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Una Santa Messa in ricordo del Servo di Dio mons. Farina

Nell'occasione del 57° anniversario della sua morte la Biblioteca Diocesana ha presentato un volume sul compianto Vescovo di Foggia.

(pubblicato il 18-02-2011)
Immagine di Una Santa Messa in ricordo del Servo di Dio mons. Farina




Il Servo di Dio, mons. Fortunato Maria Farina, nella ricorrenza del 57esimo anniversario della sua morte, sarà ricordato, domenica 20 febbraio alle ore 19.00, durante la Celebrazione Eucaristica di apertura della Visita Pastorale presso la parrocchia di Sant’Antonio a Foggia.



 



 





La Biblioteca Diocesana ha presentato un volume su mons. Farina



 



 





Si può viaggiare per mero diletto o per ampliare gli orizzonti culturali, sulla scia dei mitici protagonisti del grand tour del ‘700 e ‘800; ci si può spostare anche per ritemprare lo spirito, per corroborare la fede visitando i luoghi dove hanno operato i campioni del cristianesimo, per cercare di cogliere col pellegrinaggio l’atmosfera degli ambienti di vita in cui è maturata la loro missione.





Quando poi la meta è la Terra Santa, in cui si è materializzata la parabola terrena di Nostro Signore, il pellegrinaggio assume i contorni di un’autentica esplorazione sulle origini autentiche della fede.



Il volumetto che presentiamo, Sulle orme di Gesù Cristo Redentore, si avvale di una puntuale e partecipata prefazione di mons. Donato Coco ed è opera di un pellegrino speciale, il servo di Dio, mons. Fortunato Maria Farina, vescovo di Troia e Foggia, alla testa di un gruppo di 46 fedeli. È il diario del pellegrinaggio dal 26 aprile al 5 maggio 1935, ed è stato realizzato a cura di Bruno e Donatella Di Biccari, sulla base delle missive inviate da mons. Farina a don Mario De Santis, direttore della rivista Fiorita d’anime.



Ci imbarchiamo anche noi a Napoli col nostro vescovo, e proporremo qualche osservazione su questa esperienza. Si rivela subito il suo animo gentile quando, pensando ai fedeli della sua diocesi, rivela che “noi vescovi …abbiamo sempre con noi le nostre pecorelle anche quando ne siamo lontani. Le portiamo racchiuse nel nostro cuore e preghiamo incessantemente per esse, specie ora che muoviamo alla volta della terra avventurata di Gesù”. La stessa idea di inviare il diario dettagliato indica il suo desiderio di pastore di far partecipare tutti alle emozioni che prova.



Il viaggio è subito illuminato da un frammento di prosa poetica: “Il mare è placidissimo, in lontananza, verso occidente, il sole già inclinato verso il tramonto lo accende di riflessi scintillanti mentre il cielo è inondato di tante luce, che sembra fiammante”. Il programma prevede un passaggio in Egitto, “la terra ove Gesù ancora bambino e fanciulletto fu profugo ed in esilio”. La breve escursione ad Alessandria, alle Piramidi, al Museo e al Cairo, in luoghi sacri e di grande cultura, rivelano un attento osservatore di costume locale e di storia.



A Matariyh, tappa importante è il giardino dove un albero di sicomoro ricorda quello “che cristiani e musulmani chiamano concordi ‘l’albero della Madonna’, perché per antichissima tradizione si ritiene che sia germinato da sempre nuovi polloni sbocciati da un albero all’ombra del quale la Santa Famiglia fece sosta e si riparò”.





Ma eccoci a Giaffa, la porta della Terra Santa; grande l’emozione al momento di toccare i luoghi di Gesù e il pensiero vola ancora ai fedeli lontani. Giaffa è una miniera di riferimenti religiosi. Fu fondata da Japhet, figlio di Noè; al suo porto sbarcarono i legni per la costruzione del tempio di Gerusalemme; vi si imbarcò Giona, San Pietro risuscitò la vedova Tabita.



