Venite e vedrete”. «Vedere», per l’evangelista Giovanni, vuol dire scendere nel cuore dell’altro e nello stesso tempo lasciarsi scrutare nel proprio; «vedere» è capire ed essere capiti.
L’iniziativa viene da Gesù, ma nel cuore dei discepoli c’è una ricerca. I due non erano rimasti nella Galilea, nel loro fare le cose di sempre: avevano nel cuore un desiderio di una vita nuova. Questo desiderio, questo bisogno magari inespresso, viene colto dalla domanda di Gesù: «Che cercate?». Ed essi rispondono: «Rabbì, dove abiti?».
Colpisce, sorelle e fratelli, la domanda che i discepoli rivolgono a Gesù. È una domanda inconsueta, diretta, che sgorga dal cuore. È una domanda strana, ingenua, che evidenzia tutto il bisogno di un maestro da seguire e di una «casa» dove vivere. È il bisogno che ha nel cuore Paolo quando scrive nella lettera ai Corinzi letta oggi: unirsi al Signore e formare con lui un solo spirito.
Ma perché la ricerca di un maestro per la propria vita si lega alla richiesta di una casa dove vivere con lui? Qui i discepoli esprimono tutto il bisogno di avere il Signore Gesù come maestro, ma anche il bisogno di ogni uomo e di ogni donna di avere un luogo in cui sentirsi a casa. Questa è e deve sempre essere la Chiesa: la nostra casa, una casa che ci accoglie e che lascia aperta la porta perché chiunque chiede o cerca trovi un posto. Fratelli e sorelle, sentiamo la Chiesa come la nostra casa, non dove fare da padroni, ma dove trovare ristoro per le nostre anime. La casa dei nostri sogni, dei nostri affetti, perché casa di fede e di comunione.
Nella Domenica, ogni domenica riscopriamo il valore di questa casa in cui incontrare il Signore nella sua Parola, nell’eucarestia e ci unisce ai fratelli e alle sorelle, nella Comunità.
La porta della Chiesa, della casa, come ci chiede papa Francesco, non deve mai essere chiusa.
Chi vuole, entri e sia accolto. Chi cerca, entri e trovi ascolto. Qui ai peccatori sono rimessi i peccati e chiunque chiede può ricevere benedizione e misericordia. Chi vuole pregare con noi, sia benvenuto. Siamo accoglienti, fratelli e sorelle.
C’è una domanda che sale dagli uomini e dalle donne di oggi, anche dai più giovani: quella di trovare un Maestro. E’ raro infatti incontrare oggi «maestri» di vita, è difficile trovare chi ti vuol bene davvero; è sempre più frequente invece sentirsi sradicati e senza famiglia. Le nostre stesse città sembrano ormai costruite per rendere difficile una vita solidale e comunitaria. Il denaro è signore. La mentalità del benessere individuale, talvolta l’interesse, ci tirano tutti in basso, ci lasciano soli, in rivalità l’uno contro l’altro. C’è assenza di «padri», di «madri», di «maestri», di punti di riferimento, di modelli di vita.
Da chi recarsi per apprendere a vivere? Chi può indicarci, con le parole e soprattutto con l’esempio, ciò per cui vale la pena vivere?
Ciascuno ha bisogno di aiuto: Andrea fu aiutato dal Battista ad incontrare un Padre, un Maestro. Ma poi comprese subito che in quella casa bella non poteva vivere da solo. Sperimentando la pace che si viveva nella casa del Signore, chiamò suo fratello Pietro: «Abbiamo trovato il Messia» e lo conduce da Gesù. Andrea vuole vivere nella casa del Signore con suo fratello.
Giovanni e Andrea «andarono e videro dove abitava Gesù e quel giorno si fermarono presso di lui». “Erano le quattro del pomeriggio”. È questa una notazione personale dell’evangelista sull’ora del loro incontro col Signore. La sua vita cambiò per sempre e quell’ora per sempre gli restò nel cuore.
Anche io, come tutti, sono stato invitato, anche a me è stato indicato dove dimora il Signore. Fin dalla giovinezza nella Comunità di Sant’Egidio ho trovato una casa bella e accogliente dove ho appreso a conoscere il Maestro, a riconoscerlo nei poveri, nei fratelli.
Saluto con affetto e ringrazio per la loro presenza il prof. Andrea Riccardi, Fondatore della Comunità e il suo Presidente, Prof. Marco Impagliazzo e le delegazioni della Comunità di Sant’Egidio presenti qui oggi. Nella Comunità mi è stata spiegata la Parola e ho imparato ad amare la Chiesa, ad abbandonare la solitudine e ad amare sopra ogni cosa la casa dove il Maestro abita.
In Mozambico il mio orizzonte e il mio cuore si sono allargati come non avrei mai creduto. Quanti poveri, quanti amici ho incontrato.
E oggi anche io vengo a Foggia. Vedo i vostri volti di gente da generazioni in queste terre, ma anche volti di nuovi italiani che fanno parte integrante di questo popolo. Porto con me l’esperienza di una vita in missione, porto con me la gioia del discepolo che ha trovato il Maestro e che sa di avere bisogno di voi tutti, del popolo di Dio fedele, dei sacerdoti, delle religiose e dei religiosi, dei diaconi e di ogni cristiano, perché da solo non può fare niente. Vi saluto tutti e vi ringrazio per la vostra presenza a partire dal Vicario Generale don Filippo Tardio e con lui i tanti che hanno lavorato molto per preparare questo giorno. Ho un grande desiderio di conoscere tutti voi, diventare vostro amico, imparare, capire questa terra. Ascoltare è entrare a fare parte di questa Comunità.
Qui, da oggi, anche per me è la casa dove abita il Maestro. Una bella casa, una bella terra!
Non ho un programma da proporvi, ho da proporvi semplicemente di seguire insieme Gesù e il suo Vangelo. Lì c’è già tutto! È un grandioso programma! Insieme possiamo fare molto, costruire, cambiare molto. Perché una terra è fatta bella dalle donne e dagli uomini che la abitano, dai cristiani che, come il sale della terra, la migliorano.
Insieme possiamo amare i più fragili, accogliere chi cerca una casa, una terra di speranza, mostrare la bellezza della carità cristiana. Perché in un mondo devoto al denaro e all’interesse personale e di gruppo, noi possiamo mostrare che, mentre l’egoista è triste e solo, la beatitudine viene dalla gratuità dell’amore cristiano, dal dare, dal costruire fraternità. Insieme possiamo cambiare molto in questa terra di Capitanata, mentre saluto le autorità civili, a partire dal Prefetto e dai sindaci che ci onorano della loro presenza.
In particolare saluto e ringrazio le due sindache di Foggia e Bovino che mi hanno accompagnato oggi in questo viaggio. Con le autorità civili saluto le autorità militari e di polizia, e assicuro loro di compromettermi nella mia umile responsabilità alla collaborazione e al dialogo per una terra giusta, accogliente.
Preghiamo infine, sorelle e fratelli, per questa nostra provincia che amiamo molto, perché possiamo chiamare tanti a stare qui, e ciascuno di noi possa vivere nella casa del Signore e in questa terra, e farla più bella, ogni giorno della nostra vita.
Amen