L’emozione più vibrante scatta alla Basilica del S. Sepolcro, dove “le labbra tremanti non trovano neppure una parola per esprimere la piena di sentimenti che inonda il cuore”.  



I riti religiosi sono celebrati con partecipazione e col ritmo giusto che consente davvero di meditare su quello che si sta facendo. Ci domandiamo se oggi ci comportiamo sempre così. Talvolta la preghiera è intesa come un dovere e non come bisogno dell’anima, i tempi sono accelerati e la concentrazione inadeguata all’importanza dei riti. Una partecipazione attenta consente invece di immedesimarsi negli eventi che sono evocati, tanto che al nostro vescovo sembra proprio di udire la voce del Redentore moribondo che, indicando Giovanni, dice alla Madre sua: “Donna, ecco tuo figlio”.



Il 3 maggio a Gerusalemme si ricorda l’invenzione della S. Croce  e si svolge il rito della Via Crucis, che viene descritta in 10 fitte pagine con una tale dovizia di particolari che al lettore sembra di essere davvero presente. Eccoci allora alla chiesetta della Coronazione di spine, alla colonna di pietra che ricorda la prima caduta di Gesù, all’oratorio in memoria dell’intervento del Cireneo, alla chiesa di Santa Veronica e via via sino all’epilogo. Tutta la narrazione del Vangelo ha lasciato nelle varie stazioni tracce significative a ricordo commovente, sovente confermate dagli scavi archeologici.



Una trattazione rilevante è riservata al muro del pianto, ultima traccia dell’antico tempio di Salomone. Davanti a questi blocchi di pietra, che si estendono per 40 metri e si elevano per 20, “i poveri figliuoli di Israele dopo duemila anni… ritornano a piangere e… si ritemprano nella macerazione e della speranza di un Messia”.



“Non piangete sopra di me, ma su voi stesse e sui vostri figli”. Con queste parole Gesù si era rivolto alle donne d’Israele e il vescovo le ricorda quasi con puntiglio preconciliare. Quel pianto profetizzato continua ancora oggi e viene osservato con rispetto, confrontandolo col mistero cristiano della Croce, “su cui la vita soffrì la morte, dalla morte scaturì la vita”. L’auspicio è che avvenga il riconoscimento di Gesù-Salvatore e abbia termine la diaspora, ma dal 1935 ad oggi molte cose sono successe senza che passi sostanziali siano stati fatti sul piano della riunificazione.



Il pellegrinaggio prosegue ai luoghi di S. Giovanni Battista e al Santuario della Visitazione, dove il racconto si scioglie in poesia: “Addio, o santa e pacifica dimora: il tuo incanto, le tue aure profumate, il verde del tuo boschetto, il canto dei tuoi usignoli …e più di ogni altro, le dolci emozioni dello spirito nel rileggere nel Vangelo il santo idillio familiare …vivranno sempre nel nostro cuore”.



Il diario si chiude con l’indicazione dei 6 riti scismatici che officiano nella Basilica del S: Sepolcro. Qui le celebrazioni non sono la ricchezza della varietà, ma una sterile sequela di norme da rispettare e la voce del pastore si fa dolente quando associa le varie confessioni a “rami vetusti d’un albero gigantesco, staccati dal suo tronco e giacenti al suolo”. I progressi ecumenici lasciano oggi il cuore aperto alla speranza, ma la strada è ancora lunga, perché ai vecchi problemi si sommano emergenze sempre nuove, come raccontano le cronache di questi ultimi anni.



Il pellegrinaggio finisce qui anche per noi. Nel riporre il libro ripensiamo alla statura morale e alla fede genuina di questo pastore colto, ma tanto umile e onesto da non spacciare per proprie le notizie che apprende da altri. È buono e generoso con tutti i religiosi che incontra e si rivela anche acuto osservatore delle realtà anche minute dei luoghi che attraversa. Ecco perché questo diario è un modello esemplare di pellegrinaggio.



Davvero fortunati i 46 fedeli che sono stati al suo seguito!





Vito Procaccini